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TESTO Per voi sorgerà il sole di giustizia

mons. Antonio Riboldi

XXXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (14/11/2004)

Vangelo: Lc 21,5-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 5mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: 6«Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».

7Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». 8Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».

10Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.

12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.

Quante volte, di fronte ad avvenimenti che scuotono la coscienza del mondo e la fanno temere, come si trovasse di fronte ad una incombente catastrofe generale, sentiamo dire: "E' la fine del mondo!". Sarà forse il disordine morale, che sembra avere soppiantato le regole d'oro, che Dio ci aveva donato come patto di amicizia, con i dieci comandamenti, o le terribili notizie che dominano le televisioni ogni giorno; sarà forse l'arsenale di bombe atomiche, capaci di annientare questa bella e povera terra; saranno le tante guerre che mai hanno una ragione o, se l'hanno, è solo la perdita della ragione; sarà la fame, la sete, che fa morire tanta gente ogni giorno; ma in tanti, troppi, si alza la persuasione che si è vicino alla fine del mondo.

Ma la verità è che questa supposta fine del mondo, in parte, inconsciamente, la compiamo noi, con il nostro a volte sconsiderato modo di vivere.

Giustamente non è possibile pensare ad un futuro di giustizia e di pace fino a che si coltiverà l'egoismo personale o sociale. Non è possibile sognare una terra, la nostra meravigliosa terra, fino a che sconsideratamente noi la avveleniamo con quello che si definisce buco d'ozono, causato dalle infinite scorie di veleno che produciamo. Non ci rendiamo conto che, avvelenando il nostro pianeta, con il produrre sempre veleni, alla fine non si può ottenere un pianeta "sano". Sembra quasi che la corsa al profitto, a tecnologie insensate, che sono contro l'uomo, prevalga sul rispetto alla salute dell'uomo, alla sua vita. Si ha l'impressione che si abbia più a cuore il bene di una banca che il bene dell'uomo.

E di fronte a tante catastrofi naturali è giusto preoccuparci. Ma a nulla serve la nostra preoccupazione, se non avviene in noi un cambiamento radicale del comportamento, personale, sociale, solidale, morale.

Ascoltiamo quello che oggi ci dice il profeta Malachìa: "Così dice il Signore: "Sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia, saranno come paglia; quel giorno venendo li incendierà - dice il Signore degli eserciti - in modo da non lasciar loro né radice, né germoglio. Per voi, invece, cultori del mio nome, sorgerà il sole della giustizia" (Mal. 4, 1-2).

E' veramente il tempo di guardarci 'dentrò, per vedere se in noi ci sono germi o segni di una vita sbagliata, se confrontata con la giustizia divina, e avere il coraggio di cambiare rotta, che è il dono della conversione.

"Avvertiamo - affermava Paolo VI, nell'aprile del 1971 – nell'umanità un bisogno doloroso, e in un certo senso profetico, di speranza, che è il respiro della vita. Senza speranza non si vive. L'attività dell'uomo è maggiormente condizionata dall'attesa del futuro, che dal possesso del presente.

L'uomo ha bisogno di incoraggiamento, direi giustamente, di gioia futura. L'entusiasmo, che è la molla dell'azione e del rischio, non può sorgere che da una speranza forte e serena. Ha bisogno l'uomo di ottimismo sincero, non illusorio.

Ebbene, uomini, amici che mi ascoltate, noi siamo in grado oggi di rivolgere a voi un messaggio di speranza. La causa dell'uomo non solo non è perduta, ma è in sicuro vantaggio. Le grandi idee, che formano i fari del mondo moderno, non si spegneranno. L'unità del mondo si farà. La dignità della persona umana sarà, non solo formalmente, ma realmente, riconosciuta. L'intangibilità della vita umana, dal seno materno alla vecchiaia, avrà comune ed efficace suffragio. Le indebite disuguaglianze sociali saranno colmate. I rapporti tra i popoli saranno pacifici, ragionevoli e fraterni. Non l'egoismo, non la prepotenza, non la licenza dei costumi, non l'ignoranza impediranno d'instaurare un vero ordine umano, un bene comune, una civiltà nuova. La speranza non si spegnerà, appunto per la virtù di questo segreto, che è l'annuncio pasquale. Ogni speranza si fonda sopra una certezza, sopra una verità che nel dramma umano non può essere solo sperimentale...Non è un sogno, non è un'utopia, non è un mito: è realismo evangelico. E su questo realismo noi credenti fondiamo la nostra concezione della vita, della storia, della civiltà stessa terrena, che la nostra speranza trascende, ma nello stesso tempo spinge alle sue ardite e fidenti conquiste" (11 aprile 1971).

