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TESTO Commento su Giovanni 5,33-39

don Michele Cerutti

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III domenica T. Avvento (Anno B) (30/11/2014)

Vangelo: Gv 5,33-39 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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33Voi avete inviato dei messaggeri a Giovanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. 34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. 35Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce.

36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato. 37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, 38e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. 39Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me.

La Scrittura parla di Cristo questa è l'espressione che ci portiamo in questa III Domenica d'Avvento. Gesù lo riferisce ai farisei e agli scribi che si sentono depositari della vera interpretazione delle Scritture, Gesù lo dice agli uomini di oggi che sembrano distratti alla lettura della Sacra Scrittura.

A questo proposito mi rifaccio al documento postsinodale sulla Parola di Dio.

E' molto bello osservare come già tutto l'Antico Testamento si presenti a noi come storia nella quale Dio comunica la sua Parola: infatti, «mediante l'alleanza stretta con Abramo (cfr Gen 15,18), e per mezzo di Mosè col popolo d'Israele (cfr Es 24,8), egli si rivelò, in parole e in atti, al popolo che così s'era acquistato, come l'unico Dio vivo e vero, in modo tale che Israele sperimentasse quale fosse il piano di Dio con gli uomini e, parlando Dio stesso per bocca dei profeti, lo comprendesse con sempre maggiore profondità e chiarezza e lo facesse conoscere con maggiore ampiezza alle genti (cfr Sal 21,28-29; 95,1-3; Is 2,1-4; Ger 3,17)». Questa condiscendenza di Dio si compie in modo insuperabile nell'incarnazione del Verbo. La Parola eterna che si esprime nella creazione e che si comunica nella storia della salvezza è diventata in Cristo un uomo, «nato da donna» (Gal 4,4). La Parola qui non si esprime innanzitutto in un discorso, in concetti o regole. Qui siamo posti di fronte alla persona stessa di Gesù. La sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all'umanità. Da qui si capisce perché «all'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva».Il rinnovarsi di questo incontro e di questa consapevolezza genera nel cuore dei credenti lo stupore per l'iniziativa divina che l'uomo con le proprie capacità razionali e la propria immaginazione non avrebbe mai potuto escogitare. Si tratta di una novità inaudita e umanamente inconcepibile: «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14a). Queste espressioni non indicano una figura retorica, ma un'esperienza vissuta! A riferirla è san Giovanni, testimone oculare: «noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità» (Gv 1,14b). La fede apostolica testimonia che la Parola eterna si è fatta Uno di noi. La Parola divina si esprime davvero in parole umane.

La tradizione patristica e medievale, nel contemplare questa «Cristologia della Parola», ha utilizzato un'espressione suggestiva: il Verbo si è abbreviato.«I Padri della Chiesa, nella loro traduzione greca dell'Antico Testamento, trovavano una parola del profeta Isaia, che anche san Paolo cita per mostrare come le vie nuove di Dio fossero già preannunciate nell'Antico Testamento. Lì si leggeva: "Dio ha reso breve la sua Parola, l'ha abbreviata" (Is 10,23; Rm 9,28)... Il Figlio stesso è la Parola, è il Logos: la Parola eterna si è fatta piccola - così piccola da entrare in una mangiatoia. Si è fatta bambino, affinché la Parola diventi per noi afferrabile». Adesso, la Parola non solo è udibile, non solo possiede una voce, ora la Parola ha un volto, che dunque possiamo vedere: Gesù di Nazareth.

Seguendo il racconto dei Vangeli, notiamo come la stessa umanità di Gesù si mostri in tutta la sua singolarità proprio in riferimento alla Parola di Dio. Egli, infatti, realizza nella sua perfetta umanità la volontà del Padre istante per istante; Gesù ascolta la sua voce e vi obbedisce con tutto se stesso; egli conosce il Padre e osserva la sua parola (cfr Gv 8,55); racconta a noi le cose del Padre (cfr Gv 12,50); «le parole che hai dato a me io le ho date a loro» (Gv 17,8). Pertanto Gesù mostra di essere il Logos divino che si dona a noi, ma anche il nuovo Adamo, l'uomo vero, colui che compie in ogni istante non la propria volontà ma quella del Padre. Egli «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52). In modo perfetto, ascolta, realizza in sé e comunica a noi la Parola divina (cfr Lc 5,1).

La missione di Gesù trova infine il suo compimento nel Mistero Pasquale: qui siamo posti di fronte alla «Parola della croce» (1Cor 1,18). Il Verbo ammutolisce, diviene silenzio mortale, poiché si è «detto» fino a tacere, non trattenendo nulla di ciò che ci doveva comunicare. Suggestivamente i Padri della Chiesa, contemplando questo mistero, mettono sulle labbra della Madre di Dio questa espressione: «È senza parola la Parola del Padre, che ha fatto ogni creatura che parla; senza vita sono gli occhi spenti di colui alla cui parola e al cui cenno si muove tutto ciò che ha vita» ci è davvero comunicato l'amore «più grande», quello che dà la vita per i propri amici (cfr Gv 15,13).

In questo grande mistero Gesù si manifesta come la Parola della Nuova ed Eterna Alleanza: la libertà di Dio e la libertà dell'uomo si sono definitivamente incontrate nella sua carne crocifissa, in un patto indissolubile, valido per sempre. Gesù stesso nell'Ultima Cena, nell'istituzione dell'Eucaristia, aveva parlato di «Nuova ed Eterna Alleanza», stipulata nel suo sangue versato (cfr Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20), mostrandosi come il vero Agnello immolato, nel quale si compie la definitiva liberazione dalla schiavitù.

