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TESTO Guarire

don Luciano Cantini  

XV Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (12/07/2015)

Vangelo: Mc 6,7-13 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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7Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. 8E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura; 9ma di calzare sandali e di non portare due tuniche. 10E diceva loro: «Dovunque entriate in una casa, rimanetevi finché non sarete partiti di lì. 11Se in qualche luogo non vi accogliessero e non vi ascoltassero, andatevene e scuotete la polvere sotto i vostri piedi come testimonianza per loro». 12Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse, 13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano.

Gesù chiamò a sé i Dodici

Marco ha appena raccontato il disprezzo della gente a causa della origine umile di Gesù, la sua nascita, la sua parentela, i dubbi dell'origine della sua sapienza e dei prodigi (Mc 6,1-6). Poco dopo racconterà dell'esecuzione di Giovanni Battista (Mc 6, 14-29) che era già avvenuta e che certamente pesava nell'animo del Signore perché rivelante quanto siano inseparabili il martirio e la testimonianza, la morte e la missione. È in questo contesto che Marco racconta della missione dei dodici.

Prima però li chiamò a sé per poi mandarli; questa sottolineatura ci ricorda l'istituzione dei Dodici (cfr. Mc 3,13-19), che sono stati chiamati prima di tutto a stare con lui. È lo stare con lui che legittima ogni testimonianza e ogni missione, è la relazione con il Signore che genera ogni altro tipo di relazione. La testimonianza che ci è chiesta come cristiani, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza (1Pt 3,15), nasce dall'intreccio di tutte le nostre relazioni con la sua.

A due a due

Gesù decide di inviare i discepoli, ancora scettici e toccati dagli insuccessi e dalle critiche, a imparare dalla vita e dal contatto diretto con le persone e i loro bisogni. I discepoli non hanno ancora capito chi è quel Gesù che stanno seguendo, forse ancora rinchiusi nella visione della religione angusta e ristretta in cui sono cresciuti. Gesù li manda così come sono, con le loro chiusure e i loro limiti, non prova a cambiarli con qualche discorso ma li immerge nell'esperienza.

Li invia a due a due perché non si può prescindere dalla comunione.

L'equipe fa parte della metodologia di evangelizzazione, non per una sinergia di forze, per una maggiore efficienza in vista di un risultato, quanto per la necessità di reciprocità in vista della testimonianza.

Così dovrebbe essere ogni comunità cristiana, da quella domestica a quella parrocchiale, dal gruppo alla comunità religiosa. Non sono i legami familiari o l'amicizia (i discepoli non si scelgono tra loro), neppure lo scopo prefissato, che ci mettono in comunione quanto la chiamata ricevuta dall'Amore di Dio per testimoniare l'amore recepito.

L'invio a due a due è antidoto contro l'individualismo, il protagonismo personale e l'attivismo che disprezza, senza neppure rendersene conto, le capacità e i doni delle persone con cui viviamo.

Ordinò loro

L'equipaggiamento richiesto non è casuale perché riguarda solo il camminare: in una terra montuosa e sassosa come la Palestina c'era bisogno di sandali resistenti e di un bastone solido. L'apostolo non è un sedentario, ma un uomo sempre in cammino e deve avere con sé gli strumenti per camminare, così da capire immediatamente il senso della sua missione, che non ha interessi materiali nemmeno di sopravvivenza.

Né pane, né sacca, né denaro nella cintura: non serve il denaro che chiede di inserirsi nelle regole del mercato, straccia la bellezza della gratuità che è sempre necessaria; neppure la sacca per raccogliere e conservare ciò che eventualmente è donato perché limita la fiducia nella Provvidenza e fa a pezzi la speranza; neppure il pane per la sopravvivenza per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore (Dt 8,3).

"Chi vede l'uomo di Dio, deve vedere subito la Parola che tracima dalla sua vita che deve riflettere il volto umano di Dio, volto di tenerezza. Egli è solo uno che cammina e da questo punto di vista credere è avere le gambe per camminare, libero da qualsiasi necessità, fossero anche le necessità primarie come mangiare e dormire che devono essere parte dell'accoglienza perché «l'operaio è degno del suo salario» (1Tm 5,8)" [P. Farinella].

Dava loro potere sugli spiriti impuri

Lo spirito, il vento impuro, [in ebraico Spirito è Ruah che significa vento] è chi rende impossibile il rapporto con Dio e qualsiasi altro rapporto perché chiude in se stessi, esalta l'egoismo e non permette di intravedere le promesse che Dio sta realizzando.

L'individualista è onnipotente, indispensabile, ha sempre ragione, cerca il proprio interesse e piacere, disprezza gli altri e li usa. È avvolto dal vento impuro e ne è permeato chi vede la religione e Dio come strumento per manipolare e condizionare i più deboli, o come merce di scambio per ottenere consenso. Vento impuro è il "Falso" barattato per Verità.

L'Annuncio del Vangelo invece significa proclamare la vita in abbondanza, proclamare la fede e promuovere l'uomo.

E li guarivano

Nel linguaggio Biblico, il verbo guarire ha un significato più profondo del semplice curare una persona malata (cfr. Mac 2,9-11). La guarigione punta a tutta la persona, in tutti i suoi aspetti, non solo quello di semplice salute del corpo. Guarire, anche nel linguaggio corrente significa servire la persona nei suoi bisogni quotidiani, a volte materiali, spesso morali e sociali. Alla luce di questo dobbiamo pensare il senso del potere sugli spiriti impuri che Gesù concede. Sono quanto tengono le persone nella miseria, l'ingiustizia e la schiavitù di ogni tipo di peccato.

Guarire è questione di carità cristiana che guarisce nella profonda relazione con Dio perché guarisce dai bisogni dell'uomo.

La più grande povertà oggi non è la mancanza di pane, ma la solitudine e la mancanza di amore (Madre Teresa di Calcutta).

 

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