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TESTO Commento su Giovanni 11,1-53

don Michele Cerutti

V domenica di Quaresima (Anno B) (22/03/2015)

Vangelo: Gv 11,1-53 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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1Un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. 2Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. 3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato».

4All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». 5Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro. 6Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. 7Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». 8I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». 9Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; 10ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».

11Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo». 12Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si salverà». 13Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. 14Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto 15e io sono contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». 16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».

17Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. 18Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri 19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. 20Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! 22Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà». 23Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». 24Gli rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». 25Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; 26chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo?». 27Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».

28Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. 30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. 31Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.

32Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». 33Gesù allora, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, 34domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». 35Gesù scoppiò in pianto. 36Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo amava!». 37Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?».

38Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. 39Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». 40Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». 41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. 42Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». 43Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare».

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. 46Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.

47Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. 48Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». 49Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! 50Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». 51Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; 52e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. 53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.

Nella domenica di Quaresima detta della Samaritana, abbiamo identificato Cristo con l'acqua, nella domenica detta del cieco nato Cristo è anche luce: oggi, domenica di Lazzaro, Cristo si identifica nella vita. In questa domenica Gesù ci insegna ad andare oltre quel muro che ci impedisce di vedere oltre.

Il Vangelo, mentre ci racconta la risurrezione di Lazzaro, anticipa la risurrezione di Cristo e indica la meta del nostro pellegrinaggio. La risurrezione di Cristo è vittoria sul male e sulla morte. Facendo risorgere Lazzaro Gesù dice che la risurrezione è la realtà dell'uomo che crede in Cristo. La risurrezione non è solo di Gesù, ma è di tutti.

Quello che voglio mettere in evidenza è la dimensione della commozione di Gesù, una commozione che lo porta a sporcarsi le mani. Portando su di sè la nostra natura conosce la dimensione della commozione. Questo Dio che si fa uomo diventa più familiare a tutti noi.

Quanti episodi ci aiutano a comprendere come Gesù ha avuto sentimenti di compassione. La compassione si esprimeva davanti a chi soffriva di lebbra, ai paralitici, ai ciechi, ai sordi, agli zoppi e agli indemoniati. Gesù prova compassione anche davanti all'adultera che rischiava la lapidazione, fino a davanti alla sofferenza della morte fisica.

Siamo chiamati a ricuperare la dimensione della commozione che non ci fa arrendere.

Le sorelle di Lazzaro dicono: emette già puzza. Vi è una sorta di rassegnazione. Un senso di impotenza porta all'indifferenza.

Gesù non ci invita a rassegnarci, ma a diffondere la speranza scuotendo le nostre insicurezze. Gesù non si preoccupa di dare fastidio. Anche nel brano di oggi la popolarità di Gesù dà fastidio e allora c'è una consultazione nella quale si decide la condanna a morte.

Guai a noi se vivessimo un cristianesimo di paure: la nostra fede non sarebbe credibile. La fede non è ricerca di popolarità, ma è sporcarsi le mani.

Mercoledì vivremo la giornata dei missionari martiri. Questa ricorrenza sarà arricchita dalla beatificazione di Mons. Oscar Romero.

Questo Vescovo è la dimostrazione che il cristianesimo, il suo essere discepoli indipendentemente dal ruolo che si occupa nella Chiesa, va nell'ottica di buttarsi.

Il 15 ottobre 1974 venne nominato vescovo di Santiago di Maria, nello Stato di El Salvador, uno dei territori più poveri della nazione. Il contatto con la vita reale della popolazione, stremata dalla povertà e oppressa dalla feroce repressione militare che voleva mantenere la classe più povera soggetta allo sfruttamento dei latifondisti locali, provocò in lui una profonda conversione.

I fatti di sangue, sempre più frequenti, che colpirono persone e collaboratori a lui cari, lo spinsero alla denuncia delle situazioni di violenza che riempivano il Paese. La nomina ad arcivescovo di San Salvador, il 3 febbraio 1977, lo trovò pienamente schierato dalla parte dei poveri, e in aperto contrasto con le stesse famiglie che lo sostenevano e che auspicavano in lui un difensore dello status quo politico ed economico. Romero rifiutò l'offerta della costruzione di un palazzo vescovile, scegliendo una piccola stanza nella sagrestia della cappella dell'Ospedale della Divina Provvidenza, dove erano ricoverati i malati terminali di cancro.

La morte di padre Rutilio Grande, gesuita, suo amico e collaboratore, assassinato assieme a due catecumeni appena un mese dopo il suo ingresso in Diocesi, divenne l'evento che aprì la sua azione di denuncia profetica, che portò la chiesa salvadoregna a pagare un pesante tributo di sangue.

Vi supplico, vi prego, vi ordino in nome di Dio: cessi la repressione!", gridò all'esercito e alla polizia. Come risposta a questa richiesta gli organi di stampa fedeli al regime pubblicarono una immagine di papa Giovanni Paolo II accompagnata da una frase del pontefice da intendere come monito: "Guai ai sacerdoti che fanno politica nella chiesa perché la Chiesa è di tutti".

Il 24 marzo 1980, mentre stava celebrando la Messa nella cappella dell'ospedale della Divina Provvidenza, fu ucciso da un sicario leader del partito nazionalista conservatore. Nell'omelia aveva ribadito la sua denuncia contro il governo di El Salvador, che aggiornava quotidianamente le mappe dei campi minati mandando avanti bambini che restavano squarciati dalle esplosioni. L'assassino sparò un solo colpo, che recise la vena giugulare mentre Romero elevava l'ostia nella consacrazione.

Durante le esequie l'esercito aprì il fuoco sui fedeli, compiendo un nuovo massacro. Il 6 marzo 1983 Giovanni Paolo II rese omaggio a Romero, venerato già come un santo dal suo popolo, sulla sua tomba, nonostante le pressioni del governo salvadoregno.

Ecco un cristianesimo non da pasticceria, ecco un cristianesimo che si sporca le mani.

 

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