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TESTO Commento su Matteo 5,1-12

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Tutti i Santi (01/11/2015)

Vangelo: Mt 5,1-12 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,1-12

In quel tempo, 1vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. 2Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

3«Beati i poveri in spirito,

perché di essi è il regno dei cieli.

4Beati quelli che sono nel pianto,

perché saranno consolati.

5Beati i miti,

perché avranno in eredità la terra.

6Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,

perché saranno saziati.

7Beati i misericordiosi,

perché troveranno misericordia.

8Beati i puri di cuore,

perché vedranno Dio.

9Beati gli operatori di pace,

perché saranno chiamati figli di Dio.

10Beati i perseguitati per la giustizia,

perché di essi è il regno dei cieli.

11Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. 12Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di Padre Gianmarco Paris

Solennità di tutti i Santi

Gesù, come ogni uomo, ha cercato il segreto della felicità, e lo ha trovato nel rapporto filiale con Dio e nell'incontro fraterno con gli altri. Molti lo ascoltavano e lo seguivano contenti, molti lo criticavano e lo guardavano dall'alto in basso: ma lui non si è mai scoraggiato, anche quando - alla fine - con inganno lo hanno denunciato e condannato a morte. Ben presto si è accorto che l'annuncio di Dio che è Padre buono trovava spazio nel cuore delle persone semplici e anche di quelle ai margini della società. Da questa scoperta sono nate le beatitudini, che possiamo considerare come la sintesi del cammino della felicità proposto da Gesù.

Questa pagina di Matteo ci è proposta nella liturgia di tutti i santi: i santi sono coloro che hanno trovato la loro felicità nel cammino che ha proposto Gesù; per questo li chiamiamo anche "beati", cioè felici. I santi accompagnano la storia della Chiesa, dai primi apostoli che hanno dato la vita per Gesù, fino ai nostri giorni. Molti di loro la Chiesa li ha riconosciuti in modo ufficiale e li ricorda durante l'anno liturgico. Ma molti di più non si trovano nel calendario: sono invece impressi nella memoria delle nostre famiglie e delle nostre comunità cristiane. Sono lì a ricordarci che anche noi siamo chiamati a diventare santi, a cercare la felicità per la strada che ci insegna Gesù.

Gesù chiama beati (che è come dire felici) alcune persone che nel nostro modo di vedere non sono felici (come chi piange o è perseguitato), oppure persone che hanno delle qualità che noi non capiamo (cosa vuol dire essere "poveri in spirito"? o puri di cuore?). Il motivo della felicità di queste persone non sta in quello che fanno (come costruire la pace) o nelle loro qualità interiori (miti, misericordiosi), ma sta in quello che Dio fa con loro e per loro, e che Gesù esprime nella seconda parte di ogni "beatitudine": Dio dà il suo Regno ai poveri in spirito e ai perseguitati per la giustizia, Dio consola chi piange, Dio dona la terra a chi non la prende con violenza, Dio sazia chi ha fame e sete di giustizia, Dio tratta con misericordia chi usa misericordia, Dio si fa vedere ai puri di cuore, Dio considera suoi figli coloro che costruiscono la pace, Dio ricompensa largamente coloro che sono perseguitati per il fatto di vivere come discepoli di Gesù. La fonte della felicità vera per Gesù è quando Dio si fa vicino e agisce nella storia delle persone. Dio si occupa di tutti, ma ha delle preferenze: comincia da coloro che hanno gli atteggiamenti e compiono le azioni che Gesù elenca in questa pagina del Vangelo.

Quello che non potevamo sapere e che Gesù ci rivela come "notizia buona" è che tutte le persone che hanno queste caratteristiche, in qualsiasi parte della terra si trovino e a qualsiasi religione o gruppo appartengano, sono visitate da Dio, fanno parte del suo Regno, ricevono il dono della sua vicinanza.

Come Gesù sa questo? Grazie alla sua esperienza: lui vive da povero in spirito e mite (imparate da me, che sono mite e umile di cuore...), lui ha fame e sete di giustizia (riceve il battesimo di Giovanni perché si adempia ogni giustizia...), lui è misericordioso (basta ricordare i tanti incontri con i peccatori), lui costruisce la riconciliazione e la pace, lui è perseguitato a causa del suo annuncio, fino a dare la sua vita... Se questo ci interessa, se desideriamo far parte del Regno di Dio, allora la promessa di Gesù ci schiude un cammino da percorrere, e cercheremo le strade per diventare poveri in spirito, miti, misericordiosi e puri di cuore, per costruire la pace, e la giustizia, pur sapendo che andremo incontro alla persecuzione. In altre parole, cercheremo di vivere sempre di più come suoi discepoli, imparando dal suo esempio, che troviamo nel Vangelo. Potrà anche succedere che gli altri ci considerino diversi da loro, che non capiscano il perché del nostro comportamento: sarà perché avremo criteri diversi dai loro per considerare cosa è la felicità e su quale cammino la si raggiunge.

Nella seconda lettura san Giovanni ci ricorda che siamo figli di Dio, già da ora e in pienezza, perché Gesù il Figlio ce lo ha rivelato e ci ha aperto la sua casa. E allo stesso tempo siamo ancora in cammino, non sappiamo ancora come il dono di essere figlio di Dio si compirà quando Gesù ritornerà nella pienezza del suo amore.

Per il momento continuiamo il cammino, come i pellegrini che andavano al Tempio di Gerusalemme cantando il salmo 23: chi salirà il monte del Signore? Chi ha mani innocenti e cuore puro...

Durante questo cammino, l'Apocalisse ci offre una visione di quello che avverrà nell'incontro finale. Giovanni vede una "moltitudine immensa", composta di persone ogni popolo e lingua, che cantano le lodi dell'agnello, che è il Cristo crocifisso e risorto. Essi hanno vesti candide e palme nelle mani: hanno lavato le vesti nel sangue dell'agnello, cioè hanno conformato la loro vita a quella di Gesù, sono passati nel suo stesso cammino di morte e risurrezione, e portano la palma della vittoria, che nell'antichità era il segno dei vincitori (come per noi oggi una medaglia). Questa visione rafforza in noi la speranza dell'incontro finale e la forza per imitare gli atteggiamenti e i comportamenti di Gesù, non come un peso, ma come una risposta di amore.

 

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