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TESTO Resta con noi, Signore

mons. Antonio Riboldi

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) - Cristo Re (21/11/2004)

Vangelo: Lc 23,35-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 23,35-43

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] 35il popolo stava a vedere; i capi invece lo deridevano dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». 36Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto 37e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». 38Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». 40L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? 41Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». 42E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». 43Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Come la natura ha il suo anno solare con le sue stagioni, in modi, vari tutte contenenti la sapienza della creazione e della vita, così la Chiesa di Dio ha il suo anno liturgico, ossia scandisce il mistero della salvezza, opera meravigliosa di Dio, con la missione di Gesù tra di noi.

E' la storia del nostro andare verso la maturità dell'anima, che è la nostra santificazione, facendoci plasmare dalla Grazia.

Il Padre, che Gesù definisce "vignaiolo", non si stanca di curare la sua vite, perché porti frutti, a volte potandola, perché porti molti frutti.

E' chiaro che, senza la presenza di questo meraviglioso vignaiolo, la vite rischierebbe di diventare una sterpaglia da bruciare. Da qui l'odierna solennità chiamata di "nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo".

Il libro di Samuele descrive, con molta efficacia, come la nostra vita deve essere "una cosa sola" per l'intima unione che ci unisce a Cristo, con queste parole: "In quei giorni, vennero tutte le tribù d'Israele da Davide in Ebron e gli dissero: Ecco noi ci consideriamo come tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: Tu pascerai Israele mio popolo, tu sarai capo in Israele" (2 Sm. 1-3).

Abituati ad assistere a varie "regalità terrene", che sembra abbiano di mira solo il potere, considerandoci poco meno di 'cosé, amanti di essere servite più che di servire, ci meraviglia il modo di essere nostro Re, il nostro tutto, di Gesù. Lo ha spiegato molto bene nelle parabole: basta pensare a quelle del buon pastore, che si preoccupa della pecora smarrita e la va a cercare, mettendosela sulle spalle e facendo festa: o alla parabola del padre misericordioso, che attende il figlio prodigo. O ancora meglio alla lavanda dei piedi, nell'ultima cena, dove afferma: "Sono venuto per servire e non per essere servito". O ancora di più nel farsi nostro cibo e bevanda nella Eucarestia, annientandosi in noi, perché noi viviamo della sua vita. Un Re, insomma, che ha cura di ciascuno di noi e del quale è impossibile fare a meno. E' sempre così vicino, soprattutto quando siamo smarriti, come fece con i due discepoli di Emmaus. Tiene loro compagnia, li rincuora, ricordando le Scritture ed, alla fine, alla loro preghiera: "Rimani con noi, perché si fa sera", entra con loro e spezzando il pane, si fa riconoscere...

Il Vangelo di oggi ce lo descrive nel momento in cui, agli occhi degli uomini, era uno sconfitto, degradato, ridotto ad avere perso ogni dignità e connotato di uomo, e lì, come davanti a Pilato, afferma la sua regalità. Una regalità che è dono totale di amore. Meraviglioso Dio! Tutto e solo amore, che non teme di stare vicino a noi e servirci, donandoci serenità, gioia: la gioia di godere del suo amore divino.

E' davvero il "Re" che dovremmo cercare, amare, cui affidarsi senza nessun timore, ma facendoci riempire della sua felicità.

In tante liturgie si canta: "Tu sei la mia vita, altro io non ho". Ma è ancora così? Cosa rappresenta Gesù per ciascuno di noi? Il grande, irrinunciabile amico cui affidarsi totalmente? o nessuno, niente?

Ci ha commossi la continua, incessante esortazione del S. Padre che, nella nuova costituzione, che vorrebbe essere l'anima della politica europea, non solo si ricordassero le radici cristiane dell'Europa - ed è storicamente così - ma che Cristo ispirasse l'azione politica che, per sua natura, è un servizio all'uomo, questa diletta creatura di Dio. E non è capito ed ascoltato. Si preferisce ignorarlo e mettere al suo posto valori umani che sappiamo tutti come possono essere ignorati, se conviene agli interessi immediati, o calpestati, come è nella mancata difesa alla vita, addirittura nel cercare di dare la vita solo a chi risulterà dal DNA sano e bello, proprio come faceva Hitler, o calpestando il valore del matrimonio e della famiglia, che pure sono i pilastri della società.

