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TESTO Commento su Is 8,23b - 9,6a; Eb 1,1-8a; Lc 2,1-14

don Raffaello Ciccone  

Natale del Signore - messa nel giorno (25/12/2014)

Vangelo: Is 8,23b - 9,6a; Eb 1,1-8a; Lc 2,1-14 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 2,1-14

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. 2Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. 3Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. 4Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. 5Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. 6Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. 7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.

8C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. 9Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, 10ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: 11oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. 12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». 13E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:

14«Gloria a Dio nel più alto dei cieli

e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».

Isaia. 8, 23b - 9, 6a
La via del mare, famosissima, percorsa da carovane, eserciti e commercianti, collegava l'Egitto, a sud, con la Mesopotamia a nord, passando attraverso il territorio di Zàbulon e di Nèftali, a settentrione d'Israele. E questa strada era la vena del sangue infetto, che sconvolgeva le regioni che attraversava, travolte da sconvolgimenti politici e militari, invasioni e distruzioni. Era la terra dove ancora si mescolavano popolazioni ebraiche e popolazioni dalla religione deforme, tra la legge dei profeti e le idolatrie pagane, mantenute dallo stanziamento, nel secolo VIII, delle popolazioni pagane assire. Era la terra del disfacimento e delle tenebre, sconvolta, senza speranza. Il profeta annunciò, inaspettato, un presagio nuovo ed un sogno inimmaginabile. Un nuovo re, discendente da Davide, sarebbe nato ed avrebbe portato la luce nuova.
Il profeta stava puntando gli occhi sul re del regno di Giuda: Ezechia che regnava, libero ancora da invasioni, a cui sarebbe nato tra poco un figlio: Giosia. Il profeta glielo aveva promesso come dono di Dio. Egli avrebbe liberato tutto il popolo, da nord a sud come al tempo di Davide.
Due sono le tragedie che vengono denunciate: il lavoro rubato e la schiavitù.
Non ci saranno più eserciti che ti rapineranno del raccolto o te lo bruceranno
Ritorneranno i campi a fiorire e a far frutti: nella pace si coltiverà, si seminerà e si raccoglierà. Saranno tempi in cui seminerai sereno e raccoglierai senza timore. E per raccontare la gioia che sarebbe esplosa, il profeta ricordò l'entusiasmo del mietere, quando si toccava con mano l'abbondanza.
Insieme cadrà anche la schiavitù. Vengono ricordate tre parole: "il giogo, la sbarra ed il bastone". Verrà un tempo in cui il popolo diventerà libero: spezzerà il giogo, frantumerà la sbarra di legno o di ferro che portavano sulle spalle gli schiavi e i deportati, per incatenare gli uni agli altri; e non ci sarà più il bastone che spaccava le ossa dei sottoposti. Il bastone dell'aguzzino sarà abbandonato come al tempo di Madian quando Gedeone vinse i Madianiti (Gdc 7, 16-25).
E ci saranno i fuochi che bruceranno calzature e mantelli insanguinati. Il fuoco purificatore frenerà gli eserciti, non si sentirà più il rumore assordante delle calzature chiodate: non si muoverà più un esercito contro il popolo di Dio poiché non si è mai visto un esercito vincitore scalzo. E non si aggireranno i violenti con mantelli insanguinati, segno della prepotenza, della dissacrazione della vita, della lontananza da Dio.
E' nato un bambino: Il mondo nuovo incomincia con i bambini che portano nuova sapienza. Avrà sulle spalle il segno della sovranità (il contrario del giogo) e avrà quattro titoli: "Consigliere ammirabile" (come Salomone), "Dio potente" (come Davide strumento delle vittorie di Dio), " Padre per sempre" (per la ricerca del benessere del popolo), "Principe della pace" ( garante di ogni libertà da ogni potenza straniera). Purtroppo, però, con la nascita del figlio di Ezechia: Giosia, non accadde nulla. Gli assiri hanno continuato a dominare al nord ed Ezechia non si mosse da Gerusalemme.
Dio interviene quando vuole, non si mescola con le guerre e le dominazioni. Così gli imperi e gli eserciti si moltiplicano ma il sogno di Dio è la fine delle marce militari e la distruzione dei vestiti della guerra.
Eppure la profezia non si perse. venne catalogata tra le speranze del nuovo Messia e avvererà dopo circa 750 anni, con la nascita di Gesù.
Il compito di una lavoro sereno e fruttuoso, come dono per tutti, e il coraggio della pace e della giustizia furono portati da Gesù e affidati nei secoli al suo popolo cristiano perché il mondo si aprisse alla convivenza tra le genti.

