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TESTO Commento 1Re 19,4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (09/08/2015)

Vangelo: 1Re 19,4-8; Sal 33; Ef 4,30-5,2; Gv 6,41-51 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 6,41-51

41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».

43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.

48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Nella liturgia di domenica scorsa abbiamo trovato il Cristo che continua la sua predicazione per far comprendere alle folle di allora, ma soprattutto a noi oggi, la differenza fra il pane dato nel deserto che finisce e il "pane" mandato veramente dal cielo da Dio per la salvezza dell'umanità: questo pane infatti dura in eterno.
Il pane che dura in eterno è lo stesso Cristo, sceso dal cielo a condividere la vita degli uomini, affinché riconoscendolo e condividendo la vita con lui e con i fratelli potessero vivere appieno la loro giornata terrena.

La liturgia di questa domenica continua il messaggio del Cristo, quale pane disceso dal cielo. Gesù si rende conto che le folle non hanno ancora capito qual è la differenza fra il cibo che dura in eterno e la manna che finisce.
L'uomo di oggi potrebbe comprendere qual è il valore del pane del cielo se solo non fosse distolto da altre mille cose ed avvenimenti che lo portano lontano da tutto ciò che appartiene al Signore e conseguentemente all'anima.
Così noi per credere nel Cristo disceso dal cielo siamo chiamati a nutrirci di Gesù e solo così potremmo liberarci dalle schiavitù terrene e dar spazio allo spirito che è in noi.
Questa liturgia ci porta a leggere i doni che sono sulla strada del cammino che Dio ha scelto per ciascuno; il Signore non vuole che si dorma, ma ci invita a mangiare per poter avere le forze necessarie per il lungo percorso della nostra vita.

Nella prima lettura, tratta dal primo libro dei Re, troviamo Elia che si inoltra nel deserto. Essendo stanco della sua vita, chiese al Signore di prenderlo e stesosi sotto una ginestra si addormentò.
Un angelo lo toccò e gli disse di alzarsi e di mangiare. Si alzò e vide vicino a lui una focaccia cotta su pietre e un orcio di acqua. Mangiò e bevve e si coricò e tornò a dormire, ma l'angelo per la seconda volta lo svegliò e gli disse di mangiare ancora perché il cammino sarebbe stato troppo lungo per lui. Egli mangiò e bevve di nuovo e camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, cioè l'Oreb.
Elia era stanco perché era rimasto l'unico profeta, gli altri, pur di mangiare, avevano dato tutto all'idolo Baal e alla regina Ed, e così, essendo solo e ricercato, chiese al Signore di farlo morire.

Quante volte nella nostra vita, nei momenti di immenso dolore avremmo forse preferito morire piuttosto che affrontare la prova, ma, come cristiani, ci siamo abbandonati al Signore e da Lui abbiamo attinto la forza per continuare la strada iniziata e poi, dopo la fatica del superamento, ci siamo sentiti sereni e pieni di speranza.

Il salmista con il ritornello del salmo33 "Gustate e vedete come è buono il Signore" vuole ricordarci che solo chi confida nel Signore e si rifugia in lui sarà salvo.
Nei versetti sentiamo la preghiera del popolo che loda il Signore in ogni tempo, esalta il suo nome insieme ai fratelli e solo così anche il povero sarà salvato da tutte le sue angosce.

L'apostolo Paolo nella seconda lettura parla ancora agli Efesini e li esorta a non rattristare lo Spirito Santo di Dio che è in ognuno. Perché questo avvenga è necessario abbandonare tutte le cose negative che vengono da dentro: siate invece benevoli gli uni gli altri, siate misericordiosi, perdonatevi a vicenda come Dio ha perdonato ciascuno in Gesù Cristo.
Camminate nella carità come ha fatto il Cristo Gesù, camminate come lui ci ha insegnato.
Difficile comprendere la frase di Paolo "non rattristate lo Spirito Santo di Dio che è in voi", ma con questa frase l'apostolo vuole solo farci comprendere che la vita cristiana deve percorrere il cammino dell'amore, invece tutte le volte che spontaneamente decidiamo di non amare allora rattristiamo lo spirito. Quante volte nella nostra giornata non amiamo e ci dimentichiamo dei fratelli perché presi da mille cose che necessariamente dobbiamo fare: in questi casi non amiamo, ma non decidiamo noi di non amare.
Proviamo a considerare per un momento le nostre giornate: quando siamo sereni con la nostra vita di singoli e di famiglia molto raramente giudichiamo gli altri, siamo portati a scusarli, a giustificare i loro comportamenti proprio perché in noi regna lo Spirito; quando al contrario siamo in chiusura con il Signore e con il mondo intero la critica è sempre sulle nostre labbra.
La strada del nostro cammino è quella che ci ha insegnato Gesù, quella della carità. La strada però molto spesso è piena di crisi, di scoraggiamento se la missione a noi affidata è grande e faticosa, ma crisi e scoraggiamento sono proprio quei sentimenti che ci portano a vedere gli altri con misericordia, ci portano a perdonare, ci conducono sulla via dell'amore e così possiamo far vivere in noi lo spirito donatoci dal Padre.

