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TESTO Vidi una moltitudine immensa

mons. Antonio Riboldi

XXXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (31/10/2004)

Vangelo: Lc 19,1-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 19,1-10

In quel tempo, Gesù 1entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, 2quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. 4Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. 5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». 6Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. 7Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». 8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». 9Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. 10Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Sono giorni questi in cui la gente si affolla ai cimiteri, per ornare le tombe e quindi prepararsi ad una degna memoria di chi era tra di noi. Una memoria che non può fermarsi ad un gesto esterno, seppure bello, di onore, ma va oltre, là dove noi, che siamo i pellegrini sulla terra, ci incontriamo con chi ha finito il suo cammino e si è incontrato con l'eternità, dove la vita non ha più fine...e quello che importa è chi ci ha fatto dono di questo immenso bene, Dio. Da qui, la visita ai defunti non può essere una esteriorità profana, che esclude il mistero della vita e della morte, ma diventa riflessione e preghiera per chi è accanto a Dio. C'è una ragione della vita, che va ben oltre questa esperienza terrena, che mostra ogni giorno la sua provvisorietà, la sua fragilità. A volte ci fermiamo sui ricordi e diciamo: "come eravamo!..", magari confrontando la bellezza di quando eravamo giovani, con la decadenza inevitabile dell'età.

E il nostro sguardo si spinge su quel piccolo o grande spazio, in cui si raccolgono "polveri" di defunti. Ma sono polveri che ricordano che vi è una comunione di vita che va oltre, ben oltre questa nostra esperienza terrena, in cui a volte affondiamo nel nulla le nostre speranze, dimenticando che la vera ragione, il vero interesse da salvare, è quel farsi condurre dalla speranza, che oltre la morte vi è la vita eterna, dove finalmente se ne siamo degni, si incontra il Padre, la felicità, senza fine, immensa: una felicità che giustifica tutte le sofferenze che abbiamo, con amore e con fede, accettate, come fossero "gradini della scala verso il Cielo".

La grande bellezza della vita, la vera bellezza, è saper leggere, ogni giorno, dietro ogni azione, un racconto di amore verso l'eternità ed il Cielo.

"E' passato al Padre", si legge tante volte sulle lapidi dei defunti. Sì, è vero per tutti, anche per quelli che fanno finta di non credere. Ma si hanno le credenziali giuste? Abbiamo coltivato nella vita un Amore, per meritarlo nella morte? O abbiamo amato ciò che non meritava amore, perché era una illusione che tradiva e conosceva la morte, nello stesso tempo che si proponeva? "Passeremo al Padre". Questa è la certezza che abbiamo davanti, tutti, ogni giorno. Per arrivare a Lui occorre essere capaci di passare per la "porta stretta" della fede, della carità, della santità. Occorre fare della nostra vita una sapiente attesa dello Sposo, come fecero le vergini sapienti, per non sentirci dire, quando busseremo alla sua porta: "Non vi conosco".

Parliamo troppo poco di morte, come questa fosse un folle pensiero da allontanare, quando dovrebbe essere invece il pensiero che ci deve tenere compagnia, ogni giorno. Credo che tutti rifiutiamo, anche il solo pensiero, che siamo nati, sopportiamo l'immane fatica della vita, per essere alla fine solo un pugno di polvere da disperdere nell'aria. Varrebbe la pena di nascere, di legare la nostra vita all'amore nel matrimonio, nei figli, nei nostri amici, per vedere tutto finire nel nulla? Che senso avrebbe ricordare i nostri cari defunti, se non ci unisse loro la certezza che sono vivi, in una vita che non avrà più fine, sperando fermamente di congiungerci con loro, quando sarà il nostro "oggi" vero, per stare insieme e insieme essere felici, una felicità che ripagherà le fatiche della fede, della carità, della speranza, che erano il cibo della nostra esistenza? Quanta gente ho incontrato che ogni giorno vive il ricordo dei suoi cari, dialogando con loro, come fossero vivi, sicuri che sono nella pace? C'è oggi, nella liturgia della parola, un bel brano della Sapienza, che aiuta a guardare con speranza ed ottimismo alla vita, sempre che il nostro sguardo sia fisso in Dio. "Signore, tutto il mondo è davanti a te, è come polvere sulla bilancia, come una stilla di rugiada mattutina caduta sulla terra. Hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi; non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento. Perché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato: se avessi odiato qualcosa, non l'avresti neppure creata. Come potrebbe sussistere una cosa, se Tu non vuoi? O conservarsi, se tu non l'avessi chiamata all'esistenza? Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita, perché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose". (Sapienza: 11, 12-22)

Non si può continuare a vivere senza chiedersi dove sta la bellezza della vita, quella vera, quella del cuore, quella Bellezza che verrà completata da Dio in cielo. E' una Bellezza senza la quale, tutto ciò che noi qui crediamo sia bello, davvero "è vanità delle vanità".

Una Bellezza che è nella ricerca della santità, dono di Dio, e che traspare in tutti quegli atti che si compiono per amore e sono l'annuncio del Paradiso. Fa davvero compassione quell'incredibile e dannosa corsa che porta al nulla.

