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TESTO Troverà la fede sulla terra?

Paolo Curtaz  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (17/10/2004)

Vangelo: Lc 18,1-8 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù 1diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”. 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Di interrogativi Gesù ne ha posti a sufficienza, nel suo ministero. Ma quello di oggi, amici, mozza il fiato. Gesù, con un velo di tristezza chiede: "Quando tornerò, ci sarà ancora fede sulla terra?". Attenzione, non dice: "Ci sarà ancora un'organizzazione, la gente andrà ancora a Messa, si farà l'elemosina?". No, Gesù è angosciato perché vede che, troppe volte, la nostra religione è senza fede, la nostra preghiera è senza fede, la nostra lotta per un mondo diverso è senza fede.

Il grido inascoltato

Davanti al grido della vedova importuna che chiede giustizia, simbolo del grido dell'oppresso di tutti i tempi, la fede vacilla. Come può Dio permettere la sofferenza, la guerra, la malattia? Davanti agli avvenimenti che percepiamo "ingiusti", la nostra fede vacilla, retrocede. Il dubbio, come già accennavamo tempo fa, abita il nostro cuore, perché credere è difficile. La sofferenza dell'innocente è e resta la più grande obiezione alla bontà di Dio; intuiamo che sotto c'è una risposta che ci sfugge, ma non possiamo liquidare con leggerezza il tema della sofferenza.

La sofferenza, che esiste, mette in discussione Dio, certo, ma – il più delle volte – coinvolge ciascuno di noi.

Bambini

Vi voglio raccontare un fatto accaduto tempo fa, nel nostro oratorio interparrocchiale. Al sabato pomeriggio si sono ritrovati un gruppetto di ragazzi delle elementari e, proprio il giorno di inizio delle attività, durante un gioco alcuni se le sono date di santa ragione. Alla fine del pomeriggio, assieme agli educatori un po' depressi, sono venuti in Chiesa e lì, me presente, hanno pregato.

Non ci crederete: tutti hanno pregato Dio affinché la guerra finisse. Mi sono avvicinato, un po' urtato, dicendo loro che Dio non ci avrebbe ascoltato: noi non credevamo a ciò che chiedevamo. Era un'operazione di facciata, di marketing spirituale e moralista. Noi faccimao le guerre e Dio le deve fermare, bell'affare!

Al grido dell'oppresso, davanti alla violenza, davanti agli uomini che si massacrano, gridiamo: "Dio dove sei?" E Dio ci risponde: "Tu dove sei?".

Il Signore ci ha consegnato un mondo che potrebbe essere un capolavoro di misericordia e di fraternità. Noi lo abbiamo ridotto a un covo di malfattori, di indifferenza, di ingiustizia. La nostra preghiera, spesso, cade nel vuoto perché, semplicemente, non facciamo nulla perché si realizzi.

Dio fa prontamente giustizia, afferma Gesù alla fine della parabola della vedova.
Sì, mi fido, lo credo.

Stento a capire, ma mi ci metto, ci sto, lavoro, credo in un mondo in cui la giustizia inizia dal mio cuore, per poi contagiare il mondo.

Nella lotta per la giustizia, per creare spazi e luoghi di amore solidale, abbiamo bisogno di fede per pregare, abbiamo bisogno di costanza per tenere le braccia alzate durante la battaglia. Solo la preghiera autentica, profonda, incarnata, ci può sostenere nella conversione del mondo che parte da me. Non esiste dualismo tra vita interiore e impegno sociale: l'uno scaturisce a approda all'altro. Un mondo che cambia necessità di interiorità; un'interiorità che non diventa impegno, è sterile devozione.

Lotta e preghiera

Nella lotta della vita, come di dice la bellissima immagine della prima lettura, dobbiamo osare la preghiera. Mosé che tiene le braccia alzate, per far vincere il suo popolo, è l'immagine di come la preghiera ci porti in una dimensione nuova, capace di vincere la lotta della vita.

Chiediamoci se l'insistenza della vedova è la nostra insistenza, se la sua costanza è la nostra, quando si tratta di rendere giustizia, di dare una testimonianza di trasparenza nel nostro modo di esercitare la giustizia.

Un ultimo appunto, che mi ha colpito.

C'è il rischio di stancarsi, per strada, c'è il rischio di lasciar cadere le braccia, perché stanchi di pregare. Allora, com'è successo a Mosé, i fratelli ci sono vicini per tenere le nostre braccia alzate nella preghiera.

La dimensione comunitaria, che ancora tanto dobbiamo scoprire, è questa volontà, questa capacità di camminare insieme, di lasciarsi anche portare dalla preghiera della Comunità. L'Eucarestia, allora, diventa il momento in cui ci raduniamo per tenere le braccia alzate e invocare la benedizione di Dio su noi e sul nostro cammino. Con verità potremo allora rispondere al Signore Gesù: "Signore, oggi, se verrai, troverai ancora fede sulla terra.
La mia, quella della mia comunità".

Libri di Paolo Curtaz

 

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