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TESTO Commento su Marco 13,24-32

Carla Sprinzeles  

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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (15/11/2015)

Vangelo: Mc 13,24-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 13,24-32

24In quei giorni, dopo quella tribolazione,

il sole si oscurerà,

la luna non darà più la sua luce,

25le stelle cadranno dal cielo

e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.

26Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. 27Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.

28Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. 29Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.

30In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. 31Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.

32Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre.

Se ascoltiamo le notizie del telegiornale, non possiamo che essere pessimisti: il mondo si sta distruggendo con le sue mani.
Molte volte sento dire: "Come si fa a dire che Dio è buono, quando succedono fatti così negativi a persone che non lo meritano, quasi che il male fosse una punizione di Dio.
Ma Dio non fa nulla nella storia, offre agli uomini le possibilità di realizzare il bene. Quando però queste offerte vengono rifiutate, le conseguenze sono necessariamente negative, catastrofiche per l'uomo, sia a livello individuale che sociale.
Le persone diventano più umane o meno umane attraverso i pensieri che coltivano, i desideri che alimentano, le scelte che compiono, i rapporti che vivono, non solo singolarmente ma per la società.
Come possiamo intervenire noi?
Smettere di recriminare sul male che c'è, sulla mancanza di rispetto che c'è, sulla violenza, ma impegnarci personalmente sulla fraternità, sulla condivisione, sulla gratuità dei rapporti.
Non è detto però che le persone che fanno del bene, hanno un futuro buono necessariamente.
Queste persone sicuramente crescono nell'umanità, ma non è detto che la società le riconosca, spesso avviene il contrario.

DANIELE 12, 1-3
La prima lettura è tratta dal libro di Daniele.
Appartiene alla letteratura apocalittica.
E' un genere letterario che germoglia nel II secolo a. C. in un contesto di sofferenza e di persecuzione, in cui gli eletti e i giusti sono messi a dura prova, mentre gli empi hanno il sopravvento.
In questo quadro in cui Dio sembra muto spettatore, di fronte al male dilagante, viene rivelato dal veggente qual è la logica nascosta degli eventi che si stanno susseguendo.
Questa rivelazione (apocalisse) viene direttamente da Dio che fornisce in anticipo l'esito finale di questa storia.
L'apocalittica si prefigge di consolare, di confortare, di rafforzare i giusti, tentati di soccombere.
Il libro di Daniele è composto durante la persecuzione di Antioco IV, morto in Persia nel 164 a.C. contro i giusti, i fedeli.
Il messaggio è che nella storia, il male come il bene è all'opera.
Dio trionfa sul male supremo che è la morte.
Michele (= chi è come Dio) è il messaggero di Dio è in azione in un momento critico della storia di Israele.
La sofferenza e la tribolazioni sono le costanti nella vita dei giusti, perché si resiste al bene, ma da questa angoscia Dio salverà il suo popolo, se rimane fedele a Dio.
Sì, perché Dio vuole il bene e se noi gli rimaniamo fedeli, non ci potrà sopraffarre il male.

MARCO 13, 24-32
Anche nel brano del Vangelo di Marco che leggiamo si parla in termini apocalittici.
Per capire, potremmo raffigurare la letteratura apocalittica di quei tempi alla nostra fantascienza.
Sappiamo che non è realtà, ma vuole trasmettere sentimenti e stati d'animo in rapporto al futuro.
In questo caso il genere letterario apocalittico parla del sole che si oscura, della luna e delle stelle che cadono e allora dà quasi l'idea della fine del mondo, ma parlava della fine di Gerusalemme.
Questa riflessione di Gesù è infatti la risposta a una domanda che i discepoli gli fanno osservando Gerusalemme nel suo splendore da Monte degli Ulivi.
Gesù ormai era vicino alla città di Gerusalemme, dopo aver fatto il viaggio lungo in Galilea.
Giunti sul monte degli Ulivi, si sono fermati a guardare la città che era di fronte, con le sue mura e soprattutto lo splendore del tempio ricostruito qualche decennio prima da Erode il grande, col suo tetto dorato.
Gesù, piangendo su Gerusalemme dirà: " Non rimarrà pietra su pietra!".
I discepoli stupiti lo interrogano: "Come avverrà questo? Che segni ci saranno?"
Gesù utilizza il linguaggio apocalittico per indicare un evento straordinario, un passaggio decisivo.
In questo caso Gesù certamente ha collegato a scelte errate del popolo ebraico quegli eventi cui parlava.
Quello che è importante è che Gesù presentava gli eventi che percepiva come futuri, non come punizione, ma come scelte storiche errate che il popolo ebraico stava facendo.
Ricordate le parole di Gesù:"Quante volte ho cercato di raccogliere i tuoi figli come una chioccia raccoglie i pulcini sotto le sue ali e non hai voluto! Se tu avessi riconosciuto i giorni in cui sei stata visitata, ma non li hai riconosciuti!"
Possiamo perciò raccogliere due messaggi per noi!
Al tempo di Gesù era un problema del Mediterraneo, oggi è il problema della specie umana.
La speranza è possibile, perché l'azione creatrice di Dio, il suo amore, la forza della vita, contiene ricchezze straordinarie ancora non espresse.
Credere in Dio, significa ritenere che la Vita immensa c'è già, non sulla terra, si tratta solo di accoglierlo: è una speranza che ha le fondamenta in Dio.
La sua realizzazione dipende dalle scelte degli uomini, perché l'azione di Dio diventa efficace nella storia umana attraverso scelte di uomini e donne.
Le creature umane possono rifiutare, dire no alla vita.
Come nel brano dice: "Quando il ramo del fico si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che l'estate è vicina...."
Cosa possiamo trarre per noi?
Anche in questi tempi di violenza, di tristezza, non dobbiamo lasciarci prendere dai meccanismi del male, anche in nome del bene o della democrazia.
Occorre introdurre novità, che ci vengono dall'apertura alle forze della vita, ripudiando i meccanismi del passato, che finora hanno dominato la storia umana.
Il male è certamente in grado di distruggere il creato, persino gli spazi delle stelle, non per una punizione divina, ma come conseguenza del rifiuto di Dio che sovente vediamo come padrone e come giustiziere e non come Padre.
Gesù per parlare della fine dei tempi, usa il paragone del fico, il cui ramo si fa tenero quando si avvicina l'estate.
E' una metafora dolce, che evoca qualcosa di piacevole.
Il fico, inoltre, nel linguaggio biblico, esprime la conoscenza, in particolare quella del cuore, che nasce dalla sintonia profonda.
E' come se il Signore dicesse, quando queste cose accadranno, sarà segno che l'umanità comincerà ad entrare in comunione con il Padre, che conoscerà la dolcezza di Dio.
Come mai temiamo il momento in cui Dio apparirà?
Gesù ha rivelato che Dio è amore e che, per entrare nel suo regno, dobbiamo diventargli simili, che siamo invitati, anche noi a condividere il bene che abbiamo, che siamo, con il prossimo.
Tutto quindi inizia e si compie nella tenerezza.
Ciò che avviene è solo l'amore, che avvolge tutto, anche se non sappiamo cogliere, perché siamo ottenebrati dalla paura.
Quando l'uomo inizia a saper amare, intuisce le finezze dell'attenzione al fratello, lo fa star bene, eliminando le cause del peccato.
Instaura così il regno dell'amore sulla terra.

Tutto ciò che avviene è amore, è tenerezza, diffondiamo questo tepore intorno a noi!

 

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