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TESTO Commento su Is 61,1-2.10-11; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2014)

Vangelo: Is 61,1-2.10-11; 1Ts 5,16-24; Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 1,6-8.19-28

6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

Questa terza domenica di avvento invita tutti noi ad essere testimoni della lieta novella.

Nella prima lettura Isaia racconta che Dio affida il suo messaggio ad una persona, il profeta, perché porti la lieta notizia -quella della salvezza- alle persone più sfortunate o più dimenticate tra gli uomini. Dio ha colmato questa persona dei suoi doni, ha rivestito l'uomo di una veste splendente che lo rende completamente nuovo ed estremamente importante e prezioso. Il messaggio che quest'uomo consegna preannuncia tempi nuovi, quelli in cui il giardino (che ricorda quello dell'Eden) tornerà a fiorire di tanti uomini nuovi, questa volta guidati dalla giustizia che elimina le sofferenze (cuore spezzato, schiavi, prigionieri) e fa nascere ringraziamento e lode da tutte le genti.
Lo stesso atteggiamento che ha avuto Maria: riconosce la grandezza della missione che Dio le ha assegnata, prova gioia per essere stata scelta e ringrazia perché l'attenzione del Signore si pone sempre sugli ultimi e sugli umili. Anche il magnificat pone l'accento sulla giustizia che Dio rende a coloro che sono esclusi dalle ricchezze del mondo.

Paolo descrive come devono comportarsi i testimoni: devono essere pronti per la venuta del Signore, devono mantenersi "allenati" a vedere e fare il bene, imparando a distinguere ciò che è bene da ciò che è male; anche lui sottolinea che i testimoni hanno il dovere di operare nel modo giusto, con lo stesso metro di Dio.

Però il testimone per eccellenza in questa domenica è Giovanni: egli è l'uomo che prepara per la venuta di Cristo e per dono di Dio, come Maria, ne è testimone prima ancora che Gesù inizi la sua predicazione. Giovanni ha chiara questa sua missione e non si è fatto idee strane o montato la testa: proprio come Maria, che nel suo canto di lode si definisce umile serva, Giovanni riconosce il suo compito come cosa da poco in confronto a quello di chi lo seguirà, cioè Gesù. Chi lo interroga per conto dei Farisei però non ha capito che cosa Giovanni sia venuto a fare e non ne riconosce la missione. Giovanni si fa voce, voce di uno che grida nel deserto: la parola è vita e anche nel deserto può far nascere il giardino, di cui già parlava Isaia. Giovanni invita a prepararsi, a rendere noi dritta la via del Signore in modo che Egli possa raggiungerci facilmente, con la nostra condivisione e partecipazione.
Nel nostro operare da testimoni non aspettiamoci dunque riconoscimenti o grandi lodi o incarichi esagerati per le nostre forze. Ringraziamo piuttosto noi per primi per il dono di conoscere questa notizia di salvezza e rendiamoci disponibili come umili strumenti affinché questo dono possa essere condiviso con tutti, secondo la giustizia di Dio che non distingue gli uomini secondo i criteri comuni, ma preferisce gli ultimi, quelli meno distratti dalle cose del mondo. In questo modo il "giardino perduto" potrà rendersi vero qui in mezzo a noi già adesso!

Per noi sposi cristiani essere testimoni significa essere sempre "vestiti con diademi e gioielli", così come nel giorno del nostro "sì", e dare dimostrazione a tutti -e ai nostri figli per primi- che questi bei doni possono essere mantenuti tali essendo sempre lieti, nella preghiera e non spegnendo lo spirito, come ci dice San Paolo.

Per la riflessione personale e di coppia:
- Quando ci sentiamo lieti e consapevoli della grandezza del messaggio di salvezza che ci è stato consegnato?
- Come sappiamo dire i nostri sì? Quando ci sentiamo umili servi?
- Quale allenamento compiamo per essere pronti a vagliare le cose e ad agire con giustizia?
- In che modo, sull'esempio di Giovanni Battista, prestiamo la nostra voce a Lui?

Giuliana e Giacomo Mussino CPM di Torino

 

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