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TESTO Commento su Is 45,14-17; Eb 2,11-17; Lc 2,41-52

don Raffaello Ciccone  

Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe (Anno B) (25/01/2015)

Vangelo: Is 45,14-17; Eb 2,11-17; Lc 2,41-52 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,41-52

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 52E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Is 45,14-17
Colui che parla è il profeta che è rimasto a incoraggiare e sostenere il popolo di Dio nell'esilio (gli esegeti gli danno il nome di Secondo Isaia). Egli fa intravedere la speranza del ritorno e, insieme, garantisce che i popoli della terra, con le loro ricchezze, si convertiranno al Signore. Vengono ricordati i popoli del sud: Egitto, Etiopia, Arabia. Si parla dei paesi più lontani conosciuti, che verranno scambiati con Israele ed offerti a Ciro che si profila all'orizzonte come vincitore e come liberatore (44,28). Le genti portano spontaneamente le loro ricchezze e, per qualche verso, sono persino considerate sottomesse e impegnate a pagare un tributo. In realtà questi popoli si sentiranno sottomessi al Signore religiosamente.
Proprio quel Dio che ha oscurato la sua protezione e, per qualche tempo, non si è mostrato protettore (e la storia d'Israele denuncia momenti drammatici: la sconfitta, la deportazione senza prospettiva), proprio quel "Dio nascosto", ad un tratto, fa parlare un profeta per garantire una restaurazione splendida e meravigliosa: Gerusalemme ridiventerà il centro dell'universo. Il testo continua ricordando il racconto della creazione e descrive la sapienza di Dio che si è espressa nel plasmare il mondo (45,18ss). Il popolo ha perciò il compito di mantenere desta questa fiducia e questa fedeltà. E la famiglia, nella coscienza d'Israele, è la cellula viva del popolo che custodisce le promesse di Dio, educa i figli alla Legge del Signore e deve affrontare i tempi della storia con la stessa speranza nel Signore. Quando c'è benessere, bisogna vivere con responsabilità e rispettare la Legge del Signore che egli ha consegnato come frutto della sua attenzione al vivere del suo popolo. Quando ci sono tempi di difficoltà e di fatica, tanto che ci sentiamo abbandonati, va ripresa con chiarezza e coraggio la propria responsabilità nell'operare, sapendo con convinzione che il Signore è "solo nascosto", ma vivo e presente.
La nostra esperienza educativa in famiglia ci obbliga a temperare e maturare il proprio rapporto educativo a secondo dell'età dei propri figli.

- Se nell'età della fanciullezza è importante che i figli vedano la pratica e la fedeltà dei genitori anche nel frequentare la liturgia domenicale e li sentano parlare, quotidianamente, di valori, di giustizia, di responsabilità e solidarietà, è importante che ci si senta parte viva di un mondo che cresce. Quindi, tra adulti, è fondamentale interrogarsi sugli avvenimenti della storia piccola di famiglia e grande del mondo in cui si vive. Ma i genitori stessi debbono sforzarsi di vivere con lucidità la propria fede e non accettare di commentare fatti e situazioni solo emotivamente o con luoghi comuni; sia che si tratti di perdono, di stranieri, di poveri, di affari, di danaro. Ai piccoli, poi, si deve offrire la conoscenza di Gesù che vive con fiducia la presenza del Padre.
- Negli adolescenti va incoraggiata la ricerca di significato e di senso di ciò che avviene nel mondo e che non ci deve essere assolutamente estraneo (pericolosa è l'indifferenza).
E bisogna sostenere anche non si prendano per oro colato i pensieri degli altri. Essi vanno ripensati, verificati parlandone, per capire il senso ed il nocciolo di significato e di valore, con le persone che si ritengono sagge.
- Ai giovani va ricordato l'impegno di sapersi dare, senza fughe nell'emotività, il significato delle proprie scelte.
- Nei figli adulti va incoraggiato l'impegno della responsabilità nel mondo, a partire dal lavoro alla politica, dalle povertà alle malattie, dalla verifica al proprio benessere alla collaborazione.
- Spesso avviene che nel tempo dell'adolescenza i ragazzi si allontanino dalla frequenza domenicale della messa. Mentre non bisogna obbligare, vanno invece ricordati il senso e i suggerimenti precedenti che, pur non essendo specificatamente religiosi, preparano e qualificano la dignità e la coerenza dell'adulto nel mondo. Questo è anche l'anticipo della dimensione religiosa.

