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TESTO Il regno di Dio

Ileana Mortari - rito romano  

XI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (14/06/2015)

Vangelo: Mc 4,26-34 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 4,26-34

26Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».

30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».

33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.

Le due parabole del vangelo odierno costituiscono, insieme ad una precedente (vv.3-20), le "parabole del seme", in pratica il discorso in parabole del vangelo marciano.

La parabola è un elemento tipico del discorso di Gesù: non è un discorso immediato, da interpretare alla lettera; si serve di paragoni e similitudini e, poiché Dio rispetta la libertà degli uomini, ha la prerogativa di risultare luminosa per chi ha il cuore aperto al mistero di Dio; mentre rimane enigmatica e oscura per chi non è interessato al Signore e ha l'animo ingombro da altre attrattive.

Nella fattispecie le tre parabole di Marco si riferiscono al Regno di Dio, tematica fondamentale del Nuovo Testamento, che è il caso di illustrare (per quanto è possibile nello spazio di sole due pagine!), inserendo a tempo debito il riferimento alle due parabole della odierna pericope evangelica.

Sulla scorta di Giovanni Barberis, mi pare utile e chiara la seguente illustrazione del tema in oggetto.

L'espressione è di origine veterotestamentaria e designa la signoria di Dio sull'universo e, in particolare, sul popolo di Israele, che a motivo dell'alleanza, è sua proprietà particolare.

La regalità di Dio nei confronti di Israele si manifesta in modo radicalmente diverso rispetto alle varie forme di potere degli uomini. Dio non è un despota, ma esprime la sua signoria nel prendersi cura del popolo, nel proteggerlo dai nemici, nel riunirlo come fa il pastore con il suo gregge.....Lo stesso re di Israele non governa per autorità propria, ma in nome di Dio.

Con il crollo della monarchia, e grazie alla predicazione dei profeti, la grande speranza della nazione giudaica si rivolge al Messia attraverso il quale si instaurerà definitivamente la sovranità di Dio. Allora il regno di Dio abbraccerà tutte le nazioni.

Gesù di Nazaret sarà questo Messia e farà del regno, realtà essenzialmente soprannaturale, l'oggetto principale della sua predicazione. Basti pensare che la formula "regno di Dio" o "regno dei cieli" ricorre più di 160 volte nel Nuovo Testamento.

Ma il Nazareno va ben oltre quel messianismo politico-nazionalista che dominava all'epoca, quando ci si aspettava un Messia che avrebbe liberato Israele dai Romani e ristabilito il regno di Davide: il regno di cui Egli parla designa piuttosto un'azione, cioè la signoria di Dio nel pieno del suo concreto esercizio, la sua regalità efficace e benefica, il Suo amore misericordioso e universale, il Suo intervento salvifico e risolutore, che stabilirà definitivamente giustizia, pace, bontà e armonia sulla terra.

Tale signoria-attività di Dio cresce tra gli uomini, si estende misteriosamente, silenziosamente, ma con sicurezza: è quanto emerge dalle due parabole del vangelo odierno.

La prima parla di un seme che cresce da solo. E' verosimile che un contadino non faccia niente per accudire a tale seme? Forse no; ma la ragione è che Marco vuole porre l'accento su ciò che avviene "automàte"= spontaneamente, da parte della terra: una crescita che ha del prodigioso; del resto proprio questo sgorgare della pianta dal seme ha sempre stupito l'uomo; fuor di metafora, Marco ci dice una cosa bellissima: indipendentemente dalle sciocchezze che fanno gli uomini, il Regno di Dio - cioè la Sua azione benefica - cresce e lo ritroviamo in tutti quegli elementi positivi di bontà, altruismo, giustizia, generosità, servizio, abnegazione, amore, lealtà........che avvengono dentro e anche fuori la Chiesa. Questo perché il Regno di Dio, pur se richiede la collaborazione dell'uomo, è anzitutto grazia e dono, che vanno accolti e, nonostante gli attacchi del male, esso giungerà sicuramente al compimento per la forza irresistibile e misteriosa che lo sostiene.

Anche la seconda parabola parla di un regno che cresce, ma facendo risaltare ancora di più il contrasto tra umili e nascosti inizi (il granello di senape è il più piccolo di tutti i semi del terreno) e l'effetto prodigioso della crescita (diventa la pianta più grande e ricca di rami dell'orto). Fuor di metafora: nonostante gli umili inizi dell'azione di Dio nella persona e nell'opera di Gesù, la sua manifestazione finale condurrà tutta la storia umana nella piena giustizia, pace e libertà.

L'intervento divino si rivela e si attua nella storia attraverso la parola, l'azione e la persona di Gesù. Allora accogliere il Regno è accogliere Gesù e la sua azione: vittoria sui demoni, guarigioni di ammalati, resurrezione dei morti, perdono dei peccati e misericordia verso tutti gli uomini, che - grazie al Messia - potranno addirittura partecipare alla vita stessa di Dio.

C'è però un passo nel 1° vangelo che chiarisce ulteriormente il rapporto tra l'uomo e Dio:

«Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei cieli» (Mt 7,21). Fare la volontà di Dio viene solitamente inteso come un doversi espropriare del proprio libero arbitrio, per eseguire "macchinalmente" quanto comanda il Signore Dio.

Ma non è così.

Un'interessante riflessione di Joseph Ratzinger (alle pagg.176-7 di "Gesù di Nazaret") può aiutarci a capire correttamente la pagina evangelica: "Regno di Dio" significa "signoria di Dio" e ciò significa che la sua volontà è assunta come criterio. E' questa volontà che crea giustizia... Ecco perché Salomone chiede a Dio "un cuore docile" per essere in grado di rendere giustizia e distinguere il bene dal male; "un cuore docile" proprio perché sia Dio e non lui a regnare, perché, se non si è in perfetta sintonia con Dio, non si può esercitare la vera giustizia......Così il regno di Dio viene attraverso il "cuore docile". Allora la preghiera più importante che si può fare perché venga il regno di Dio è: "Facci tuoi, Signore! Vivi in noi! Fa' che "Dio sia tutto in tutti" (cfr. 1°Cor.15,26-28).

A questo punto possiamo affermare che "Regno di Dio" è anche l'insieme degli uomini, pensieri e azioni in cui regna la volontà di Dio. E questa volontà consiste in: bene, amore, giustizia, libertà, fratellanza, solidarietà universale. Purtroppo è sotto gli occhi di tutti quanto nel corso della storia il male sia diffuso e sembri prevalere sul bene; il regno di Dio spesso è davvero nascosto o all'apparenza sconfitto. Il fatto è che la manifestazione piena del Regno è rimandata oltre il tempo, quando il Cristo glorioso vincerà definitivamente il male e la morte e "consegnerà il Regno a Dio Padre" (1° Cor.15,24). Allora la signoria di Dio sarà definitiva e universale e gli uomini saranno pienamente ed eternamente salvi.

 

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