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TESTO Commento su Giovanni 12,35-50

don Michele Cerutti

V domenica dopo Pentecoste (Anno B) (28/06/2015)

Vangelo: Gv 12,35-50 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Allora Gesù disse loro: «Ancora per poco tempo la luce è tra voi. Camminate mentre avete la luce, perché le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. 36Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce». Gesù disse queste cose, poi se ne andò e si nascose loro.

37Sebbene avesse compiuto segni così grandi davanti a loro, non credevano in lui, 38perché si compisse la parola detta dal profeta Isaia:

Signore, chi ha creduto alla nostra parola?

E la forza del Signore, a chi è stata rivelata?

39Per questo non potevano credere, poiché ancora Isaia disse:

40Ha reso ciechi i loro occhi

e duro il loro cuore,

perché non vedano con gli occhi

e non comprendano con il cuore

e non si convertano, e io li guarisca!

41Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui. 42Tuttavia, anche tra i capi, molti credettero in lui, ma, a causa dei farisei, non lo dichiaravano, per non essere espulsi dalla sinagoga. 43Amavano infatti la gloria degli uomini più che la gloria di Dio.

44Gesù allora esclamò: «Chi crede in me, non crede in me ma in colui che mi ha mandato; 45chi vede me, vede colui che mi ha mandato. 46Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre. 47Se qualcuno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno; perché non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo. 48Chi mi rifiuta e non accoglie le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho detto lo condannerà nell’ultimo giorno. 49Perché io non ho parlato da me stesso, ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha ordinato lui di che cosa parlare e che cosa devo dire. 50E io so che il suo comandamento è vita eterna. Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me».

La figura che ci accompagna in queste settimane è quella del Patriarca Abramo.

Abramo è modello della fede. Da Lui impariamo l'ascolto, Egli va molto al di là del rispetto della pura disciplina.

Abramo aveva 99 anni, quando il Signore gli apparve e ancora una volta gli ripeté la promessa della terra e della discendenza.

Come pegno della rinnovata alleanza, cambiò il nome di Abram in Abraham, ampliando così il significato del nome originario da "glorioso padre" a "padre di una moltitudine". Sarai divenne Sara, che vuole dire sempre "principessa".

Paolo ci offre una giusta interpretazione di questo patriarca offrendoci un modello concreto per noi uomini e donne di oggi.

Per la vita del patriarca dimostra che per la salvezza la fede è più importante della Legge mosaica, perché Abramo confidò in Dio prima di essere sottoposto al rito della circoncisione. Paolo crede che la venuta di Gesù renda possibile il recupero della primitiva fede di Abramo.

In altre parole, Dio non esige che un popolo segua le leggi e i riti della religione per essere considerato giusto. Nella visione di Paolo, quindi, Abramo è realmente il padre di tutti quelli che hanno fede in Dio, e non solo il padre della nazione e della religione di Israele. Nella stessa linea, la scelta di Abramo come eletto da Dio dovrebbe essere vista come estesa a tutti coloro che hanno fede nel Signore. Quelli che hanno fede sono tutti eletti da Dio.

Allora da Abramo impariamo la dimensione dell'ascolto.È molto interessante come nella Scrittura il verbo "ascoltare" esprime due passaggi molto importanti che avvengono nel cuore e nella vita dell'uomo: in primo luogo questo verbo indica la capacità di aprire il cuore ad una parola che mi viene rivolta. Il modo particolare, la parola di Dio va meditata, compresa, assimilata. Essa è il nutrimento dell'uomo e contiene ciò che è necessario per la sua salvezza, come viene detto nel Salmo 119,105: "lampada per i mie passi è la tua Parola e luce sul mio cammino". Senza l'ascolto della parola l'uomo è come un cieco che non sa dove va e soprattutto non coglie il significato della propria vita e delle proprie scelte.

In secondo luogo, tuttavia, il verbo "ascoltare" significa anche reagire alla parola ascoltata, obbedire, compierla, attuarla. Un ascoltare che si ferma solamente ad un livello concettuale non è concepibile nella Parola di Dio, in quanto la parola deve diventare vita.

È nel fare e nell'agire che si manifesta il vero ascolto della volontà di Dio.

Gesù ci fa fare un salto nella nostra fede perché Egli è la vera luce che illumina il nostro cammino, il nostro agire.

Questa luce è facile riconoscerla è una luce umile che non si impone.

