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TESTO Commento su Luca 7,36-50

don Michele Cerutti

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Penultima domenica dopo l'Epifania (Anno B) (08/02/2015)

Vangelo: Lc 7,36-50 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 7,36-50

36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!».

40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».

La Domenica che stiamo vivendo ci accompagna, come in una sorta di pedagogia, nel tempo forte della Quaresima.
La Domenica è denominata della Divina Clemenza.

Celebrando la divina clemenza proprio nel tempo dell'Epifania affermiamo che Dio si manifesta come misericordia, come clemenza.

Che cosa è la divina clemenza? Parliamo tanto di misericordia più difficile è parlare di clemenza.

La definizione di clemenza è benevola moderazione nel riprendere e nel punire. Non è non vedere le colpe degli altri e rimanere indifferenti. Non è neanche un eccesso di punizione.

La clemenza è la capacità di essere appassionati del fratello per cercare di correggere chi amorevolmente sbaglia. Pensiamo alla virtù dei genitori che educano i figli.

La clemenza la impariamo dalla storia della salvezza dal modo con cui Dio educa il popolo di Israele e in tal modo possiamo educare anche noi alla maniera di Dio.

Comprendendo come Lui educa noi comprendiamo meglio il rapporto con Lui.

In tutto l'Antico Testamento osserviamo questo principio e lo comprendiamo nel libro di Osea e in particolare nel versetto finale: Non è l'osservanza rigorosa di una religione fatta di formalismo che conta nella relazione con Dio, ma è la fiducia nella sua misericordia che deve prevalere.

Anche di fronte a un popolo infedele Dio non manca di stendere la sua mano per rialzare.

Il profeta Osea riceve da Dio l'ordine di sposare Gomer, una prostituta. Questo matrimonio illustra l'infedeltà d'Israele verso Dio. La donna rappresenta la nazione d'Israele che praticava l'idolatria e la prostituzione spirituale sempre alla ricerca insensata di alleanze politiche con le nazioni nemiche come l'Egitto e l'Assiria. Non contava su Dio per essere al sicuro ed il risultato conseguente non sarà altro che la devastazione del paese e la riduzione in schiavitù in terra di Assiria dei sopravvissuti.

C'è una sorta di esortazione a pentirsi per ottenere il perdono di Dio e a non più cercare la protezione di una alleanza militare. La moglie di Osea ha potuto riabilitarsi, così anche il popolo pentendosi otterrà la guarigione e Dio l'amerà senza mezze misure: Israele tornerà dunque a prosperare grazie alla benedizione divina. (tratto da Wikipedia)

Occorre porsi in un continuo dialogo e ricercare il tragitto comune con il Signore è questo quello che ci dice Osea oggi.

Dobbiamo comprendere che noi siamo salvati da un amore grande.

C'è un rischio grande di fare come i convertiti al cristianesimo dal giudaismo. Questi nelle prime comunità cristiane portavano il loro modo di vivere la religione legalista.

Paolo nella lettera ai Galati invita a vivere la fede in un rapporto più autentico, meno formalista.

Non è il rispetto della legge e delle formalità a salvarci, ma è nel riconoscere il primato di Gesù nella nostra vita a salvarci perché riconoscendo in Lui la sorgente di ogni bene il nostro comportamento non potrà essere altro che umile e in quella umiltà si permette a Dio di operare.
Non è il nostro sforzo a salvarci ma è l'amore per Dio.

Simone non lo aveva capito e vivendo la sua fede in maniera legalista giudicava tutti.

La prostituta lavando i piedi con gli aromi e prostrandosi davanti a Lui riconosceva le sue mancanze.

Quell'umiltà non ha lasciato indifferente Gesù e a quella prostituta vengono perdonati i peccati e con l'invito a non peccare più.

Ogni volta che mi imbatto in questi brani che misurano l'attenzione di Gesù mi viene in mente il Delitto e Castigo di Dostojeski con il protagonista Raskolnikov che vive il suo complesso rapporto con madre e sorella e dopo aver ucciso un'usuraia vive ai margini e afferma in un momento di disperazione la sua visione sulle realtà ultime:

"Giudicherà tutti e perdonerà tutti, i buoni e i cattivi, i saggi e i mansueti... E quando avrà finito con tutti gli altri, allora chiamerà anche noi: «Venite avanti anche voi!» dirà. «Venite, ubriaconi; venite, deboli; venite, svergognati!». E allora noi ci faremo avanti tutti, senza vergognarci e ci fermeremo davanti a lui. Ed egli dirà: «Porci! Voi siete l'immagine e l'emblema della bestialità, ma venite anche voi!». E diranno i sapienti, diranno i saggi: «Signore! Perché accogli costoro?». Ed Egli dirà: «Li accolgo, o sapienti, li accolgo, o saggi, perché nessuno di loro si è mai reputato degno di ciò...»".

