TESTO A cosa affidarsi?
don Marco Pratesi Il grano e la zizzania
XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (24/10/2004)
Vangelo: Lc 18,9-14

In quel tempo, Gesù 9disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: 10«Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. 11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: “O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”. 13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”. 14Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».
Il Vangelo di oggi è molto forte. Non dobbiamo dimenticare infatti chi sono questi due personaggi.
Il fariseo non è un ipocrita, il testo non lo suggerisce per niente. È dunque veramente impegnato: digiuna, dà la decima parte di tutte le sue entrate, non ruba, non è adultero, etc... Sicuramente più impegnato di molti di noi.
Sappiamo poi chi erano i pubblicani: gente che mirava prima di tutto ad arricchirsi non importa come, spesso a spese degli altri e specialmente dei deboli.
Chi è giusto davanti a Dio, chi è nella posizione giusta (=giustificato)? È veramente uno schock.
Il punto è questo: in chi/che cosa ho fiducia? Su cosa faccio assegnamento? Di che cosa mi sento forte?
C'è chi conta sulla forza fisica e sulle armi.
C'è chi conta sulla ricchezza.
C'è chi si sente forte addirittura del male che commette.
Chi si sente forte della propria intelligenza e cultura.
Chi mette tutta la sua sicurezza nelle persone che ha vicino.
Se si è religiosi, ci si può sentire garantiti dall'essere parte di una chiesa e fare alcune pratiche religiose, andare a Messa, etc... (il livello cultuale).
E ci si può sentire forti degli sforzi e sacrifici fatti, delle cose realizzate (il livello dell'impegno di vita).
S. Paolo chiama questo "la giustizia propria" (cf. Fil 3,9). In fondo Luca si mostra qui discepolo di Paolo, e presenta il difficile insegnamento paolino della giustizia attraverso la fede in un quadro molto più facile da capire.
Il fariseo si sente forte della propria giustizia, delle proprie opere. Non prega, "parla tra sé": le sue parole non arrivano fino a Dio.
Il pubblicano si affida unicamente alla misericordia, può fare appello solo ad essa, non ha nient'altro su cui appoggiarsi, le opere possono solo condannarlo.
È questo l'atteggiamento giusto davanti a Dio.
Ce lo suggerisce anche la liturgia all'inizio della Messa, in una delle formule che invitano all'atto penitenziale: "Umili e penitenti, come il pubblicano al tempio, accostiamoci al Dio giusto e santo, perché abbia pietà anche di noi peccatori". Siamo invitati ad entrare nell'atteggiamento del pubblicano. E come lui a batterci il petto, perché ci presentiamo al Signore non forti di noi stessi ma solo di Lui.
Chi si vanta di una cosa e chi di un'altra: noi siamo forti del Signore nostro Dio, che è amore gratuito.
All'offertorio:
Pregate fratelli e sorelle perché questo offriamo questo sacrificio nello spirito del pubblicano, e sia gradito a Dio Padre Onnipotente.
Al Padre Nostro:
Chiediamo al Padre che ci liberi dal male dell'orgoglio e perdoni i nostri peccati: