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TESTO Unica certezza, la Croce

don Alberto Brignoli  

Venerdì Santo (Passione del Signore) (03/04/2015)

Vangelo: Gv 18,1- 19,42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Dopo aver detto queste cose, Gesù uscì con i suoi discepoli al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino, nel quale entrò con i suoi discepoli. 2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel luogo, perché Gesù spesso si era trovato là con i suoi discepoli. 3Giuda dunque vi andò, dopo aver preso un gruppo di soldati e alcune guardie fornite dai capi dei sacerdoti e dai farisei, con lanterne, fiaccole e armi. 4Gesù allora, sapendo tutto quello che doveva accadergli, si fece innanzi e disse loro: «Chi cercate?». 5Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono io!». Vi era con loro anche Giuda, il traditore. 6Appena disse loro «Sono io», indietreggiarono e caddero a terra. 7Domandò loro di nuovo: «Chi cercate?». Risposero: «Gesù, il Nazareno». 8Gesù replicò: «Vi ho detto: sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano», 9perché si compisse la parola che egli aveva detto: «Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato». 10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori, colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11Gesù allora disse a Pietro: «Rimetti la spada nel fodero: il calice che il Padre mi ha dato, non dovrò berlo?».

12Allora i soldati, con il comandante e le guardie dei Giudei, catturarono Gesù, lo legarono 13e lo condussero prima da Anna: egli infatti era suocero di Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno. 14Caifa era quello che aveva consigliato ai Giudei: «È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo».

15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme a un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote ed entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote. 16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro. 17E la giovane portinaia disse a Pietro: «Non sei anche tu uno dei discepoli di quest’uomo?». Egli rispose: «Non lo sono». 18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.

19Il sommo sacerdote, dunque, interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e al suo insegnamento. 20Gesù gli rispose: «Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto. 21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto». 22Appena detto questo, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: «Così rispondi al sommo sacerdote?». 23Gli rispose Gesù: «Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male. Ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?». 24Allora Anna lo mandò, con le mani legate, a Caifa, il sommo sacerdote.

25Intanto Simon Pietro stava lì a scaldarsi. Gli dissero: «Non sei anche tu uno dei suoi discepoli?». Egli lo negò e disse: «Non lo sono». 26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: «Non ti ho forse visto con lui nel giardino?». 27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Condussero poi Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio, per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29Pilato dunque uscì verso di loro e domandò: «Che accusa portate contro quest’uomo?». 30Gli risposero: «Se costui non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato». 31Allora Pilato disse loro: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra Legge!». Gli risposero i Giudei: «A noi non è consentito mettere a morte nessuno». 32Così si compivano le parole che Gesù aveva detto, indicando di quale morte doveva morire.

33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». 34Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». 35Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». 36Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». 37Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce». 38Gli dice Pilato: «Che cos’è la verità?».

E, detto questo, uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui colpa alcuna. 39Vi è tra voi l’usanza che, in occasione della Pasqua, io rimetta uno in libertà per voi: volete dunque che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». 40Allora essi gridarono di nuovo: «Non costui, ma Barabba!». Barabba era un brigante.

1Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare. 2E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora. 3Poi gli si avvicinavano e dicevano: «Salve, re dei Giudei!». E gli davano schiaffi.

4Pilato uscì fuori di nuovo e disse loro: «Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui colpa alcuna». 5Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».

6Come lo videro, i capi dei sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io in lui non trovo colpa». 7Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una Legge e secondo la Legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio».

8All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura. 9Entrò di nuovo nel pretorio e disse a Gesù: «Di dove sei tu?». Ma Gesù non gli diede risposta. 10Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». 11Gli rispose Gesù: «Tu non avresti alcun potere su di me, se ciò non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato a te ha un peccato più grande».

12Da quel momento Pilato cercava di metterlo in libertà. Ma i Giudei gridarono: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque si fa re si mette contro Cesare». 13Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette in tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14Era la Parasceve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». 15Ma quelli gridarono: «Via! Via! Crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i capi dei sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare». 16Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.

Essi presero Gesù 17ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo detto del Cranio, in ebraico Gòlgota, 18dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù in mezzo. 19Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: «Gesù il Nazareno, il re dei Giudei». 20Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove Gesù fu crocifisso era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco. 21I capi dei sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: «Non scrivere: “Il re dei Giudei”, ma: “Costui ha detto: Io sono il re dei Giudei”». 22Rispose Pilato: «Quel che ho scritto, ho scritto».

23I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti, ne fecero quattro parti – una per ciascun soldato – e la tunica. Ma quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. 24Perciò dissero tra loro: «Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca». Così si compiva la Scrittura, che dice:

Si sono divisi tra loro le mie vesti

e sulla mia tunica hanno gettato la sorte.

E i soldati fecero così.

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.

28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

38Dopo questi fatti Giuseppe di Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto, per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù. 39Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. 40Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura. 41Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. 42Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.

Viviamo nell'incertezza e nell'insicurezza. E mai come in questo periodo il mondo intero avverte un senso di totale instabilità rispetto a tutte quelle che sono le attività umane che vi si svolgono, ordinarie o straordinarie che esse siano.

Sali su un aereo per fare ritorno a casa tua dopo un periodo passato all'estero per lavoro, per studio, per divertimento o per uno scambio culturale, e una persona apparentemente normale, come te, a cui però viene affidata la responsabilità di ricondurti alla destinazione finale in tutta sicurezza, ti porta con sé nel suo istinto follemente lucido di farla finita con se stesso e con il mondo: e poco gli importa della tua giovane età, della tua fama, o del figlio di pochi mesi che hai tra le braccia, perché nulla conta, per lui, se non la sicurezza di smettere di vivere.

