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TESTO Coraggiosi per grazia

don Elio Dotto  

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/11/2004)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

È senza dubbio imbarazzante la pagina evangelica di domenica prossima (Lc 21,5-19): soprattutto per noi cristiani «moderni» che volentieri riduciamo il Vangelo ai luoghi comuni dell'amore vicendevole e della tolleranza. Qui si parla infatti di guerra e di violenza: «si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno...». Vengono alla mente le tensioni internazionali a cui assistiamo quotidianamente; e si affaccia ai nostri occhi lo spettro del terrorismo sempre in agguato.

Noi cristiani «moderni» siamo dunque tentati di voltare pagina, e di non confrontarci con questo brano cruento del Vangelo di Luca. E tuttavia credo che non possiamo evitare una simile Parola, anche se è inquietante: anzi, proprio perché è inquietante essa ci interpella. A tale proposito non dovremmo mai dimenticare l'ammonimento di Gesù: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada» (Mt 10,34).

Appunto questa – in verità – è l'esperienza di chi intraprende il cammino della fede: esattamente come accadde in quel tempo a Maria, la cui vita fu attraversata da una spada, secondo la profezia del vecchio Simeone (cfr Lc 2,35). Il credente, infatti, viene risvegliato dal sonno dell'indifferenza e della superficialità: e dunque sente più di altri la paura e lo smarrimento. «Sarete traditi perfino dai genitori – conferma Gesù – e metteranno a morte alcuni di voi; sarete odiati da tutti per causa del mio nome». Ma il credente – se è davvero tale – possiede anche la virtù del coraggio: e non è poco.

A questo riguardo viene in mente la battuta di don Abbondio ne I Promessi Sposi: «Il coraggio, uno non se lo può dare» (XXV,390). L'espressione certo venne usata da Manzoni per connotare in negativo la figura del povero curato lombardo; eppure essa dice una grande verità. Perché effettivamente il coraggio uno non se lo può dare da solo, neanche se è credente. Coraggiosi si diventa invece per grazia: «mettetevi bene in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò lingua e sapienza a cui tutti i vostri avversari non potranno resistere, né controbattere».

In fondo, proprio quando si vuole difendere da soli la propria vita si diventa paurosi: perché subito tale impresa appare impossibile e proibitiva. In questo caso si impara in fretta a chiudere gli occhi, facendo finta che i problemi non ci siano, e spacciando per coraggio questa avventatezza. Ma in tal modo la paura non viene superata, ma soltanto intorpidita.

E invece la perseveranza della fede può superare la paura: perché nella prospettiva di chi ha fede è più appagante rischiare la vita che trattenerla gelosamente per sé. È un po' quello che accade ai bambini piccoli, i quali certo hanno molte paure, ma riescono a superarle grazie alla fiducia innata che dimostrano nei confronti del mondo che li circonda: essi infatti familiarizzano volentieri quasi con tutti, perché ancora credono alla fondamentale bontà della vita. Noi invece – sospettosi come siamo (spesso giustamente, per carità) – non ci crediamo più: ma possiamo sempre imparare a crederci di nuovo alla scuola del Maestro di Nazareth.

 

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