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TESTO Procedere di pari passo

padre Gian Franco Scarpitta  

XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (19/07/2015)

Vangelo: Mc 6,30-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 6,30-34

30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e quello che avevano insegnato. 31Ed egli disse loro: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’». Erano infatti molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di mangiare. 32Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. 33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a piedi e li precedettero.

34Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.

Anche sulla scia dei ripetuti inviti di papa Francesco, nel ministero di vescovi e sacerdoti si va assumendo sempre più consapevolezza che è necessario "camminare di pari passo con le pecorelle, pur continuando a restare pastori." Accompagnare i nostri fedeli nei loro percorsi, procedere accanto a loro e seguire i loro passi dovrebbe essere in effetti lo specifico ministeriale dei pastori d'anime, che tante volte corrono il rischio di assumere una posizione di superiorità e di imperatività sul gregge loro affidato, con la conseguenza di ergersi eccessivamente a giudici o di avanzare pretese improprie. Cosa che non di rado conduce allo spadroneggia mento sulle persone, all'altezzosità e alla perfidia per cui si procacciano i propri interessi e non più il progresso spirituale del popolo che ci è stato affidato. E di fatto occorre ammettere che non di rado l'atteggiamento di certi sacerdoti allontana e disperde il popolo di Dio. Vero è che a volte qualsiasi pettegolezzo anticlericale diventa una caccia alle streghe le cui vittime sono i sacerdoti; vero è che i ministri sono sempre sotto tiro quanto ad insinuazioni e pregiudizi e che tante volte volutamente si fraintendano le loro parole e le loro intenzioni; ma è altrettanto vero che determinati atti di superbia e di predominio, peggio ancora l'incoerenza e il pessimo esempio, inducono i fedeli alla fuga dalle chiese o al disorientamento. Cosa che lamentava con fermezza il profeta Geremia, osservando come i pastori addirittura allontanano e disperdono le loro pecorelle quando invece dovrebbero farsi promotori della loro unione e del loro progresso. Chi si erge a dominatore della massa esercitando un potere burocratico e una nefasta influenza sociale sul popolo, ottiene certo vantaggi personali ma non adempie affatto il mandato di "pascere e guidare " le anime verso la salvezza che è Cristo. Peggio ancora può succedere (cosa purtroppo non rara) che vi siano laici o addirittura non credenti di gran lunga più virtuosi e dotati dei ministri, maggiormente migliori di essi in perfezione e integrità di vita e anche più all'altezza nella teologia e nella pastorale.

Così in un'omelia del 2013 si esprimeva, a tal proposito, papa Francesco: "La mancata vigilanza rende tiepido il Pastore, lo fa distratto, dimentico e persino insofferente; lo seduce con la prospettiva della carriera, la lusinga del denaro e i compromessi con lo spirito del mondo; lo impigrisce, trasformandolo in un funzionario, un chierico di stato preoccupato più di sé, dell'organizzazione e delle strutture, che del vero bene del Popolo di Dio".

E' urgentissimo allora prendere sul serio il monito di Pietro rivolto agli "anziani" (pastori) delle varie chiese: "...pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge." (1Pt 5, 2- 3) Il che vuol dire camminando accanto a ciascuna delle pecore, piangendo con essa e con essa esultando, rendendosi partecipi delle sue gioie e dei suoi dolori. Farsi modelli del gregge vuol dire far proprie le loro condizioni di vita, calarsi nelle singole realtà di ciascuno e con amore, comprensione e carità proporsi quale compagnia seria e produttiva, almeno dal punto di vista spirituale.

Piuttosto che dominare e spadroneggiare, occorre quindi collocarsi alla pari delle pecorelle, procedere con esse in tutte le situazioni concrete del loro vissuto e interessarsi seriamente dei loro problemi e delle loro ansie. E soprattutto trasmettere loro con la parola e con la coerenza di vita, il messaggio di speranza che ci deriva dal Cristo, la vicinanza del Signore e la sua compartecipazione alle pene e alle gioie di tutti, senza anteporre la nostra figura personale.

Nel ministero del pontefice, dei vescovi e dei presbiteri coadiuvati dai diaconi e da tanti battezzati impegnati nell'evangelizzazione, è del resto lo stesso Cristo infatti che perpetua la sua opera missionaria di annuncio e di testimonianza del Regno, coinvolgendo sempre più gente al suo seguito. Nello Spirito Santo effuso su tutti a Pentecoste e che anima la vita della chiesa spronando alla missione, Cristo agisce nella forma invisibile e ineffabile per edificare i suoi discepoli per attrarre tutti al suo programma di salvezza. Cristo si china su ciascuno con la premura e la semplicità di cui è capace solo chi ama con disinvoltura e serenità, mostrando soprattutto ai deboli e agli indifesi il grande patrimonio di ricchezza della misericordia del Padre. Se egli si serve di pastori visibili, è allora importante che i pastori siano di richiamo ai fedeli con la coerenza nella condotta di vita, dando esempio di umiltà e di carità sincera, dediti soprattutto ai poveri e ai sofferenti e lontani da qualsiasi ambizione di potere. Cristo è il vero obiettivo a cui i fratelli devono tendere e non la persona del sacerdote. Poiché è nella misura in cui ci si innamora di qualcosa (o di qualcuno) che si è capaci di comunicare lo stesso amore provato, Gesù Risorto dal canto suo provvede a motivare lo zelo dei suoi ministri, infondendo loro sempre più coraggio e costanza e invitandoli al necessario ristoro atto a recuperare le forze quando ci si è stancati e avviliti: "venite in disparte e riposatevi un poco". Proponendo loro lo spazio della riservatezza e della riflessione, del rifocillamento fisico e spirituale e della pausa prima della ripresa di ogni servizio, Gesù indica ai suoi discepoli la necessaria "terapia" affinché il loro ministero sia fruttuoso ed edificante per tutti e perché essi stessi ne traggano vantaggio, senza cadere nel pericolo di confondere la missione con l'autoesaltazione. L'isolamento periodico, la meditazione e la preghiera nel silenzio favoriscono infatti l'intensità personale del rapporto con quel Dio di cui essi sono portatori e testimoni; ravvivano il sentimento necessario di umiltà e di conversione continua, che si trasforma nella concretezza della carità sincera. Evitando così vani esibizionismi e altezzosità.

 

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