Il Vangelo di oggi ci offre l'appassionata ricerca di Dio, che vuole farsi "spazio in noi". E' il racconto dello stupendo incontro di Zaccheo con Gesù: la scoperta di ciò che veramente è il Bello da scegliere: seguire Cristo.

Racconta Luca: "Gesù entra in Gerico e attraversa la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.

Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi in casa tua". In fretta Zaccheo scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: "E' andato ad alloggiare da un peccatore!" Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".

Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo: il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto" (Lc. 19, 1-10). E tutti sappiamo che poi Zaccheo seguì Gesù.

C'è in questo racconto l'intreccio di una chiamata alla santità: un intreccio che comincia causalmente, nel passaggio di Gesù per le vie Gerico: un passaggio che attirava molta folla. Una curiosità (che in fondo era un invisibile invito di Dio a farsi incontrare, come capita a tanti anche oggi) da cui parte la voglia di "vedere chi era Gesù". Cosa poteva interessare ad un uomo ricco, capo dei pubblicani, Gesù? Troppe volte la ricchezza impedisce di sapere almeno chi è Gesù, ieri, oggi. Il soldo rende ciechi.

Ma è tanta la curiosità o la spinta che Dio aveva suscitato in Zaccheo, che questi, indifferente a chi forse si chiedeva a che era dovuta la curiosità di Zaccheo, corre avanti a tutti e si fa trovare su un albero di sicomoro, in modo da vederLo bene.

E Gesù, che forse non conosceva, se non per sentito dire, chi era Zaccheo, ma già aveva in animo l'invito alla conversione, anche tra tanta folla, alza gli occhi verso di lui e, subito, senza esitazione, non solo lo chiama, ma si fa invitare a casa sua. Un invito accolto con grandissima gioia. Cosa sia passato nel cuore di Zaccheo, Dio solo lo sa...come lo sanno i tanti che ad un certo punto si sentono attratti da Gesù, che chiede di entrare nella loro casa. Zaccheo vede con gli occhi della fede e dell'amore che la sua ricchezza è come un vestito di cartapesta, che non riempie il cuore e subito si fa povero. Si fa "rivestire della bellezza della santità" e, facendosi povero in spirito, trasforma le sue ricchezze in un cielo di solidarietà. Gli "stracci" diventano davvero gocce di divina speranza per tanti, come è sempre nella carità.

Così fece anche S. Francesco e tanti che, attratti da Gesù, si sono spogliati dagli idoli della terra per indossare gli abiti della santità. Ed è la via che punta direttamente verso la felicità eterna.

Domani la Chiesa celebra la solennità di tutti i Santi, ossia di tutti quelli che qui sulla terra hanno saputo vivere la vita come una attesa dello Sposo per entrare con Lui, al momento di tornare al Padre, nella gloria celeste.

"Apparve una moltitudine immensa - dice l'evangelista Giovanni nella Apocalisse - che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono e all'Agnello"...Allora uno dei vegliardi si rivolse a me e disse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono? e donde vengono?" Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Essi sono coloro che attraverso la grande tribolazione hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell'Agnello" (Ap. 7,9-14).

Certamente in quella moltitudine ci "sono tanti nostri cari, che hanno dato testimonianza di vita, seguendo Gesù, come Zaccheo. Penso a mia mamma, a mio papà, ai miei cari, ma a tanta, tanta gente, che ho ammirato per la "Bella Vita". Certamente ci saranno tanti che abbiamo amato dando loro da mangiare perché avevano fame, vestendoli perché ignudi, aisitati da infermi e carcerati, che sono i grandi amici che ci attendono per farci strada in Cielo.

Ma ci saremo noi? Non è un augurio quello che faccio, ma un invito a farsi trovare da Gesù, che ci cerca sulle nostre strade per convertici, come fece con Zaccheo. Dio non si stanca mai di cercare ognuno di noi per dirci: "Scendi in fretta, oggi voglio entrare nella tua casa".

Ma ci faremo trovare prima che giunga il momento della morte?

Vorrei augurare e pregare per voi, quello che tanti martiri, a cominciare da S. Stefano, dicevano mentre morivano: "Vedo i cieli aperti"

Tutti, e giustamente, temiamo, e di santo timore, quel momento del nostro incontro con Dio, che abbiamo cercato di amare, forse senza riuscirci come avremmo voluto.

Prego con don Tonino Bello: "Santa Maria, donna dell'ultima ora, disponici al grande viaggio. Aiutaci ad allentare gli ormeggi senza paura. Sbriga tu stessa le pratiche del nostro passaporto. Se ci sarà il tuo volto, non avremo più nulla da temere sulla frontiera. Aiutaci a saldare con i segni del pentimento e con la richiesta del perdono, le ultime pendenze nei confronti della giustizia di Dio. Procuraci tu stessa i benefici dell'amnistia, di cui Egli largheggia con regale misericordia. Mettici in regola le carte, insomma, perché giunti alla porta del paradiso essa si spalanchi al nostro bussare".

Che festa allora faremo insieme, e per sempre! Da veri amici di Dio, qui in terra e in paradiso.

 

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