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TESTO Condivide il deserto con noi

padre Gian Franco Scarpitta  

I Domenica di Quaresima (Anno B) (22/02/2015)

Vangelo: Mc 1,12-15 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,12-15

12E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto 13e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, 15e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

Gesù in tutta la sua vita pubblica è condotto dallo Spirito Santo che è disceso su di lui "sotto forma di colomba" al momento del Battesimo nel fiume Giordano. Sarà lo stesso Spirito che continuerà a guidare Gesù fino al momento estremo della croce e dopo la resurrezione noteremo che di questo Spirito Gesù diventerà effusore. Potrebbe apparire quindi inverosimile che lo Spirito Santo, come ora ci descrive la pagina del Vangelo odierno, conduca Gesù nel deserto per essere tentato dal Maligno, quasi a consentire che soccomba alle forze del male. In realtà occorre che consideriamo l'umiltà profonda di Gesù, un aspetto della quale si riscontrava già nella sua presenza fra i peccatori che facevano la fila al fiume per ottenere il battesimo di conversione dei peccati: in quella circostanza Gesù si mostra straordinariamente sottoposto alla volontà del Padre e si rende uomo in tutto e per tutto, riconoscendo la propria meschinità e il proprio peccato e collocandosi così alla pari di tutti gli uomini. Anche se in Gesù non vi è peccato ed egli stesso ci libera dai peccati (1Gv 3, 5), ha voluto tuttavia mostrare condivisione e familiarità verso coloro che del peccato erano rimasti schiavi. Con essi si mostra solidale, poiché condivide lo stato d'animo e i sentimenti di chi sa di non essere pienamente dotato nella coscienza davanti a Dio. Ora, in questa nuova situazione in cui lo Spirito lo ha condotto, Gesù palesa ancor di più la solidarietà suddetta con i peccatori, poiché nel deserto dimostra di assumere consapevolezza della vera scaturigine del peccato, del fondamento che conduce l'uomo a mancare verso Dio, insomma della tentazione. Come si trovano gli uomini davanti alle seduzioni del maligno? Quali reazioni adottano nella situazione di tentazione e di prova? Egli trova la risposta in prima persona, assoggettandosi per volere dello Spirito alle insidie del demonio proprio in una dimensione che è sinonimo del nulla e del male quale quella del deserto. In una situazione del tutto sfavorevole e precaria Gesù fa esperienza egli stesso delle prove, delle tentazioni e delle raffinate seduzioni dell'antico avversario, comprendendo che effettivamente chiunque potrebbe cedere alla tentazione al male, trovandosi in una situazione del tutto ostile e perversa nella quale deve dimenarsi per un periodo lunghissimo contrassegnato dalla stima simbolica di quaranta giorni. Qualche esegeta afferma che, contrariamente a quanto siamo abituati a pensare, la tentazione non mira in primo luogo a farci compiere azioni malvagie ma a farci desistere dal bene. Chi è tentato è propenso quindi a omettere qualsiasi buona intenzione che si era precedentemente proposto, a non perseverare più nei lodevoli progetti e nell'intrapresa di impegnativi ma fruttuosi percorsi spirituali. In tal senso anche l'arrendevolezza è una tentazione e non rischiamo di esagerare se diciamo che essa è la più pericolosa fra tutte. Il deserto, che la tradizione dei Padri anacoreti descriveva come luogo in cui si aggirano i demoni per insidiare gli animi nobili completamente dediti a Dio, presenta già in se stesso non poche tentazioni alla resa e alla fuga e Gesù certo non ne era stato esente. Le proposte allettanti del demonio poi fanno tutto il resto: in esse si evince la viltà a la sfacciataggine di chi vorrebbe approfittare dello stato di indigenza e di estrema difficoltà delle proprie vittime per trarre i propri successi di seduzione. Il maligno infatti, che in altre occasioni di possessione e di esorcismo non può che ossequiare Gesù e prostrarsi obbediente ai suoi piedi, approfitta della sua debolezza fisica, della sua fame conseguente a lunghi digiuni, della sua apparente impotenza per esporgli progetti ambiziosi e promettenti. Gesù certamente potrebbe cedere alla tentazione e abbandonare tutti i suoi progetti, perfino quello di realizzare la volontà salvifica del Padre nei nostri confronti, ma la sua determinazione e la sua costanza trionfano sulla ridicola insulsaggine del maligno e riesce ad uscire indomito da quella situazione di pericolo spirituale. Proprio perché ha la meglio sul demonio e sperimenta gli arcani segreti di vittoria della tentazione senza tuttavia lasciarsi vincere Gesù potrà declamare che il "Regno dei Cieli, convertitevi e credete al Vangelo."

. Con la persona di Gesù Cristo, le sue parole e le opere di misericordia che attestano l'amore del Padre, è giunta infatti a noi la novità del Regno, che vuole costituire la nuova dimensione vitale, il contesto rinnovato di pace, di giustizia e di benessere materiale che si apporta negli atti di Gesù; il Regno di Dio non ha ancora il suo compimento definitivo: lo si vedrà realizzato soltanto alla fine dei tempi, quando Cristo ritornerà vittorioso sul male per la vittoria definitiva e il premio dei giusti, tuttavia Esso è giù presente e si innesta nella storia dell'uomo: si insinua nelle branche della nostra società per rinnovarla e renderla più giusta, pacifica, solidale e conforme ai progetti divini di salvezza. E uno degli aspetti fondamentali di questa nuova dimensione e il predominio assoluto di Gesù sulle forze del male come pure il suo intervento risolutore nelle prove e nelle tentazioni. Gesù ci assicura che la sua grazia interviene sempre a favore di noi peccatori e che essa è sufficiente a che noi possiamo rifuggire le tentazioni del maligno in una situazione molto più semplice di quella che Gesù ha vissuto nel deserto. Paolo, ben conscio di essere vittima della tentazione che lo ossessiona, esclama con fiducia quanto la grazia di Dio lo consoli e gli dia forza e ottimismo: "«Ed Egli (Il Signore) mi ah detto: Ti basta la mia grazia; la mia potenza in-fatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò quindi ben vo-lentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo."(2Cor 12, 9). La consolazione che Dio ci garantisce nella debolezza e nell'abbattimento ci rende consapevoli di dover sempre perseverare in ogni cammino di perfezione spirituale, soprattutto quando questo comporti il combattimento interiore contro il peccato e la presa di posizione contro le varie insidie che contaminano la nostra vitae inducono all'arrendevolezza. Ogni sforzo compiuto non è mai una vana fatica.

 

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