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TESTO Commento su Gv 10,11

Casa di Preghiera San Biagio FMA  

IV Domenica di Pasqua (Anno B) (26/04/2015)

Vangelo: Gv 10,11-18 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

"Il buon pastore dà la propria vita per le pecore".
Gv 10,11

Come vivere questa Parola?
Questa espressione è di Gesù, veicolata a noi nel Vangelo di Giovanni. E molti di noi la sa talmente a memoria che non suscita più né emozioni né riflessioni.
Ecco, anzitutto scuoto la ‘polvere' del risaputo, di quel che giace nella memoria come in deposito che finisce fuori uso. E sono ‘nuove' di fronte all'eterna novità di questo brano.
Non importa se la realtà socio-culturale di oggi ha poco a che fare con l'occupazione del pastore, con le pecore e con scene idilliache familiari a un tempo e a uno stile di vita del passato.
Il Buon Pastore è qui: Gesù vivo e vero in questa sua asserzione. Quando l'ha pronunciata era pienamente consapevole di quel che stava per vivere: la sua salita al Calvario, con tanto di croce sulle spalle, le irrisioni, gli sputi della soldataglia e finalmente quel dare fin l'ultima goccia del proprio sangue sul patibolo più malfamato: appunto la croce.
Ma Gesù s'identifica al pastore per esprimere l'appassionata tenerezza che Egli nutre per le deboli e povere creature che siamo noi: un amore tutt'altro che ‘parolaio'. Anche poeti pensatori e filosofi della grande cultura greco-romana avevano esaltato l'amore espresso dalla volontà pronta a dare perfino la vita. Ma quanti l'hanno poi vissuto?
Ecco, Tu Signore Gesù, Tu non solo ne hai fatto cenno quando ciò era già una prospettiva di dono estremo nel cuore, ma hai vissuto fino in fondo la sublimità del dono.
Ti chiedo oggi una cosa sola: non permettere che questa sia ormai una tranquilla acquisizione memorizzata e sbiadita nel tempo.

Dammi un cuore nuovo e vivo. Rendimi consapevole e impegnata io stessa a fare della mia vita un quotidiano dare me stessa, dare amore nell'impegno di ogni giorno.

La voce di Papa Francesco
"Alla radice di ogni vocazione cristiana c'è questo movimento fondamentale dell'esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi, uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova terra".
Messaggio nella giornata di preghiera per le vocazioni 2015: La vocazione è un "esodo" da sé verso Dio e i poveri

Sr Maria Pia Giudici, FMA - info@sanbiagio.org

 

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