Ma, nonostante tutto questo, sta venendo fuori una nostalgia di Dio, che la dice lunga sulla nostra natura fatta a misura di Dio e non di uomo. "Il mondo, - affermava Paolo VI, nella Quaresima del 1955, cardinale a Milano - dopo aver dimenticato e negato Cristo, lo cerca. Ma non lo vuole cercare dove è. Lo cerca tra gli uomini mortali, ricusa di adorare Dio che si è fatto uomo, e non teme prostrarsi servilmente davanti all'uomo che si fa Dio. Il desiderio di trovare un uomo sommo, un prototipo dell'umanità, un eroe di completa virtù, un profeta di nuovi destini, un liberatore di ogni schiavitù, assilla oggi le generazioni inquiete, che forti di qualche sconsacrato frammento di verità tolto al Vangelo, creano limiti effimeri, agitano inumane politiche, preparano così grandi catastrofi.

Dall'inquietudini degli spiriti laici e ribelli e dall'aberrazione delle dolorose esperienze umane, prorompe fatale una confessione al Cristo assente: di te avremmo bisogno. Di te abbiamo bisogno, dicono anche altre voci isolate e disperate; ma sono molte, oggi, e fanno coro. E' una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto, di pensosi che intravedono qualche evanescienza di Cristo, di generosi che da Lui imparano il vero eroismo, di sofferenti che sentono la simpatia per l'uomo dei dolori, di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura, di onesti che riconoscono la saggezza del vero Maestro, di volenterosi che sperano di incontrarlo sulle vie diritte del bene, di convertiti, infine, che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averLo trovato".

E Gesù, ancora oggi, con tutta la sua maestà e dolcezza, pare continui la sua strada tra tutti gli uomini, in ogni posto, nel mondo, mostrando la sua regalità nelle innumerevoli 'voci' che parlano di Lui e sono i tanti santi del nostro tempo; le tante anime semplici che con naturalezza dicono 'Gesù sei la mia vita, il mio tutto'. E' infaticabile il cammino di Gesù tra gli uomini di oggi, come il Pastore che cura le anime vicine; ma si preoccupa di tanti, che si sono persi. Ed è commovente anche solo pensare che non siamo noi, molte volte, a cercare Lui, come sarebbe ragionevole, ma è Lui, infinita bontà di un Padre, a cercare noi.

Troppe volte, più per ignoranza che per cattiveria, nella necessità che sentiamo di avere un amico ed un maestro, che davvero riempia il cuore, cerchiamo 'amici' che troppe volte, dopo averci deluso, con estremo disinteresse ci lasciano svuotati di tutto. E la voglia di amore diventa una sete sempre più forte. L'abbiamo vicino "l'AMICO" che, con delicatezza tipica di chi sa cosa significa amare, si fa vicino con dolcezza. Ma non ce ne accorgiamo o non vogliamo accorgercene. Ascoltiamo la Sua voce! E, con Madre Teresa di Calcutta, preghiamo:

"Gesù mio, aiutami a diffondere la tua fragranza ovunque io vada. Infondi il tuo Spirito nella mia anima e riempila del tuo amore, affinché penetri nel mio essere in modo così completo che tutta la mia vita possa essere fragranza e amore trasmesso e visto in me, e ogni anima con cui vengo in contatto possa sentire la tua presenza nella mia anima e poi guardare in su e non vedere più me, ma Gesù.

Resta con me e io comincerò a brillare della tua luce. A brillare per essere luce per gli altri".
Se si fa dono e gioia per chi davvero soffre ed è povero.

Ai primi tempi delle comunità cristiane, sedendosi a tavola o consumando i pasti insieme, come una vera Eucarestia, c'era l'abitudine di lasciare un posto libero e la preghiera era: "Vieni, Signore Gesù". Programmando il nostro Natale, anche noi facciamo posto, con la nostra generosità, a chi non conosce posti a tavola, perché sono poveri.

E' allora, e solo allora, che conosceremo la 'grandissima gioia' che fu dei pastori al ritorno dalla visita a Gesù, che giaceva nella mangiatoia.

Che sia così il nostro Natale. E' così che si fa spazio a quella pace, che gli Angeli cantarono in coro ed auguro cantino sulle vostre case: "Gloria a Dio in cielo e pace in terra agli uomini che Dio ama".

 

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