Non erano certamente tempi di ottimismo quelli in cui Paolo VI ci donava questo autentico testamento della speranza, che va oltre il nostro continuo pessimismo e le nostre paure, che sembrano siano la nebbia del cuore, che impedisce di vedere il sereno che è 'oltre', là dove si mostra la potenza del Dio, che ha nelle sue provvide e amorose mani il futuro dell'uomo e dell'umanità.

A tanti di noi, che credono solo nell'uomo, anziché nella potenza del Padre e nella sua provvidenza che guida le sorti di tutti e di ciascuno, può sembrare illusorio l'ottimismo, anzi la certezza che viene dalla fede nel Risorto. Più facile affidarsi all'imbroglio dei vari indovini, che non hanno assolutamente il potere di predire il futuro, che è solo nelle mani di Dio. Hanno il "potere" di illuderci: una illusione che è una frode alla nostra speranza e tante volte un modo di arricchirsi.

Ci avverte oggi Gesù nel Vangelo: "Verrà giorno in cui di tutto quello che ammirate, non resterà pietra su pietra che non venga distrutta...

Guardate di non lasciarvi ingannare. Molti verranno sotto il mio nome dicendo: "Sono io" e "Il tempo è prossimo": non seguiteli. Vi perseguiteranno, metteranno le mani su di voi consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, a causa del mio nome. Questo vi darà occasione di rendere testimonianza...Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà" (Lc. 21,5-19). Sembra che Gesù voglia quasi dipingere le difficoltà che gli uomini sanno porre per impedire il cammino della speranza, che gli uomini, "cultori del nome di Dio"; quali dovremmo essere noi, cercano di creare.

La storia ci insegna come i santi, "i cultori del nome di Dio", hanno vissuto come immersi nell'ottimismo, che è il naturale ambito della speranza. E dovremmo essere tutti così, mettendo al bando quella voglia o paura di catastrofismo, che. ammorba l'aria. Lasciamolo ai massmedia, che pare non conoscano che il gusto della catastrofe, ignorando quella grande foresta del futuro, che tantissimi fanno crescere nel silenzio, obbedendo al proverbio "fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce".

Che senso potrebbe avere proclamare il Vangelo, Buona Novella di Dio, piena di gioia, quella dei seguaci di Gesù, privandolo dell'ottimismo che è nella silenziosa opera che il Padre tesse giorno per giorno, a dispetto delle nostre malvagità? Non esiste un Vangelo 'pessimistà: possono esistere cristiani o predicatori pessimisti, che senza saperlo spengono la gioia della Buona Novella. La gente ha bisogno di sentire, oggi, parole di speranza che vengano da Dio, e Dio le dona in abbondanza. Su quella parola fondiamo l'esistenza.

Abbiamo mai visto o sentito qualche 'uomo o donna di Dio, veri cultori del suo nome?' Abbonda sempre in loro il sorriso, che è la verità della speranza.

Voglio offrirvi il testamento di Martin Luther King: "Oggi nella notte del mondo e nell'attesa della Nuova Notizia, io affermo con forza la mia fede nel futuro della umanità. Rifiuto di credere che nella situazione attuale gli uomini non siano capaci di migliorare la terra.

Rifiuto di credere che l'essere umano sia un fuscello di paglia trasportato dalle correnti, senza la possibilità di influire minimamente sul corso degli eventi. Credo che la verità e l'amore senza condizioni avranno l'ultima parola. Credo fermamente che, anche tra le bombe che scoppiano e i cannoni che sparano, resta viva la speranza di un domani più sereno.

Oso credere che un giorno tutti gli abitanti della terra riceveranno tre pasti al giorno per nutrire il corpo, istruzione e cultura per nutrire lo spirito, uguaglianza e libertà per una convivenza più umana".

Sembra proprio uguale al "credo" di Paolo VI. I grandi credenti sanno costruire e credere nella speranza. Vorremmo essere uno di loro.

 

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