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TESTO La forza della fede

don Fulvio Bertellini

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (03/10/2004)

Vangelo: Lc 17,5-10 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 17,5-10

In quel tempo, 5gli apostoli dissero al Signore: 6«Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? 8Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Spese varie

Basta l'estratto conto mensile della banca a metterci in subbuglio: un unico più, e una sconfortante fila di meno: acquisti con carta di credito, prelievo Bancomat, prelievo Bancomat da sportello di altra banca, ricarica cellulare, conto Telepass... per finire con la sibillina dicitura "spese varie", che erode ulteriori venti euro ad una situazione che appare già traballante. Poi il Vangelo, da due domeniche, ci viene a dire che i soldi non sono tutto, che occorre "farsi degli amici con la disonesta ricchezza", che in fondo in fondo, anche con il nostro traballante conto in banca, restiamo sempre più simili al ricco banchettatore, che al povero Lazzaro, che attende le briciole del nostro benessere. La parola di Gesù è sempre incisiva, forte, ci urta e non ci lascia tregua, sia che parli di ricchezza, sia che parli di affetti, sia che parli dell'urgenza non rimandabile del Regno di Dio.

E se avesse ragione lui?

Il guaio è che in fondo anche noi sentiamo che Gesù ha ragione. Che la via della vita è la sua, e che dovremmo scuoterci dalla nostra pigrizia e indifferenza. Ci manca il coraggio, ci manca la forza di cambiare; ci accorgiamo che ci manca la fede. "Signore, aumenta la nostra fede!". Con grande finezza spirituale l'evangelista Luca colloca verso il termine del "viaggio a Gerusalemme" la preghiera dei discepoli, in mezzo ad una serie di detti e discorsi che presentano la radicalità della proposta evangelica. Il lettore, che segue sul libro lo stesso percorso, si ritrova nella stessa situazione dei discepoli, che a contatto col Maestro scoprono di avere qualcosa in meno: manca loro qualcosa. Quel qualcosa che permette a Gesù di cercare e perdonare i peccatori, di rinunciare alla sicurezza del denaro, di proseguire il suo cammino verso la croce.

Come un granello di senapa

Ma ancora una volta Gesù coglie di sorpresa i discepoli. Non serve una grande fede. Ne basta "quanto un granellino di senapa". Quella pianta che da un inizio minuscolo, produce un grande albero, e che già nel Vangelo - non a caso - è immagine del Regno di Dio. Con un'immagine paradossale, Gesù aggiunge: potreste far sradicare un albero nel mare. Non perché si acquisti una forza magica. Ma perché si entra nel raggio di azione della forza del Regno di Dio. La forza che converte i cuori, e li fa ritornare al Padre. La forza che spinge i discepoli ad abbandonare tutto per seguire Gesù. La forza che rende indissolubile l'amore tra uomo e donna. La forza che dal di dentro trasforma la storia.

Contro il delirio di onnipotenza

La parabola del servo è appunto un'illustrazione della fede semplice e umile, come un granellino di senapa. L'uomo si scopre come un servo di fronte al padrone. Scopre di non essere l'onnipontente gestore delle situazioni. Un Altro comanda, e la fede consiste innanzitutto nell'ascoltarlo. L'esito non è però mettersi a braccia incrociate, aspettando che "si compia la volontà di Dio". Essere servi significa esattamente avere qualcosa da fare, un servizio da compiere. La fede consiste nel realizzarlo, per quanto limitato possa sembrare. In realtà, paragonate ai mali del mondo, le nostre azioni sono sempre poca cosa. Che cosa sono i nostri piccoli gesti di amore e di servizio, di fronte alla guerra, all'odio, alla catena di morte che imperversa nel mondo? Madre Teresa lo espresse con un'immagine scandalosa, nella sua efficacia: "una goccia nell'oceano". Eppure dobbiamo fare "tutto quello che ci è stato ordinato", confidando che sia un seme che germoglia, anche se non sappiamo come e quando. E qui sta il pericolo per la fede.

Senso di gratuità

Il fare infatti ci dà soddisfazione. Ci fa sentire arrivati. Può illuderci che siamo manager, e non servi. Può spingerci a fare la conta dei nostri meriti. La fede deve spingersi fino in fondo: lasciare a Dio il posto di colui che comanda. "Dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare". Questa è la fede che trasforma il mondo. Quella di chi agisce, in obbedienza a Dio, senza fare proclami, senza farsi pubblicità. Quella di chi accetta il rischio di scegliere, di impegnarsi, di essere fedeli anche nel poco, senza rivendicare privilegi o autorità. La fede di chi agisce per amore, per convinzione, non per la prospettiva del risultato, o per la paura del castigo. Se avessimo fede quanto un granello di senapa... è davvero così difficile?

Flash sulla I lettura

"Fino a quando, Signore, implorerò e non ascolti...": il brano profetico di Abacuc è il condensato di epoche drammatiche vissute dal popolo di Dio. Nel corso dei secoli ha sempre conservato la sua drammatica attualità: l'invasione assira, le liti interne del popolo, l'invasione babilonese, l'esilio, le persecuzioni del popolo dopo l'esilio... La nostra memoria storica è un po' corta, e si è annebbiata in noi la consapevolezza che anche in passato il popolo di Dio si è trovato di fronte a drammi e catastrofi anche più gravi di quelle che dobbiamo sopportare noi (peraltro comodamente seduti in poltrona davanti alla TV - e pronti a fare zapping sulle veline).

L'uomo di Dio è colui che non resta indifferente, non chiude gli occhi, e trasforma in preghiera la sua indignazione e il suo sconforto. "Fino a quando...?": il profeta è colui che resta saldo nella sua invocazione a Dio, come Gesù nell'orto degli Ulivi. E al termine, riceve una risposta: "Soccombe colui che non ha l'animo retto / mentre il giusto vivrà per la sua fede". Chi basa la sua vita sull'apparenza, sulla superficialità, sulla violenza, sull'oppressione, resta imprigionato nel caotico succedersi degli eventi, e ne viene alla fine travolto. Solo chi ha fede sa scorgere la via del Regno di Dio, anche negli eventi più tragici (vedi flash sulla II lettura).

Flash sulla II lettura

"Non vergognarti di me... che sono in carcere per lui...": la prigionia di Paolo, così come ogni persecuzione nei confronti dei testimoni di Cristo, può mettere in crisi chi tenta di essere discepolo. Anche le persone più amabili, i santi più splendidi, hanno affrontato prove sconcertanti. A volte ci illudiamo che la fedeltà a Cristo ci metta al riparo dagli imprevisti. La lettera a Timoteo ci preavvisa del contrario: "... soffri anche tu insieme con me per il Vangelo". Non è una ricerca doloristica, ma la semplice perseveranza, il restare saldi nella propria identità, che conduce il discepolo sulla via della croce. Dove però egli non è solo: "aiutato dalla forza di Dio", con la "fede e la carità che sono in Cristo Gesù" egli trasforma quelle che appaiono sconfitte, sofferenze, persecuzioni, in occasioni di grazia e di testimonianza.

 

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