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TESTO Commento su Giovanni 3,14-21

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IV Domenica di Quaresima - Laetare (Anno B) (15/03/2015)

Vangelo: Gv 3,14-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio.

19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. 20Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. 21Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

La Parola di Dio di oggi, quarta domenica di Quaresima, è importantissima e richiede la vostra massima attenzione. Tutti pronti? Bene.

Non è la prima volta che sentiamo nominare Nicodemo... è un nome di origine greca e significa "vincitore tra il popolo".

Il Nicodemo di cui ci parla il Vangelo è uno che vuole andare fino in fondo alle cose, è un fariseo di spicco, un uomo con una certa fama e cultura che è attirato dalla persona e dal messaggio del nostro Maestro ma non riesce ad afferrare chi è Gesù e quale è la sua missione.

Per questo va da lui, ma di notte. Infatti, cosa avrebbero detto o fatto gli altri farisei? Lo avrebbero considerato un traditore? Non sappiamo... certo è che, per evitare inconvenienti, preferisce il buio così nessuno lo avrebbe visto.

Il vangelo di oggi è la seconda parte del dialogo fra Gesù e Nicodemo e, in questo colloquio, Gesù si rifà all'episodio dell'Antico Testamento in cui si parla di serpenti.

Non so voi, ma io non sono molto attirata da questo tipo di animali... già quando vado a passeggiare in montagna, se mi ritrovo davanti un "biacco" (o "carbonasso", come si dice in Veneto a causa del suo colore nero), me la do a gambe levate, figuriamoci se mi si presentasse un serpente più grosso!

Non credo che nemmeno voi abbiate tanta familiarità con queste bestiole, a meno che non le vediate in qualche zoo dove, però, sono ben protette dentro le loro gabbie...

Diciamo che, a parte qualche persona un po' particolare che ai giorni nostri si tiene in casa un serpente al posto di un cagnolino, la maggior parte della gente ha paura anche perché ce ne sono di velenosi!

Torniamo ora indietro negli anni, al tempo della liberazione del popolo di Israele dalla schiavitù dell'Egitto. Penso che immaginiate anche voi che, passato il momento iniziale di gioia per il fatto di essere fuggiti dall'Egitto e per essere diventati un popolo libero, la vita attraverso il deserto non fosse per loro delle più confortevoli.

Gli Israeliti si trovano davanti a molte difficoltà, si lamentano spesso e, a volte, rimpiangono pure il tempo in cui erano schiavi.

Non credono più che Dio è con loro, che li protegge, che ha cura del suo popolo e vogliono così fare di testa propria.

Allora il Signore Dio, per far capire loro quanto vitale è la sua presenza, decide di mettersi da parte, di stare a vedere, di non intervenire, e lascia che il popolo se la cavi da solo.

Dio fa come fanno tutti i papà: se un figlio vuole fare di testa sua, il papà, dopo aver cercato di ragionarci assieme senza ottenere risultati, lascia fare. E' anche così che un figlio cresce e matura... a volte, sbagliando, si può imparare.

Tornando al popolo nel deserto, ad un certo punto succede che gli Israeliti vengono assaliti da serpenti velenosi. La situazione era davvero tragica perché tutte le persone che venivano morse, morivano.

Dio, Padre buono che vuole sempre la vita dei suoi figli, a questo punto interviene. Dice a Mosè di costruire un serpente di rame e di metterlo su un'asta, in alto, per dare la possibilità a tutti di vederlo: se coloro che venivano morsi dai serpenti lo avessero guardato, avrebbero avuto salva la vita.

Ora rileggiamo le parole che quella notte Gesù dice a Nicodemo: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il figlio dell'uomo". Gesù fa un paragone con quell'avvenimento per far capire che Lui è colui che salva, è colui che, una volta innalzato, darà la vita a tutti coloro che, guardandolo, crederanno in Lui.
Dove sarà innalzato Gesù? Vorrei che mi rispondeste voi...

Ci fermiamo un attimo sulla parola innalzare: per noi vuol dire elevare, ma la adoperiamo anche per dire "innalzarsi, farsi vedere, mettersi in mostra".

A volte lo facciamo anche per emergere a scapito degli altri: vi è mai capitato di dire qualche bugia o di deridere qualche vostro compagno perché volevate primeggiare, essere i più bravi di tutti, essere quelli sul gradino più alto?

Gesù è innalzato in modo diverso: su una croce. L'innalzamento di Gesù è l'abbassamento più basso che poteva raggiungere. Sapete bambini, una volta la morte in croce era solo per gli schiavi... nessun altro veniva ucciso in questo modo!
"Perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".

Quando si sente parlare di vita eterna, di solito si pensa alla vita che vivremo quando non saremo più su questa terra. Questo è vero sì, ma la vita eterna ce l'abbiamo anche qui, in questo mondo, perché è la vita di Dio che ci è donata, è la vita dell'Eterno in noi.

Col nostro Battesimo riceviamo dentro di noi questa vita nuova, la vita di Dio, e questo dono lo dobbiamo far fruttificare perché è come un seme che va coltivato, accudito, annaffiato, concimato...

Una volta che il seme è piantato nel nostro cuore, dobbiamo allora fare una scelta per farlo fruttificare: guardare a Gesù innalzato sulla croce.

Ma cosa vuol dire guardare a Lui innalzato sulla croce? Vuol dire che ci dobbiamo mettere davanti al Crocifisso, guardarlo, stare lì e basta? Certo che no!

Guardare a Lui sulla croce significa contemplare l'amore che Gesù ha avuto per noi, per la nostra salvezza, significa credere che Lui, il figlio di Dio, dona se stesso senza condizioni, significa fare nostro il suo modo di vita, significa fare come Lui: offrire noi stessi per amore di tutti.
A noi non viene certo chiesto di morire fisicamente!

Però, per essere come Gesù, qualcosa di noi dobbiamo far morire...
Cosa?
Dobbiamo far morire tutto quello che, in noi, non è amore.

Il "non amore" si può riassumere in una sola parola: egoismo.

L'egoismo è l'atteggiamento di chi si preoccupa solo di se stesso, del proprio benessere senza interessarsi del bene e delle esigenze degli altri, anzi, a volte anche danneggiandoli.

Quello che dobbiamo eliminare è dunque ogni forma di egoismo perché è da questo che scaturisce ogni male, ogni azione che è contro il volere di Dio.

Provate a pensare alla vostra vita di ogni giorno: a casa, a scuola, nel parco giochi, in palestra, in piscina, in parrocchia... è il vostro io che prevale o è il bene per gli altri?

Sicuramente tutti, nel corso della nostra vita, veniamo morsi da vari serpenti: il serpente del pensare solo a noi stessi, dell'avere, dell'apparire, il serpente del criticare, del prendere in giro, del voler essere sempre i migliori... ma il dono della vita di Gesù è l'antidoto a questi veleni perché Egli non è venuto per giudicare, ma per offrire vita.

Il nostro impegno, allora, è volgere lo sguardo a lui per essere come Lui, per essere guariti quando veniamo morsi da queste bestiacce, per diventare delle persone realizzate.

Sapete chi è l'uomo realizzato? E' quello che offre se stesso per amore.
Io ne conosco Uno, e voi?
Commento a cura di Maria Teresa Visonà

 

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