L'apostolo Giovanni nel vangelo riferisce che i Giudei mormoravano contro Gesù perché aveva detto "Io sono il pane disceso dal Cielo", per loro che pensavano di conoscerlo bene, era il figlio di Giuseppe ed allora come poteva essere sceso dal cielo?
Mormorare significa dimostrarci incapaci di capire e di non accettare il piano di Dio.. Ma non sono solo i Giudei che mormorano, ma tutti lo facciamo quando i piani di Dio non corrispondono ai nostri piani umani.
Quante volte non accettiamo i fratelli solo perché non corrispondono alle nostre aspettative, non rispondono all'immagine che noi ci eravamo fatti di loro.
Perché accettiamo con gioia gli amici nel momento e nell'ora che vogliamo noi e al contrario non siamo ospitali quando non ci fa comodo? Possiamo accettare tutto solo se abbiamo la purezza del cuore.
In questo brano Gesù ripete molte volte che lui è il pane vero disceso dal cielo perché mandato dal Padre e solo lui che è venuto dal Padre può conoscerlo. Il mondo infatti conosce la persona di Dio attraverso Gesù Cristo, solo lui ci ha parlato del Padre buono che attende l'umanità per farla vivere in eterno con lui.
"Io sono il pane vero disceso dal cielo, chi mangia di questo pane vivrà in eterno" ed ancora "Io sono il pane della vita, i vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti, questo è il pane disceso dal cielo perché chi ne mangia non muoia".
Il pane di cui parla Gesù è il suo corpo donatoci per la salvezza del mondo.
Gesù in particolare in questo brano ci invita a mangiare, a cibarci di lui ad entrare in relazione con il Padre e con lui attraverso la comunione.
Il dono del pane che riceviamo dal Padre, è l'unico mezzo, l'unica medicina per la nostra vita.
L'Eucarestia non è solo per i "bravi", ma proprio per coloro che sono in cammino, in particolare è per noi quando siamo nelle difficoltà, nei momenti di buio, di solitudine, quando siamo deboli e stanchi.
Il paragone con il cibo materiale è molto vero: quante persone, dopo una lunga malattia, sono riuscite a riprendere le forze attraverso cibi adatti ad una alimentazione proteica, così per il nostro spirito è necessario nutrirsi di Cristo, l'unico che possa rimetterci sulla strada giusta.
La comunione non è un premio, ma è Gesù che ci chiama e ci invita a fare un cammino insieme per darci una mano.
Quando non ci sentiamo degni di ricevere il Cristo spesso dipende dal fatto che non sappiamo reagire alla stanchezza che ci impedisce di ricominciare. A tutti sarà capitato di dire "ma tanto non serve a nulla parlare, gli altri non ci ascoltano meglio lasciar perdere". Ecco la comunione, ecco la forza che ci manca, ecco il cammino che ci appare ora difficile ma non impossibile, ecco infine, attraverso Cristo, nuovamente la speranza che ci invade e ci fa vivere.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Gesù ci dice di essere il "pane disceso dal cielo"; per noi questo "pane" che cosa è?
La comunione che Dio Padre ci ha dato come dono ci rende capaci di percorrere il cammino, anche se cosparso di difficoltà, per arrivare alla meta finale?
Siamo capaci di comprendere la motivazioni dei nostri comportamenti sbagliati, quando siamo in crisi o lasciamo che lo scoraggiamento ci impedisca di vedere con chiarezza dentro di noi?
Gesù ci invita a mangiare il suo corpo per entrare in relazione con il Padre attraverso di lui: crediamo veramente che questo Gesù è colui che il Padre ha mandato per la nostra salvezza? Abbiamo ancora dei dubbi?
Eucaristia significa ringraziamento: sappiamo dire grazie al Signore per aver voluto condividere la sua vita con la nostra?

Gianna e Aldo - CPM Genova

 

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