Peccatori incalliti che danno una testimonianza viva fede sono la dimostrazione evidente che Gesù si piega su tutti gli uomini e vuole che nessuno si perda-

Non lo vedremo mai sugli altari, nel nostro rapporto legalista fa ancora un po' specie veder beatificare un assassino. Poi c'è la "canonizzazione" del buon ladrone da parte di Gesù che sicuramente non ha dovuto chiedere il parere di nessuna Congregazione, provvedendo lui stesso e con una procedura di assoluta urgenza. A tutti è data la speranza di salvezza, se sull'esempio del ladrone pentito siamo capaci di fare nostro il suo stile di umiltà e ci consegniamo alla misericordia e conversione.

E' la speranza che ha fatto scattare la singolare conversione di Jacques Fesch, che nasce il 6 aprile 1930 a Saint-Germain-en-Laye (Francia) da una famiglia ricca e non cattolica. Padre, ateo, insegna ai figli che solo nella ricchezza c'è la vera felicità e li allontana progressivamente dalla fede. A 17 anni Jacques vive la sua irriequetezza vivendo allo sbando, che vive di espedienti, e non solo sperpera i soldi del padre in macchine di lusso, donne e feste. A 21 anni "perde la testa" per una ragazza e dalla loro unione nasce una bimba. Si sposeranno poi civilmente, ma è una relazione che si rivela instabile e insoddisfacente, tanto che Jacques avrà un altro figlio dalla relazione occasionale con un'altra donna. Sogna la Polinesia, nella quale progetta di espatriare; vuole comprarsi un battello per raggiungere la terra dei suoi sogni, ma, non avendo i soldi sufficienti, il 25 febbraio 1954 tenta una rapina a mano armata nel negozio parigino di un cambiavalute. Ferisce gravemente, si dà alla fuga ferisce un passante, uccide un poliziotto e viene arrestato e messo in isolamento e sorvegliato a vista."Io non ho la fede e non ho bisogno di lei!", e sbatte la porta in faccia al cappellano. I mesi di prigione in attesa del processo sono caratterizzati da disperazione, rimorso, intere notti senza dormire. Dio comincia a lavorare, comincia a tormentarlo. Dio stesso lo aiuta a comprendere come la sua vita fino ad allora è stata vuota, sbagliata, ribelle. Sarà il suo avvocato uomo religiosissimo che mentre tenta di difenderlo cerca anche di dirgli una buona parola e quel cappellano del carcere, trattato duramente il primo giormo, lo aiuta a capire che con Dio nulla è perduto e grazie anche ai libri che il cappellano gli passa da leggere tra cui la vita di Santa Teresa di Lisieux avviene la conversione. Sa che Dio lo ha già perdonato e ora sconta la pena davanti agli uomini. La vita carceraria è diventata un convento: al mattino legge la messa dal suo messalino, poi fa la meditazione, quindi il rosario e chiude la giornata con la recita di vespri e con un altro rosario; una volta la settimana gli permettono di andare a messa e ricevere la comunione.

Scrive nelle sue memorie: "Io non voglio guardare né avanti né indietro: solo conta l'istante presente. Voglio tenere la Santa Vergine per mano e non voglio più lasciarla fino a quando Ella mi condurrà al Figlio Suo. Il 6 aprile 1957, giorno del suo 27° compleanno, viene letta la sentenza: condanna a morte, da eseguirsi con la ghigliottina. E' sicuramente un colpo tremendo, ma anche in questo caso capisce che può trasformare la sua morte in un atto d'amore, può offrire la sua vita per riparare il male fatto e perché la sua vita riacquisti un senso. Scrive a casa: "Io so che tutto è grazia e che non è verso la morte che io vado, ma verso la vita". E' convinto che Dio non perdona per finta o soltanto a metà, per questo scrive: "Non mi accadrà alcun male e sarò portato diritto in Paradiso con tutta la dolcezza che si conviene a un neonato". Vedrà soddisfatto il suo più grande desiderio che la moglie si converta e ritorni alla fede: il 30 settembre lei si confessa, riceve la comunione e la sera di quello stesso giorno i due si sposano religiosamente, ovviamente per procura. Jacques la mattina dopo è ghigliottinato: è il primo ottobre, festa di Santa Teresa di Gesù Bambino, la santa che ha amato e che lo ha convertito. (tratto da www.santiebeati.it)

La salvezza è di tutti buttiamoci nella misericordia di Dio e abbandoniamoci.

 

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