Ebrei 2,11-17
Ci troviamo in rapporto pieno e ricco con il programma di Dio che Egli vuole sviluppare con noi: Egli ha scelto di aver bisogno di Gesù per condurci nella gloria. Ci introduce così nella consapevolezza della Passione di Gesù che Egli ha accolto con libertà e con amore, e ci garantisce che, per questo enorme atto di amore e di ubbidienza, il Figlio si è introdotto nel trionfo sovrano e totale sul mondo. In questo stesso trionfo Gesù vuole condurre noi: la sua passione è stata la strada per la sua e nostra gloria. In tal modo Gesù diventa guida e capo dei fedeli. Egli ci vuole condurre poiché sente tutti gli uomini legati a lui con una parentela unica e totale: figli di Dio e quindi fratelli. In tal modo la solidarietà diventa indispensabile per poter reggere questo rapporto con tutti gli uomini e offrire al Padre la conclusione di una salvezza e di una novità per tutti. Nei secoli della storia passata e nei secoli della storia futura non si sarebbe mai attuata né si attuerà una salvezza, se non ci fossero stati questo dialogo e questa offerta tra Padre e Figlio.
Il Popolo di Dio, che Gesù ha fondato, conosce questo mistero ed ne è custode: esso accetta di camminare nella storia come il popolo che segue Gesù, figlio glorioso del Padre, primogenito dell'umanità creata dal Padre e santificata mediante l'amore di Gesù.
Tutti veniamo da uno solo: cioè da Dio che è Padre di tutti, di Cristo e degli uomini, benché in maniera diversa: Gesù è il Santificatore, è il sacerdote che apre la via al santuario celeste, che permette di conoscere Dio attraverso la sua presenza nel mondo e la sua Parola che ci è stata lasciata come tesoro indistruttibile. Cristo è il Verbo che abita la Trinità; egli è l'Unigenito, inviato tra noi e che ha iniziato la sua opera di santificazione che sviluppa nel mondo e che continua attraverso la Chiesa e la fedeltà dei credenti. Essi si sentono fratelli di Gesù, dell'Unigenito, conoscono la sua missione e lo aiutano visibilmente: essi sentono di dover riscoprire i grandi valori che già ciascuno ha nel mondo e che sono stati offerti dal Padre, nella creazione, a tutti.
Noi, credenti, abbiamo l'esempio e quindi la responsabilità della sequela di Gesù che allarga e garantisce la presenza e l'amore per tutti. Unito a noi "nella carne e nel sangue", e quindi nella fragilità della nostra umanità, ha avuto l'enorme dono di compiere una offerta di infinita grandezza, affidandosi al Padre in pienezza nella sua passione. In essa siamo santificati anche noi e quindi siamo lievito per il mondo, luce e garanzia poiché siamo legati a Gesù in una fraternità indissolubile che il Padre ha voluto e ci riconosce.
Così tutto il mondo, attraverso Gesù e quindi attraverso noi credenti, se accettiamo di vivere questa pienezza che ci è stata offerta, contribuiamo a salvare il mondo stesso e a strapparlo dal male.
La nostra famiglia si allarga a dismisura e ci arricchisce di progetti e di speranza. In tal modo i momenti in cui ci riconosciamo come l'assemblea santa dei figli di Dio che si costituisce e che noi condividiamo, per quanto poveri, piccoli e pochi possiamo essere nel mondo, siamo la comunità dei fratelli di Gesù, tutti figli dello stesso Padre. E per questo ci sentiamo fortunati di essere la Chiesa di Gesù, con tutti i limiti e le divisioni che pure portiamo, ma anche incoraggiati da quella volontà di voler togliere, anche noi, le barriere della divisione e i muri di separazione. Siamo incoraggiati dal cammino nostro e degli altri fratelli nella fede, sostenuti dal lavoro iniziato e proposto nel Concilio Vaticano II, dalla ricerca dei fratelli protestanti che approfondiscono con l'ascolto della Parola il cammino di Gesù e sostenuti dalla fedeltà allo Spirito, proprio dei fratelli del mondo ortodosso.
Questa nostra grande famiglia di credenti in Gesù è la nostra ricchezza da custodire e la nostra scoperta sempre viva e carica di grazia da sviluppare per il mondo.

Lc2,41-52
La liturgia ambrosiana celebra oggi la famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe.
Veramente, secondo la tradizione ebraica, si dovrebbe dire la famiglia di Giuseppe, Maria e Gesù, ma qui se ne vuole sottolineare la particolarità.
Ed è particolare davvero il testo del Vangelo, perché, più che sottolineare la famiglia, vuole mettere in evidenza l'autonomia di Gesù. Al di là della struttura pasquale del testo, mi sembra interessante oltre ad altre considerazioni, la conclusione in cui si dice che Gesù "cresceva in sapienza, età e grazia,".
Nel racconto di Luca Gesù ragazzo -al tempio- ha già chiara la consapevolezza del suo rapporto con il Padre e della sua missione, ma questa consapevolezza è sottoposta alla crescita, come avviene per ogni ragazzo, una crescita sotto tutti gli aspetti. Gesù "cresceva", cioè assimilava le cose, imparando e scoprendo, esattamente come ogni persona cresce per diventare pienamente capace di umanità e portatrice della sua dignità di uomo.
E mentre Maria e Giuseppe non comprendono (difficile è comprendere quanto sia necessaria e connaturata alla dignità umana la presa di coscienza di un'autonomia da conseguire ), Gesù torna con loro a Nazareth dove rimane per trent'anni, vivendo una vita ed un lavoro uguale a quello di tutti, come a sottolineare che la vera umanità è quella che condivide la stessa situazione di tutti senza prevaricare in eccentricità, ma imparando l'umiltà dell'obbedienza e l'obbedienza dalla scelta di obbedire, e dimostrando la povertà nella rinuncia a contesti eccezionali e nella semplicità di intessere, là dove si è, relazioni interpersonali autentiche.
Ecco oggi, più che celebrare la famiglia (Gesù non la celebra mai), dovremmo richiamare e mettere al centro l'importanza della persona che cresce in umanità, dignità e autonomia..

don Raffaello Ciccone e Teresa Ciccolini (Vangelo)

 

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