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TESTO Il segno

don Luciano Cantini  

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XVIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (02/08/2015)

Vangelo: Gv 6,24-35 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,24-35

24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».

26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».

30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!

Voi mi cercate

Come spesso accade, Gesù non risponde alla domanda, piuttosto la supera, andando a scandagliare l'animo dell'uomo così da scoprirne la verità tenuta nascosta o quella che i suoi interlocutori neanche riescono a percepire obnubilati da altre idee o preoccupazioni. La gente ha trovato qualcuno che risolve i problemi basilari dell'uomo sfamando la moltitudine e in abbondanza. Non riesce a leggere il segno nel suo valore universale, l'unica preoccupazione è quella concreta e contingente, se vogliamo utilitaristica, che soddisfa un bisogno.

Ci sarebbe da chiederci quale sia la differenza tra la gente di Cafarnao e la nostra ricerca del Signore: cerchiamo aiuto, conforto, protezione... "che tutto vada bene"... e se il pane e i pesci ci interessano poco è perché ne abbiamo in abbondanza tanto da sprecarne, cerchiamo la salute, la pace (intesa come tranquillità personale), il benessere. Ecco anche noi cerchiamo il Signore con una visione utilitaristica della relazione.

Su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo

Gesù sposta l'attenzione su un altro piano: Datevi da fare... per il cibo che rimane per la vita eterna. Bisogna però non fraintendere, il rischio è quello di "spiritualizzare" la relazione togliendo ogni significato agli aspetti materiali della vita che rappresentano una necessità concreta da cui non possiamo prescindere. È necessario leggere il segno che il Signore ci ha offerto - insieme agli altri che il Vangelo di Giovanni ci racconta - accoglierne la verità, percepirne la forza, lasciarsi prendere e trasportare da quel segno che ha l'energia del vento che soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va (Gv 3,8). Il segno si immerge nella realtà concreta dell'uomo - dal bisogno di festa alla sazietà, dalla salute alla vita - ne assume la verità per proiettarla nell'altrove. Il segno è un indirizzo, un'indicazione, una direzione, una prospettiva, un modo di vedere e di pensare. Il segno ha bisogno di attenzione e di accantonare la meraviglia, perché educhi scelte di vita. È proprio il segno che ci permette di individuare la porta d'accesso (cfr. Gv 10,9) nella realtà nuova del Regno di Dio: è Gesù su cui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo. È il Figlio di Dio la fonte zampillante (cfr. Gv 4,14) della storia nuova che coniuga l'impegno nell'affrontare i problemi dell'uomo e l'Eucaristia, la relazione col mondo e il Regno dei cieli.

Io sono il pane della vita

Alla domanda della gente Gesù risponde: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato». È una risposta che non viene capita e, come spesso succede si chiede una conferma, però alla nostra misura, alla nostra maniera... «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete» (Gv 4,48). Facilmente indugiamo al miracolistico, banalizzando l'opera di Dio esigiamo la prova, come una "prova d'amore" che in fondo non dà alcuna garanzia.

L'uomo ha bisogno di scaricare su Dio le proprie responsabilità (a volte anche sul demonio), per non scegliere e non fare.

Nel suo vangelo Giovanni non parla mai di Fede, espressione troppo teoretica, ma usa il verbo credere che ha in sé la dinamica dell'azione e la responsabilità della storia: cogliere nel segno tutta la sapienza e la forza della storia nuova del Regno di Dio. Gesù ci offre una prospettiva molto profonda affermando io sono il pane della vita, Lui, la sua persona e la sua opera è il pane della vita, i segni che ha lasciato, la Parola che ci nutre, il mistero della Pasqua, la sua stessa vita. Un pane per uomini liberi, o meglio liberati dalla sua stessa vita; un pane inatteso, non comprato, donato, condiviso, che sazia ognuno, abbondante e prezioso: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto» (Gv 6,12).

 

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