È una luce mite, con la forza della mitezza; è una luce che parla al cuore ed è anche una luce che offre la croce. Lo riconosciamo se in noi, nella nostra luce interiore, siamo uomini miti sentiamo la voce di Gesù nel cuore e guardiamo senza paura alla croce nella luce di Gesù Se ci lasciamo abbagliare da una luce che ci fa sentire sicuri, orgogliosi e ci porta a guardare gli altri dall'alto, a sdegnarli con superbia, certamente non ci troviamo in presenza della «luce di Gesù».Questa è la luce del diavolo travestito da Gesù da angelo di luce. Dobbiamo distinguere sempre: dove è Gesù c'è sempre umiltà, mitezza, amore e croce. Mai troveremo infatti Gesù senza umiltà, senza mitezza, senza amore e senza la croce. Lui ha fatto per primo questa strada di luce. Dobbiamo andare dietro a lui senza paura, perché Gesù ha la forza e l'autorità per darci questa luce.

I santi hanno fatto questa esperienza di essere abbracciati dalla luce di Cristo e sono riuscito a offrire la loro vita fatta anche di sofferenze a Gesù stesso, mantenendo viva la luce nei confronti di tutti coloro che lo circondavano.

Penso alla forza di Chiara Luce Badano, ragazza morta giovane poco meno che ventenne. La sua sofferenza è stato faro per tutti coloro che gli stavano vicino.

Traggo dal sito di Santi e Beati le caratteristiche della sua vita.

Visse a Sassello con il padre Ruggero, camionista, e la madre Maria Teresa, casalinga. Volitiva, tenace, altruista, di lineamenti fini, snella, grandi occhi limpidi, sorriso aperto, ama la neve e il mare, pratica molti sport. Ha un debole per le persone anziane che copre di attenzioni. A nove anni conosce i ‘Focolarini' di Chiara Lubich ed entra a fare parte dei ‘Gen'. Dai suoi quaderni traspare la gioia e lo stupore nello scoprire la vita. Terminate le medie a Sassello si trasferisce a Savona dove frequenta il liceo classico. A sedici anni, durante una partita a tennis, avverte i primi lancinanti dolori ad una spalla: callo osseo la prima diagnosi, osteosarcoma dopo analisi più approfondite. Inutili interventi alla spina dorsale, chemioterapia, spasmi, paralisi alle gambe. Rifiuta la morfina che le toglierebbe lucidità. Si informa di tutto, non perde mai il suo abituale sorriso. Alcuni medici, non praticanti, si riavvicinano a Dio. La sua cameretta, in ospedale prima e a casa poi, diventa una piccola chiesa, luogo di incontro e di apostolato: "L'importante è fare la volontà di Dio...è stare al suo gioco...Un altro mondo mi attende...Mi sento avvolta in uno splendido disegno che, a poco a poco, mi si svela...Mi piaceva tanto andare in bicicletta e Dio mi ha tolto le gambe, ma mi ha dato le ali..." Chiara Lubich, che la seguirà da vicino, durante tutta la malattia, in un'affettuosa lettera le pone il soprannone di ‘Luce'. Mons. Livio Maritano, vescovo dicocesano, così la ricorda: "...Si sentiva in lei la presenza dello Spirito Santo che la rendeva capace di imprimere nelle persone che l'avvicinavano il suo modo di amare Dio e gli uomini. Ha regalato a tutti noi un'esperienza religiosa molto rara ed eccezionale". Negli ultimi giorni, Chiara non riesce quasi più a parlare, ma vuole prepararsi all'incontro con ‘lo Sposo' e si sceglie l'abito bianco, molto semplice, con una fascia rosa. Lo fa indossare alla sua migliore amica per vedere come le starà. Spiega anche alla mamma come dovrà essere pettinata e con quali fiori dovrà essere addobbata la chiesa; suggerissce i canti e le letture della Messa. Vuole che il rito sia una festa. Le ultime sue parole: "Mamma sii felice, perché io lo sono. Ciao!". Muore all'alba del 7 ottobre 1990. E' "venerabile" dal 3 luglio 2008. E' stata beatificata il 25 settembre 2010 presso il Santuario del Divino Amore.

I santi ci parlano della coerenza di vita con la forza del Vangelo la Beata Chiara ci aiuti a camminare con lo stesso entusiasmo che ha caratterizzato la sua tormentata esistenza.

 

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