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TESTO Non dire a Dio: "Ho un grande problema". Dì al problema: "Ho un grande Dio"

don Marco Pozza   Sulla strada di Emmaus

XVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (26/07/2015)

Vangelo: Gv 6,1-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo questi fatti, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, 2e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. 3Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. 4Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

5Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». 6Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. 7Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». 8Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: 9«C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». 10Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. 11Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano. 12E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». 13Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

14Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». 15Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.

Che ridere: le proviamo tutte per essere felici. Adocchiamo nella pubblicità la beatitudine per aver cucinato i tortellini con il dado e sondiamo pure noi. Ma a casa nostra, con tre dadi, mamma, papà e figlio s'ingegnano furiose litigate. In tv all'alba si danza per le fette biscottate a colazione. Ma a casa nostra, anche con le stesse fette biscottate, tutti sbraitano perché hanno fretta di uscire! Ci manca sempre qualcosa per essere felici: prima la bicicletta, poi la moto, poi la macchina, poi la casa, poi la salute. Eppure ci sono cinque pani e due pesci: non sarebbe male. Non saremmo proprio sul lastrico. Ci sarebbe ancora speranza. Cinque pani e due pesci sono nulla. Oppure la giusta misura.

Questa pagina di Vangelo ha dell'incredibile: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci" - s'allarmano i discepoli. Immediata soluzione: "Portatemeli qua" - suggerisce il Maestro falegname improvvisatosi fornaio per finire Signore. Perché, a capirci di cielo, tutto dipende dalle mani in cui gli oggetti si trovano. Cinque pani e due pesci bastano. E avanzano. Glieli portno, non hanno scuse alle quali aggrapparsi: Lui li prende, alza gli occhi, recita la benedizione, li spezza e li riconsegna loro perché li distribuiscano. Morale della favola: con cinque pani e due pesci ha sfamato cinquemila uomini e donne, più le donne e i bambini. Di più: rimasero dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quando si dice che al Cielo piace esagerare: nei Vangeli non c'è gioia se non si esagera. Anche quando si pecca.

Molto bene, il miracolo è avvenuto. Tu ti chiedi: cosa avranno capito i discepoli? Semplice: han capito poco più di niente. Io, invece, sono anni che penso a questo miracolo di Cristo. Ci penso e mi rigiro nel letto fino a mattina. Perché è vero: nelle mie mani una pallina da golf vale qualche euro, nelle mani di Tiger Woods il suo valore si scrive in miliardi di dollari. Se prendo in mano una racchetta da tennis, la confonderei con l'attrezzo che la mamma usa per battere i tappeti. Nelle mani di Flavia Pennetta quella racchetta vale una finale a Wimbledon. Se prendo in mano cinque pani e due pesci, sono poco più che uno spuntino: nelle mani di Cristo sono cibo per una città intera. Questo c'era da capire: che tutto dipende dalle mani in cui si trovano le cose. Sono le mani a fare la differenza; e questo è mostruoso nella sua bellezza. Guarda: se i miei sogni, le mie preoccupazioni e le mie paure me li tengo stretti in mano, rischio di cadere in depressione. Se provo a spostarli nelle mani di Dio, rischio di capovolgermi dalla gioia. Cioè mi riescono cose che pensavo inaudite: d'altronde, che cosa dovrebbe fare un maestro se non insegnarti che sei capace d'infinito? Che vali molto di più di quello che gli altri vogliono farti credere? Loro si son stupiti. Han visto pani e pesci dappertutto e hanno gridato al miracolo. Senza accorgersi che il vero miracolo era un altro: rendersi conto che le mani di Cristo avrebbero potuto fare di loro della gente strepitosa. Che con Lui rischiavano veramente di rivoltare il mondo come un calzino.

Marco, l'altro dei quattro che racconta questo miracolo, non risparmia la figuraccia ai discepoli. Li ritrae gelosi, al punto tale che quella gente la volevano rispedire a casa ("Evviva l'amore!"), avevano paura che creassero problemi. Fortuna che questi avevano vissuto vicino a Cristo. E' una delle peggiori figure dei Vangeli. Tanto che Lui cosa fa? Marco è tremendo: «Subito costrinse i suoi discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva». Si volta e dice loro: montate in barca che ho i nervi a fior di pelle. Via, distanti da me. Figurati se questi osano replicare: montano in barca e puntano all'altra sponda. Stasera sono muti come i pesci che pescavano quand'erano ancora a casa loro.

Peccato non crederci davvero. Perché se i miei ragionamenti, le mie preoccupazioni, le mie paure, le mie speranze, i miei sogni, la mia famiglia, i miei rapporti con gli altri li tengo in mano, m'innervosisco e basta. Rimangono cinque pani e due pesci. Forse si potrebbe tentare di spostarli in Mani diverse. Tante volte dipende dalle mani in cui si trovano. E cambia tutto.

Cambia tanto. Invece che dire a Dio: "Ho un grande problema", si potrebbe dire al problema: Ho un grande Dio".

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