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TESTO Per questo, infatti, sono venuto!

don Luciano Cantini  

V Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (08/02/2015)

Vangelo: Mc 1,29-39 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mc 1,29-39

29E subito, usciti dalla sinagoga, andarono nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. 30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. 31Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. 33Tutta la città era riunita davanti alla porta. 34Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. 36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. 37Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». 38Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!». 39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

La suocera di Simone

Un rigo condensato di verbi: Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva. Sono verbi che esprimono prossimità, relazione, amore, ma anche rottura di una struttura mentale ingessata che in nome delle regole aveva privato l'umanità dell'essenziale. La sacralità del sabato, la relazione uomo donna, non avrebbe permesso ciò che Marco invece descrive: la guarigione e il servizio. In un rigo Marco descrive una rivoluzione, o meglio la conversione alla buona notizia; nella pratica della quotidianità spiega il significato di ciò che aveva annunciato: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo» (Mc 1,15).

L'immagine della suocera di Pietro assomiglia alla febbre che spesso ci prende e ci impedisce di servire, di amare, proprio come quando ci copriamo di coperte e finiamo di pensare solo a noi stessi. È la febbre di questo nostro tempo fatto di rifugi e molteplici piumoni per sfuggire le responsabilità della vita; I regolamenti, la burocrazia, i concorsi, i diritti acquisiti, le raccomandazioni, la corruzione, come l'alcool, la droga, lo sballo della notte per non vivere il giorno, l'iper-comunicazione del nulla sui telefonini, i sintomi di una malattia più profonda che infetta il cuore.

Subito gli parlarono di lei, i discepoli manifestano la loro preoccupazione, accompagnano il maestro al capezzale della donna, solo l'amore può guarire certe febbri, così Gesù le prende la mano e la risuscita (similmente alla figlia di Giairo Cfr Mc 5,41-42). E il frutto della guarigione è il servizio che supera il limite anche quello rigoroso del sabato. È molto più di una semplice guarigione, è un cambiamento di vita diventata così libera da esprimere nel servizio l'amore ricevuto.

Dopo il tramonto del sole

Con il tramonto finisce lo shabbat, le due persone che Gesù ha incontrato e guarito durante la giornata è come se si fossero moltiplicate: gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Ma anche le attese si sono moltiplicate perché tutta la città era riunita davanti alla porta. È proprio l'affermazione tutti che Marco ripete dà la sensazione della dimensione dei bisogni e delle attese. È la disperazione della vita che si affaccia alla porta della casa che ospita Gesù. Quella è la casa di Simone e Andrea, Gesù non ha una sua casa, le case degli altri diventano la sua casa, ancora oggi; Gesù è perennemente Ospite.

Il racconto di Marco ci offre anche un contrasto appena accennato, ma significativo, di fronte alle attese di tutti la guarigione è per molti e molti sono stati liberati, non tutti. Il cammino è appena iniziato, la liberazione dagli spiriti ostili o dalla malattia, dalle febbre, sono solo il segno del Vangelo che Signore annuncia; alla fine dei tempi giungerà il compimento, quando tutti saranno guariti e liberati da ogni miseria umana e tutte le schiavitù saranno spezzate.

Si ritirò in un luogo deserto

Dopo una giornata piena di avvenimenti, di parole, di persone, dopo una giornata emotivamente forte, quando ancora era buio, buio che forse specchiava lo stato d'animo del Signore, Gesù si allontana in punta di piedi alla ricerca di deserto e di luce.

Nella Bibbia il deserto è sicuramente il luogo della prova, ma anche quello in cui sgorga l'amore di Israele per il suo Dio; il deserto per Gesù è il luogo di satana come pure il giardino di comunione dove stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano (Mc 1,13).

E là pregava, questo verbo non esprime un rito o una azione di culto, piuttosto la continuità di un atteggiamento, che è essenzialmente comunione col Padre. È il momento di congiunzione tra la fatica, gli incontri, le parole di una giornata trascorsa che riceve, nella intimità della Comunione, la luce necessaria per aprirsi alla nuova.

Andiamocene altrove

Gesù è cercato e trovato, tutti (ancora una volta) lo stanno cercando. L'uomo cerca il miracolo, la soluzione dei problemi che è altro rispetto alla salvezza, la via facile dell'immediato. Gli uomini che hanno conosciuto il Vangelo possono camminare con le loro gambe, assumersi le proprie responsabilità, trovare le soluzioni per la vita. Gesù sceglie di andare da un'altra parte dove non è cercato, aspettato, conosciuto perché la buona notizia giunga anche là.

L'intimità della Chiesa con Gesù è un'intimità itinerante, e la comunione «si configura essenzialmente come comunione missionaria». Fedele al modello del Maestro, è vitale che oggi la Chiesa esca ad annunciare il Vangelo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza indugio, senza repulsioni e senza paura. La gioia del Vangelo è per tutto il popolo, non può escludere nessuno. (Evangelii gaudium, 23)

 

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