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TESTO Rendete a Cesare ..., rendete a Dio

don Romeo Maggioni  

XXIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (20/10/2002)

Vangelo: Mt 22,15-21 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 15i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?». 18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Quel che più in Gesù aveva deluso era il suo messianismo così diverso da come tutti immaginavano e aspettavano. L'esplosiva situazione politica, attraversata da continue sommosse degli "zeloti" contro l'occupante Romano, sostenuta e alimentata dall'attesa religiosa di un Messia liberatore politico, doveva o prima o dopo approdare polemicamente davanti a Gesù: "E' lecito o no pagare il tributo a Cesare?".

Tradotto significa: dobbiamo essere collaborazionisti o rivoluzionari? La risposta di Gesù, certamente legata al contesto concreto immediato, ha però anche una indicazione universale che la comunità cristiana istruita da Matteo ha voluto trasmettere a tutta la Chiesa. Questo insegnamento appunto ci interessa.

1) L'INSEGNAMENTO DI GESU'

Appare immediato il disimpegno di Gesù a voler dirimere la questione politica concreta, ponendosi subito su un altro piano, con l'offerta di una risposta che va al di là della domanda: "...e a Dio quello che è di Dio". Già altra volta, quando uno gli aveva chiesto di essere arbitro in una questione di eredità, Gesù aveva rifiutato e aveva portato il discorso su un piano generale, formulando principi più globali entro i quali giudicare la situazione. Questo fatto dice che ci sono situazioni e problemi che, toccando valori personali profondi dell'uomo, si possono risolvere solo su uno schermo più grande.

Noi oggi lo chiamiamo il piano etico. E, secondo, che per lo meno vi sono ambiti in cui la libertà di ognuno è libera di scegliere secondo proprie sensibilità. Chiaramente il piano in cui si vuol porre Gesù, e cioè la sua opera e il suo messianismo, è religioso, non politico. S'è sempre rifiutato di essere un Messia politico: è stato prudente prima nello svelare la sua identità di Messia, con quello che in Marco è chiamato il segreto messianico; una volta che lo volevano fare re, scappò via dicendo che non avevano capito proprio niente della sua missione; alla fine dichiarerà esplicitamente davanti a Pilato: "Il mio regno non è di questo mondo" (Gv 18,36).

L'invito quindi è a riconoscere la vera natura del Regno di Dio che non si istaura a livello politico, e più profondamente ad accogliere questo tipo di Messia che realizza quel Regno di Dio nella modalità religiosa del Servo Sofferente di Jahvè di cui ha parlato Isaia. Potremmo precisare così: la salvezza che Gesù porta è integrale, nel senso che riguarda l'uomo nel suo rapporto con Dio, coi fratelli e col creato, e quindi nella sua umanità più profonda e vera, in quel che concerne cioè la sua origine, la sua identità, la solidarietà con gli altri, e alla fine il suo destino.

Si tratta dell'uomo nella sua più intima realtà, al di là dei ruoli storici che riveste; oggi si potrebbe dire: l'uomo nei suoi valori umani, individuali e sociali, nel suo profilo destinale, in quel che concerne la sua riuscita e salvezza ultima. O anche, il significato del vivere, il "perché" vivere più che il "come" vivere. E proprio perché il discorso è a questo livello, l'opera di Cristo è universale, appunto perché radicalmente e pienamente umana.

2) FEDE E POLITICA

Detto questo - cioè "dato a Dio quello che è di Dio" - si inquadra nel modo giusto anche quello che va dato a Cesare. La sfera politica attiene all'ordine dei mezzi e dei fini intermedi, non è un assoluto, ma è parte della realtà penultima, e quindi deve stare entro il quadro etico che gli dà senso.

Cioè - oggi si usa dire - la politica deve essere in funzione dell'uomo, un servizio alla sua crescita e libertà perché realizzi in pieno la sua vocazione globale, anche soprannaturale. Non può essere neutra quindi la politica, ma mirare per lo meno a creare condizioni a che ogni uomo sempre più facilmente realizzi se stesso in consonanza e con l'apporto degli altri. Il bene comune - fine primario della politica - è appunto questa rete di opportunità e aiuti perché l'uomo divenga sempre più uomo.

La fede ha un duplice ruolo rispetto alla politica.

Il primo è quello di aiutare a conoscere fino in fondo identità e fini globali della definizione di uomo; e quindi a promuovere e difendere quelli che sono i diritti e i valori intangibili della persona umana, al di là delle sue stesse capacità di imporsi e difendersi. E quindi di radicare il rispetto dell'uomo su una base che precede ogni opinione e interessi di parte, appunto su Dio creatore.

Il secondo apporto della fede è lo stimolo, la motivazione e la forza ad agire, nel servizio della giustizia per tutti, come traduzione sociale di quel comando della carità che sola ci rende simili a quel Dio che ama ogni uomo con gratuità. Senza questo duplice fondamento è difficile realizzare poi una politica che non slitti in qualche interesse di parte o in ideologizzazioni, che sono le più gravi schiavitù imposte all'uomo; compresi i confessionalismi o fondamentalismi oggi rinascenti.

Contro appunto questi pericoli Gesù in un certo senso vuol dare a Cesare quel che è di Cesare, cioè rispettare un ambito proprio alla politica, e quindi una sua opinabilità, come lo è sempre l'ambito dei mezzi. Nessuno deve pensare di avere il monopolio delle formule politiche per salvare l'uomo; deve essere frutto di collaborazione e di dialogo con quanti sinceramente cercano il bene comune e determinano in concreto, in un certo tempo e luogo, formule più corrispondenti alla dignità dell'uomo, ai bisogni immediati, alla partecipazione più larga, tenendo conto anche dei più deboli. E' sulla base di un pacchetto di valori prima e poi di programmi che si deve giocare la collaborazione e l'unità degli uomini di buona volontà.

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Per questo ambito politico sappiamo quanto la Chiesa contemporanea abbia elaborato una Dottrina Sociale tra le più avanzate e le più stimate anche dalla cultura laica di oggi. Uno de più bei documenti, di largo respiro ma al tempo stesso preciso in formulazioni etiche concrete, è la "Centesimus Annus". Vale la pena che ogni serio credente ne conosca direttamente tutto il contenuto; leggendola farà la scoperta gioiosa di chi - se uomo sincero e pensoso - alla fine dovrà dire: ma guarda, è scritto proprio quello che in fondo al cuore avevo sempre voluto in fatto di giustizia, solidarietà, libertà e pace. Ma... non è mai troppo tardi per queste scoperte che ci esaltano come uomini e come cristiani!

 

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