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TESTO Il Sacrificio e il pane di vita

padre Gian Franco Scarpitta  

Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno B) (07/06/2015)

Vangelo: Mc 14,12-16.22-26 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. 14Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

22E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. 25In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

26Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

Il popolo d'Israele, peccatore, riceve la Parola di Dio, alla quale si sottomette con religioso ossequio prestando attenzione ed esprimendo il proposito di osservare quanto ascoltato. Il sangue di un giovenco, versato in parte sull'altare e in parte sul popolo sottende all'affrancamento dal peccato e alla realizzazione di un patto di alleanza: Dio comunica con l'uomo e questi si dispone a camminare in perenne sua sequela. Dio realizza nel sangue di una vittima animale il rapporto di comunione con il popolo d'Israele. Questa è voluta dal Signore non già per una sua soddisfazione personale o per un mero esercizio del potere incontrastato suo proprio, ma per una necessità intrinseca in cui versa Israele: peccatore, non irreprensibile e atto alle ripetute infedeltà, ha bisogno di essere reso oggetto dell'amore di comunione con cui il Signore gli si presenta gratuitamente e di godere sempre di questo rapporto di intimità. Il sangue è l'elemento che suggella questo patto definitivo fra Dio e l'uomo. Così come nel Nuovo Testamento il Sangue di Cristo, Agnello Immolato, sancirà la Nuova Alleanza per la quale l'uomo è riscattato dalla schiavitù del peccato e rigenerato a nuova vita. Come dice Giovanni, "lo Spirito l'acqua e il sangue rendono testimonianza" (1Gv 5, 7) perché scaturiscono tutti dalla morte del Cristo sulla croce. Lo Spirito viene reso da Gesù al momento della morte; il sangue, simbolo dell'Eucarestia, è effuso sul legno per il riscatto di tutti; l'acqua che assieme al sangue sgorga dal costato trafitto dalla lancia, simboleggia il Battesimo di rigenerazione per la vita eterna. Un particolare riguardo viene dato, nella Parola e nella liturgia odierna, al sangue che viene mensionato, con il quale Cristo realizza l'alleanza con il suo popolo rendendo appunto testimonianza dell'amore del Padre nei confronti del suo popolo. Come si è accennato, esso è allusivo all''Eucarestia. Essa è in effetti il memoriale della passione e della morte di Gesù, che, celebrato sull'altare, ripresenta lo stesso Sacrificio realizzato sul Golgota una volta per tutte e preannunciato la sera del congedo a Gerusalemme: si ripropone alla Mensa eucaristica la morte del Signore sulla croce, anche se non più nella forma visibile. Il Sangue di Cristo, presente sull'altare al momento delle parole della consacrazione, ci rammenta, facendolo rivivere attualmente, il fatto che Cristo sulla croce ci ha redenti e riscattati come vero Agnello, in sostituzione delle vittime animali.

Il ripresentarsi dell'unico sacrificio di Cristo non può non renderci compartecipi del suo dolore sulla croce. Anche noi cioè, partecipando all'Eucarestia, dovremmo associarci al suo patire per tutta l'umanità, facendo nostro quel dolore per noi è diventato motivo di guarigione. Non sarà mai abbastanza quindi che durante la consacrazione restiamo concentrati e raccolti per rivivere, anche se nella fede, lo stesso atto sacrificale del Figlio di Dio sulla croce. Dovremmo in teoria atteggiarci come se esso ci si ripresentasse materialmente, ossia nella forma visibile avvenuta centinaia di anni or sono, e comunque evitare ogni sorta di distrazione e di indifferenza che non di rado si nota nelle nostre chiese quando il sacerdote consacra pane e vino. La nostra fede dovrebbe essere talmente forte da farci davvero riscontrare la presenza di Gesù che mostra nuovamente la propria immolazione di croce al punto che in quel preciso istante in cui avviene la consacrazione del Corpo e (soprattutto) del Sangue del Signore, non dovremmo dare spazio ad altro pensiero se non a Questi.

Alle parole "Questo è il calice del mio Sangue" avviene infatti che il vino presente sul calice diventa l'effettivo Sangue del Signore crocifisso, anche se le sue caratteristiche continuano ad essere quelle del frutto della vite: odore, colore e sapore saranno sempre quelle, ma la Sostanza si muta radicalmente. Il Sangue vero di Cristo immolato ci si ripresenta con la passione del Crocifisso nel mistero della presenza reale dell'altare, perché noi condividiamo al suo carattere di sofferenza e di espiazione per trarne vantaggio duraturo nella vita di tutti i giorni.

Prima ancora che nel Sangue, Cristo presenzia anche nel pane, da egli stesso indicato come il luogo della presenza effettiva del Suo Corpo. Già nella moltiplicazione dei pani e nel conseguente discorso sul "pane vivo disceso dal cielo", Gesù dimostrava ai Giudei di essere egli stesso l'alimento essenziale di vita e di voler proporsi a tutti quale cibo di cui nutrirsi materialmente: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà in sé la vita e io lo resusciterò nell'ultimo giorno... La mia carne è vero cibo, il mio sangue è vera bevanda."(Gv 6, 53 - 58)

Sulla prefigurazione di Melkisedek che offrì pane e vino al ritorno della battaglia dei re quale sacerdote del Dio altissimo (Gen 14, 18 - 19), Gesù nel pane e nel vino offre se stesso risolutamente come alimento di vita e mentre nella famosa Cena di commiato annuncia che "Questo è il mio Corpo" (che significa realmente "Questo sono io") invita tutti a mangiare di lui, a trarre nutrimento della sua carne. Aggiunge poi "Fate questo in memoria di me". Con queste ultime parole afferma di voler perpetuare il sacrificio del Golgota attraverso ogni celebrazione eucaristica che si celebrerà in tutto il mondo fino alla fine dei tempi. Egli è con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28, 20) e la sua presenza sarà reale e sostanziale nel Sacramento del pane e del vino. Anche Paolo ci invita a eseguire il monito di Cristo annunciando la sua morte e la sua resurrezione con il Sacramento del pane e del vino "finché egli venga"(1Cor 11, 26 - 28) e mentre noi attendiamo il ritorno glorioso del Signore nel giorno che non conosciamo, consci della sua presenza reale, ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue dopo aver assistito al ripresentarsi del suo sacrificio sull'altare. La partecipazione all'Eucarestia e l'alimentarsi di Cristo pane vivo disceso dal cielo che ci si offre come alimento ci dischiudono le porte alla verità introducendoci alla comunione con il Padre per mezzo del Figlio per opera dello Spirito Santo arrecando quindi in noi stessi la vita divina. L'alimento del pane vivo ci offre di conseguenza la prospettiva della vita in Dio in tutte le nostre azioni quotidiane e nel vissuto di tutti i giorni. E' in forza del Cristo ricevuto che noi riceviamo costanza e coraggio nelle vicende e nei problemi che la vita ci riserva tutti i giorni ed è lo stesso Signore ad operare in noi perché in tutte le battaglie risultiamo vincitori. Parafrasando un'asserzione teologica ben nota, "l'Eucarestia fa la vita e la vita fa l'Eucarestia."

 

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