Eb 1,1-8a
Si chiama "lettera agli Ebrei" ma non è una lettera, come quelle di Paolo. E' piuttosto una lunga riflessione-omelia inviata al popolo di Dio che si è convertito a Cristo e che deve approfondire il significato della Parola di Dio ereditata dai padri e dai profeti. Essa si pone in confronto con Gesù, il Figlio. In questo documento Gesù è detto sommo sacerdote e colui che sintetizza, nella sua vita e nella sua vocazione, tutto il messaggio del Padre.
Dio ha parlato in molti modi, e la coscienza credente, immediatamente, fa riferimento alla creazione, la cui bellezza e bontà esprimono la grandezza e la bellezza del Signore. Chi non sa leggere questo splendore è chiamato "stolto" perché si è fermato alla superficie delle cose e degli avvenimenti della natura, scambiandoli per divinità, è infelice poiché non va alla ricerca del senso completo della realtà (Sapienza 13,1-3).
Ma poi il popolo ha avuto la rivelazione attraverso i profeti (v 1) e il Signore ha espresso con grande attenzione ed abbondanza la sua parola perché il popolo, per la sapienza dei padri, si rendesse conto della delicatezza e della premura di Dio.
Ultimamente Dio ha mandato il suo Figlio, già misteriosamente presente, se "mediante il quale ha fatto anche il mondo" (v 2). Mentre lo svela nella sua umanità, l'autore non si preoccupa di sviluppare oltre la sua riflessione sul Figlio dicendolo uomo (per le prime comunità era un fatto scontato), ma è attento a richiamare l'identità della stessa natura sia del Figlio che del Padre, e tuttavia chiarisce la distinzione del Figlio dal Padre. Perciò nella testimonianza e nella parola di Gesù, il Figlio, c'è la garanzia della pienezza della conoscenza di noi suo popolo e il nostro cammino verso il Padre. Siamo in compagnia del Figlio che, prima ci purifica dal male (e viene adombrato il sacrificio del nuovo eterno sacerdote) (v 3), ma insieme, per la sua grandezza di Figlio che giudica il male ed il mondo, addirittura superiore agli angeli, ci eleva, come suo popolo, ad altezze vertiginose.
Abbiamo letto una presentazione teologica del Natale, mentre il vangelo di Luca ci racconta e insieme ci anticipa in sintesi la vicenda avventurosa del Figlio di Dio tra noi. Disarmato, piccolo tra i piccoli e povero tra i poveri, lo incontreranno coloro che non riscuotono onore e rispetto e sono i lavoratori della notte, pastori disprezzati e lontani dal tempio. Ci saranno anche gli angeli ma il loro compito sarà quello di aiutare a rileggere e a svelare il mistero di chi non riesce neppure a trovare un alloggio decente per nascere, ma sarà adagiato nella mangiatoia di una stalla (Lc2,7). Gli angeli cantano "Gloria a Dio e pace agli uomini che egli ama" e si svela la scelta universale che Dio fa di tutti noi, siamo buoni o peccatori. E' il messaggio della speranza per tutti: capovolge le lacerazioni ma è anche l'inizio di una conversione del cuore.

Luca2, 1-20.
Natale del Signore. Quante parole, quante riflessioni religiose abbiamo sentito nei natali della nostra vita! Alcune particolarmente significative, altre meno.
Oggi mi fanno pensare alcune parole:
- Nascita. Il Natale è una nascita, e una nascita è un venire alla luce; se poi ci riferiamo alla nascita di Gesù, dovremmo sottolineare fortemente che è una nascita per una liberazione, per una salvezza, per una novità di vita, che è speranza, che è promessa.
- Non c'è posto. Ci fa pensare a tutte le emarginazioni lontane e vicine, a tutte le esclusioni, di cui siamo complici anche noi, a tutte le forme (e possono essere anche ineccepibili e corrette), a giustificazioni con cui scacciamo dalla mente chi ci è molesto .
- Grande gioia. È la contrapposizione del dolore e nasce appunto da un bimbo avvolto in fasce; come a dire che occorre chinarsi e rifarsi sempre, anche nei momenti di buio e di angoscia, sulla possibilità di vita suscitata dal sorriso o dal pianto di chi comincia a vivere, ad essere nella luce, di chi si è abituato a trascurare, senza capire che magari è portatore di cambiamento.
- Non temete. La paura paralizza, blocca ogni vitalità, ogni fermento, ogni partecipazione; getta nell'inerzia e insinua nella vita germi di morte.

Dobbiamo sempre cercare il "segno" di un bambino che nasce, perché è segno di resurrezione, di qualcosa che può diventare prezioso e importante, perché è stato concepito dall'amore di Dio. L'augurio è di farne memoria nel nostro cuore e di trasformare in sorriso ogni tentazione di lamentela.

don Raffaello Ciccone e Teresa Ciccolini (Vangelo)

 

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