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TESTO Contro la tentazione della fuga

don Elio Dotto  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/10/2004)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 18,1-8

In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Ci sono giorni in cui la nostra vita ci va davvero stretta. Accade quando ci accorgiamo che la realtà quotidiana non corrisponde ai desideri del cuore; soprattutto non corrisponde a quei desideri per i quali abbiamo giocato la nostra esistenza. Pensiamo - ad esempio - alla vita matrimoniale, che per molti costituisce il coronamento di desideri a lungo coltivati: ben presto essa diventa ripetitiva e scontata. Certo, magari ci sono momenti in cui si rinnovano l'ardore e le promesse degli inizi: e tuttavia la maggior parte del tempo non sfugge al logoramento dell'abitudine.

Appunto davanti a questa prospettiva si insinua la tentazione della fuga: che non è semplicemente la voglia di cambiare vita - cosa molte volte impossibile - ma è più spesso la tendenza a vivere il quotidiano avendo la testa altrove. Un po' come accade al monaco descritto nel quarto secolo da Evagrio Pontico in un suo trattato: il quale dovrebbe stare nella sua cella a studiare; e invece «tiene gli occhi continuamente fissi sulle finestre, esce fuori per osservare se il sole è ancora lontano dalla nona ora, e guarda da una parte all'altra per vedere se per caso viene qualche fratello». Insomma, fa tutto fuorché quello che dovrebbe.

Così succede anche al giudice della parabola che leggiamo nel Vangelo di questa domenica (Lc 18,1-8): pure lui infatti faceva tutto fuorché quello che avrebbe dovuto. «Non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno», dice di lui Gesù iniziando il racconto. E in tal modo mette subito in luce l'incoerenza di questo giudice, che per definizione avrebbe dovuto fare giustizia - nel rispetto della legge di Dio - e che invece non si cura di nessuno. Egli - di conseguenza - è sempre altrove con la testa, lontano dalla sua missione di giudice, in fuga dalle sue responsabilità quotidiane.

Diverso è invece l'atteggiamento della vedova che chiede giustizia: perché essa persevera nella sua richiesta, e continuamente va ad importunare il giudice inadempiente. Quella donna magari avrebbe potuto cercare una scorciatoia, ad esempio una qualche raccomandazione o un qualche compromesso... Essa però non ci sta, e si ostina, preferendo continuare la sua battaglia con perseveranza.

Non si tratta però soltanto di ostinazione: c'è qualcosa di più dietro il comportamento di questa vedova. Dietro la sua perseveranza, infatti, sta la fede semplice di chi conosce la giustizia di Dio: perché davvero Dio «farà giustizia prontamente». In fondo già così aveva creduto Mosè, quando vide dalla cima di un colle la battaglia di Israele contro gli amaleciti (prima lettura: Es 17,8-13): il confronto pareva insostenibile per il suo popolo; eppure anche in quel momento Mosè credette nella promessa del Signore, e la sua fede fu davvero grande, al punto che «quando alzava le mani Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere era più forte Amalek».

Dunque è proprio questa fede perseverante che può dare salvezza, oggi come allora. È vero, a volte capita che prevalga la stanchezza, e che non sia proprio possibile tenere le mani alzate verso il cielo: perché la nostra vita ci pare davvero stretta, tanto che vorremmo fuggire lontano per trovare un riparo tranquillo (cfr Sal 54,7-9). E tuttavia non deve essere questo l'ostacolo insormontabile: anche Gesù infatti ha sentito la stanchezza, ma ha pure continuato a credere, nonostante tutto. Perché è la fede perseverante nel Padre che salva. «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà questa fede sulla terra?».

 

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