Ti rechi in vacanza, sperando che il luogo che hai scelto tra i tanti che ci sono nel mondo sia un luogo tranquillo e libero da situazioni conflittuali, anche perché ti vuoi godere questo momento magari atteso a lungo perché ora la pensione te lo permette, dopo una vita di lavoro e di ferie fatte alla bell'e meglio, e mentre stai visitando un museo contemplando la bellezza dell'arte ti ritrovi faccia a faccia con chi mescola arte e bellezza con il terrore, ancor più spaventoso se pensato come strategia in nome di un Dio che lui solo conosce e venera: e poco gli importa che tu non abbia nulla a che vedere con tutte queste faccende politico-religiose di stampo integralista, perché nulla conta, per lui, se non la sicurezza di trasmettere al mondo intero violenza e terrore.

Vai in stazione, e sei costretto ad aprire bene gli occhi, in attesa di salire su un treno, per fare attenzione a valigie lasciate incustodite o a sacchi neri gettati sui binari; ti metti in strada con la tua auto, certo di poter giungere al lavoro in orario, oppure con la tua bici per ritrovare un po' di salute in queste prime, lunghe giornate di primavera, e qualcuno che - invece di utilizzare la strada - è convinto di poterla comandare, per cui impone la sua legge, quella del più forte, del più veloce, del più furbo, ti costringe a rimanere lì, a terra, su quella strada che per te era solo una via, non la meta finale del tuo cammino: e poco gli importa di fermarsi a guardare cosa ti sia successo, perché sulla strada comanda lui, tutto è suo, anche la tua vita.

E non ti va meglio neppure se decidi camminare sui marciapiedi, perché lui può salirvi sopra con l'auto, oppure puoi trovare un suo compagno di follia che ti sferra un pugno per passatempo, facendosi riprendere col telefonino da altri amici sventurati, così, per ridere un po' e far sorridere la rete; se vai a scuola, non parliamone, perché è sufficiente che sei un po' più "secchione" dei tuoi compagni, o che ti vesti diversamente, o che vivi diversamente da loro, o che sei comunque diverso in te stesso o nella tua abilità per attirare l'attenzione di chi non sopporta di essere un fallito, di non valere nulla, di sentirsi meno uomo o meno donna degli altri, e allora vieni pestato, deriso, insultato, alunno o insegnante che tu sia, fa lo stesso per loro. E poco importa che tu non abbia fatto o detto niente di male: sei passato davanti ai loro occhi, ciechi, incapaci di vedere se non il loro fallimento umano, e quindi ti franano addosso con tutta la loro violenza.

C'è una soluzione, grazie a Dio: il tuo rifugio, il tuo nido, la tua casa. Stattene buono lì, e non ti succederà nulla...sempre che tu sia talmente fortunato da non trovarla occupata da abusivi in uno spazio di tempo che dura una spesa al supermercato; o sempre che in casa non ci sia il tuo compagno di una vita accecato dalla gelosia (vera o presunta tale), dall'alcool, dal lavoro perso o semplicemente dalla depressione, e che pensa di risolvere i suoi problemi massacrandoti di botte; o sempre che - nel migliore dei casi - la tua casa non sia stata messa a soqquadro, con i tuoi pochi soldi portati via, i tuoi piccoli tesori di famiglia spariti, ma soprattutto l'intimità del tuo appartamento violata e devastata da chi pensa che la soluzione più facile alla propria miseria sia quella di rendere gli altri miseri come lui, almeno per qualche giorno.

Questa è la nostra sicurezza di ogni giorno? Queste sono le nostre certezze? Andiamo bene...dài, non può essere così! Qualcuno ci deve dare delle risposte, qualcuno si deve preoccupare di noi, qualcuno ci deve avere a cuore! Ci sarà ancora qualche poliziotto altruista, qualche amministratore attento, qualche politico onesto che si preoccupi di noi più che del proprio stipendio o della propria poltrona! E comunque, ci sarà almeno un Dio a cui gridare la nostra disperazione, con il quale prendercela e sfogarci, al quale gridare: "Dio, perché mi hai abbandonato?". Ecco, sì: quest'ultimo c'è, sicuramente esiste, possiamo ancora gridare al nostro Dio la nostra disperazione, almeno lui ci ascolterà, non farà come i passanti indifferenti, che ci vedono in difficoltà e non si impicciano, per evitarsi guai pure loro!

Gridiamo, sì: e il nostro grido giunge agli orecchi di un Dio che, quest'oggi, ci ascolta appeso ad una croce, crocifisso dal bullismo, dalla violenza domestica, dalle auto pirata, dai terroristi di ogni colore, dagli integralisti di ogni bandiera religiosa, dai delinquenti di strada, dai politici indifferenti, dai topi d'appartamento e dai ladri in giacca e cravatta. Anche lui, appeso ad una croce molto simile alle nostre piccole e grandi croci di ogni giorno.

Cercavamo sicurezze e certezze? Eccoci accontentati: la croce come nostra unica certezza. La certezza che, questa volta, insieme con noi vi è appeso pure il nostro Dio. È lui che decide quanto dura la croce, è lui che decide quando è il momento di scendere, è lui che decreta: "Tutto è compiuto".

E noi? Fiducia, solo un po' di fiducia. Le parole ce le suggerisce lui: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito".

 

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