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TESTO Il cristianesimo parla da sé con i fatti

padre Antonio Rungi

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III Domenica di Avvento (Anno A) - Gaudete (12/12/2004)

Vangelo: Mt 11,2-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 11,2-11

In quel tempo, 2Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò 3a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 4Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: 5i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. 6E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».

7Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 8Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! 9Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 10Egli è colui del quale sta scritto:

Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero,

davanti a te egli preparerà la tua via.

11In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

La liturgia della parola di questa terza domenica di Avvento, soprattutto il Vangelo, ci riporta all'essenza della religiosità. Essenza che consiste nella testimonianza, nell'operare, piuttosto che nel dire. C'è un antico proverbio che ci fa capire bene il messo dell'argomentazione odierna: "Tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare".

Siamo abituati, in un mondo come il nostro, a parlare molto e ad operare poco. Anche i cristiani parlano tanto, ma agiscono poco. Si parla di solidarietà, di pastorale, si parla nei convegni, si scrivono documenti, ma la risposta a questo dire è molto limitata, l'impegno si restringe sempre più a poche persone. I numeri e le statistiche della partecipazione alla messa domenicale o alle celebrazioni liturgiche ci dicono molto sul modo di intendere e vivere il cristianesimo oggi.

Gesù nel Vangelo di questa domenica di fronte agli inviati di Giovanni il Battista, che chiedono se sia lui il Messia, non risponde, come farà successivamente davanti a Pilato, nel momento della Passione, si limita a presentare la sua persona mediante le azioni compiute: i miracoli, ed erano molti quelli compiuti finora da Gesù, parlano da se stessi circa la divinità del Cristo, della sua origine in Dio, della sua missione salvatrice. E' lui il Messia atteso, non c'è altro da attendere, perché la sua vita è un inno alla carità, alla solidarietà in modo perfetto e definitivo. Non bisogna attendere altro consolatore degli afflitti, altro samaritano che cura il malcapitato lungo la via. Gesù si fa carico della sofferenza umana ed interviene con i suoi poteri a salvare chi si trova nel bisogno. Non dice "poi vediamo", "rivolgi a questo o a quell'altro", "non posso aiutarti", "non ho niente da darti". Gesù interviene e basta. Coglie nel fratello il bisogno evidente ed impellente e non lo fa attendere, la carità e l'amore scatta di incanto ed automaticamente, perché è il Dio dell'amore e della tenerezza che transita sulle vie degli uomini e che è attento a tutte le esigenze dell'umana specie.

I miracoli sono una testimonianza evidente della divinità del Cristo e della sua vicinanza all'uomo. Non hanno bisogno di essere certificati, né autenticati, né attestati da esperti. E' Gesù stesso la garanzia assoluta che quello che si compie nell'uomo in difficoltà è solo il grande miracolo della fede, dell'accettazione di Lui. E' quello il vero grande miracolo che compie ogni volta che si impatta con un essere umano che chiede aiuto, conforto e consolazione. Ma Gesù non attira le attenzioni solo ed esclusivamente sulla sua persona e sulla missione. Vuole, giustamente, far risaltare il ruolo e la figura del Precursore, Giovanni Battista, suo cugino, che stranamente in questo passo, dice di non sapere nulla del Cristo, se è veramente lui che il popolo attende quale Messia.

Il dubbio finalizzato al potenziamento della fede. Non il dubbio che ti allontana dalla fede. Qui è evidente l'esigenza del Precursore di una conferma ulteriore da parte di Gesù che egli è Colui che il Mondo attende e che in Lui il Mondo può ritrovare le ragioni della sua esistenza e della sua vita. Ma non si può dimenticare quella figura carismatica, profetica, testimonianza vivente di un coraggio illimitato come è Giovanni il Battista. Una vita essenziale la sua, coraggiosa, senza mezzi termini, potremmo dire, usando termini moderni, integralista e radicale. Penitenza, fedeltà, coraggio nel parlare e denunciare apertamente, fiducia ed attesa in un domani migliore, in ragione della venuta del Salvatore, fanno di questo uomo di Dio l'esempio più umano e concreto per preparare l'Avvento di Cristo nella nostra mente e nel nostro cuore.

Il Natale al quale ci stiamo preparando spiritualmente anche quest'anno è soprattutto fare spazio all'interno e al di fuori di noi al Cristo unico e vero Salvatore del mondo. Come Giovanni Battista che prende a testimonianza le opere del Cristo per credere ulteriormente in Lui, prendiamo anche noi ad esempio e a testimonianza la vita di Gesù, le sue opere che si rinnovano con la stessa efficacia per noi, soprattutto mediante i segni sacramentali, per confermare la fede in lui. Fede che senza le opere, come è facile intuire, è morta. Non siamo attrezzati per fare miracoli, né possiamo farli, ma solo Dio può sospendere temporaneamente le leggi che egli stesso ha posto nella vita dell'uomo e dell'universo, ma alcuni "miracoli" quelli che si rifanno alla carità, all'amore, al servizio ai bisognosi li possiamo fare ripetutamente ogni giorno, ogni attimo della nostra vita. Questi miracoli parleranno da soli e saranno motivo credibile perché altri, mediante il nostro buon esempio, possano giungere a Cristo o potenziare la loro fede in Lui, molto spesso contrassegnata dal dubbio, dall'incertezza e dalla scarsa autenticità e testimonianza di quanti si dicono cristiani e non vivono come tali. Oltre all'essere cristiani è necessario vivere da cristiani.

E' tutto qui il messaggio di questa Domenica che ci porta idealmente al significato più vero della nascita del Figlio di Dio nella storia dell'uomo. Un Dio che si abbassa fino a noi per amore e per ridare a noi il senso più pieno ed autentico della vita.

 

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