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TESTO Commento su Giovanni 1,35-42

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II Domenica del Tempo Ordinario (Anno B) (18/01/2015)

Vangelo: Gv 1,35-42 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli 36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». 37E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. 38Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro –, dove dimori?». 39Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.

40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. 41Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – 42e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

COMMENTO ALLE LETTURE

Commento a cura di don Massimo Cautero

Le quattro del pomeriggio

Chi di noi, specie i più "anzianotti", non ha un anno, un giorno, un'ora da ricordare legata ad un momento "centrale" della propria vita? Ci sono dei fatti - lo ribadisco per i più giovani! - che non lasceranno più il nostro cuore, fatti che hanno cambiato in qualche maniera la nostra vita, stravolto le nostre esistenze. Fatti che non vogliamo dimenticare, su cui ci piace tornare con la memoria ed il pensiero, fatti che formano l'ossatura concreta della nostra esistenza e che delle volte - almeno così a me accade! - ci domandiamo se non ci fossero accaduti, quale gioia, avremmo perso!

Questi ricordi sono come cristallizzati nella nostra mente, vivi e colorati come fossero accaduti pochi istanti fa, anche se sono passati decenni. Siamo in grado di ricordarci come eravamo vestiti, la luce e gli ambienti, ci teniamo così tanto che anche l'ora, il minuto, il secondo di quel giorno diventa fondamentale, indelebile.

Leggendo e rileggendo il brano del vangelo di questa domenica, saltano sempre fuori dalla pagina quel "erano circa le quattro del pomeriggio", un'ora insolita, forse banale, ma che diventa un ora importante, fondamentale nella viva memoria della salvezza, dell'annuncio evangelico, di un nome nuovo che viene donato da un "Maestro" che viene ad insegnarmi la grande gioia a cui si è chiamati. Così quelle "quattro del pomeriggio" possono essere considerate come si leggeva l'ora al tempo di Gesù: l'ora decima, numero del compimento, del passaggio definitivo, un'ora desiderata, cercata, l'ora in cui si torna a casa dal lavoro per il riposo e ci si prepara a "considerare", "stare con le stelle", per scrutare col cielo il significato della nostra vita.

Gesù è un maestro strano, coloro che incontra non desiderano accaparrarsene la benevolenza e la persona portandolo sotto il proprio "tetto" - anche se sappiamo che di lì a poco verrà ospitato nella casa di Pietro - ma desiderano, seguendolo, andare a vedere quale sia la sua casa, quasi a voler riconoscere che è più importante dove lui vive che dove vivo io, dove vivono tutti gli uomini!

E allora stare con Lui, rimanere con Lui, vuol dire mettere fra parentesi, sospendere, la propria vita, il proprio giudizio, i propri sogni e sedersi ad ascoltare qualcuno che riconosci saperne più di te, chiamarlo "maestro", specchiarsi nelle sue parole e nella sua vita. Guardare la vita e tutto ciò che fino ad allora avevi pensato essere "tutto" come una base di partenza e non di arrivo perché, in fondo, ogni uomo, anche se aspetta con ansia un Messia, non crede fino in fondo che questi arrivi davvero, perché se arriva davvero tu, uomo dell'attesa comoda, potresti dover lasciare tutte le sicurezze che ti eri faticosamente costruito e persino riconsiderare la tua persona, fino a dover addirittura cambiare nome!

In questa nuova fase "ordinaria" del nostro vivere liturgico, lasciando parlare solo il Maestro Gesù, voglio solo fare un augurio a me stesso, a tutti i fratelli in Cristo, alla mia comunità, agli amici, ai nemici, proprio a tutti: che nessuno possa non tornare a casa sua! Che una stuoia scomoda ci aiuti a sederci ai piedi del nostro unico maestro. Che il Maestro ci rompa i timpani e faccia sanguinare i nostri piedi. Che il Maestro possa cambiare i nostri nomi e rivelarci la nostra missione. Possa scoccare in quest'anno la nostra ora definitiva, quell'ora decima che riempie di gioia ogni persona che attende il Messia, la salvezza. La gioia di poter "stare con Lui", nella Sua casa, possa farci dimenticare le nostre sicurezze, i nostri progetti, i nostri "piattumi" quotidiani e che il nostro nuovo nome, che solo Lui conosce e ci rivelerà, possa essere la nostra più grande consolazione perché è il nome con cui ci sentiremo chiamare nella Sua casa, non quella di passaggio ma quella vera, quella che Lui è andato a prepararci per rimanere sempre insieme!

Buon cammino e buona missione, discepoli del Signore!

 

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