Nel mistero luminosissimo della risurrezione questo silenzio della Parola si manifesta nel suo significato autentico e definitivo. Cristo, Parola di Dio incarnata, crocifissa e risorta, è Signore di tutte le cose; egli è il Vincitore, il Pantocrator, e tutte le cose sono così ricapitolate per sempre in Lui (cfr Ef 1,10). Cristo, dunque, è «la luce del mondo» (Gv 8,12), quella luce che «splende nelle tenebre» (Gv 1,5) e che le tenebre non hanno vinto (cfr Gv 1,5). Qui comprendiamo pienamente il significato del Salmo 119: «lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino» (v.105); la Parola che risorge è questa luce definitiva sulla nostra strada. I cristiani fin dall'inizio hanno avuto coscienza che in Cristo la Parola di Dio è presente come Persona. La Parola di Dio è la vera luce di cui l'uomo ha bisogno. Sì, nella risurrezione il Figlio di Dio è sorto come Luce del mondo. Adesso, vivendo con Lui e per Lui, possiamo vivere nella luce.

Giunti, per così dire, al cuore della «Cristologia della Parola», è importante sottolineare l'unità del disegno divino nel Verbo incarnato: per questo il Nuovo Testamento ci presenta il Mistero Pasquale in accordo con le sacre Scritture, come loro intimo compimento. San Paolo, nella Prima Lettera ai Corinzi, afferma che Gesù Cristo morì per i nostri peccati «secondo le Scritture» (15,3) e che è risorto il terzo giorno «secondo le Scritture» (15,4). Con ciò l'Apostolo pone l'evento della morte e risurrezione del Signore in relazione alla storia dell'Antica Alleanza di Dio con il suo popolo. Anzi, ci fa capire che tale storia riceve da esso la sua logica ed il suo vero significato. Nel Mistero Pasquale si compiono «le parole della Scrittura, cioè, questa morte realizzata "secondo le Scritture" è un avvenimento che porta in sé un logos, una logica: la morte di Cristo testimonia che la Parola di Dio si è fatta sino in fondo "carne", "storia" umana». Anche la risurrezione di Gesù avviene «il terzo giorno secondo le Scritture»: poiché secondo l'interpretazione giudaica la corruzione cominciava dopo il terzo giorno, la parola della Scrittura si adempie in Gesù che risorge prima che cominci la corruzione. In tal modo san Paolo, tramandando fedelmente l'insegnamento degli Apostoli (cfr 1 Cor 15,3), sottolinea che la vittoria di Cristo sulla morte avviene attraverso la potenza creatrice della Parola di Dio. Questa potenza divina reca speranza e gioia: è questo in definitiva il contenuto liberatore della rivelazione pasquale. Nella Pasqua, Dio rivela se stesso e la potenza dell'Amore trinitario che annienta le forze distruttrici del male e della morte.

Richiamando questi elementi essenziali della nostra fede, possiamo così contemplare la profonda unità tra creazione e nuova creazione e di tutta la storia della salvezza in Cristo. Esprimendoci con un'immagine, possiamo paragonare il cosmo ad un «libro» - così diceva anche Galileo Galilei -, considerandolo come «l'opera di un Autore che si esprime mediante la "sinfonia" del creato. All'interno di questa sinfonia si trova, a un certo punto, quello che si direbbe in linguaggio musicale un "assolo", un tema affidato ad un singolo strumento o ad una voce; ed è così importante che da esso dipende il significato dell'intera opera. Questo "assolo" è Gesù... Il Figlio dell'uomo riassume in sé la terra e il cielo, il creato e il Creatore, la carne e lo Spirito. È il centro del cosmo e della storia, perché in Lui si uniscono senza confondersi l'Autore e la sua opera».

Non mancano nella storia della Chiesa raccomandazioni da parte dei Santi sulla necessità di conoscere la Scrittura per crescere nell'amore di Cristo. Questo è un dato particolarmente evidente nei Padri della Chiesa. San Girolamo, grande «innamorato» della Parola di Dio, si domandava: «Come si potrebbe vivere senza la scienza delle Scritture, attraverso le quali si impara a conoscere Cristo stesso, che è la vita dei credenti?».Era ben cosciente che la Bibbia è lo strumento «con cui ogni giorno Dio parla ai credenti».Così egli consiglia la matrona romana Leta per l'educazione della figlia: «Assicurati che essa studi ogni giorno qualche passo della Scrittura... Alla preghiera faccia seguire la lettura, e alla lettura la preghiera... Che invece dei gioielli e dei vestiti di seta, essa ami i Libri divini». Vale per noi quello che ancora san Girolamo scriveva al sacerdote Nepoziano: «Leggi con molta frequenza le divine Scritture; anzi, che il Libro Santo non sia mai deposto dalle tue mani. Impara qui quello che tu devi insegnare». Sull'esempio del grande Santo, che dedicò la vita allo studio della Bibbia e che donò alla Chiesa la sua traduzione latina, la cosiddetta Vulgata, e di tutti i Santi, che hanno posto al centro della loro vita spirituale l'incontro con Cristo, rinnoviamo il nostro impegno ad approfondire la Parola che Dio ha donato alla Chiesa; potremo tendere così a quella «misura alta della vita cristiana ordinaria», auspicata dal Papa Giovanni Paolo II all'inizio del terzo millennio cristiano, che si alimenta costantemente nell'ascolto della Parola di Dio.

Dal grande mistero nuziale, deriva una imprescindibile responsabilità dei genitori nei confronti dei loro figli. Appartiene infatti all'autentica paternità e maternità la comunicazione e la testimonianza del senso della vita in Cristo: attraverso la fedeltà e l'unità della vita di famiglia gli sposi sono davanti ai propri figli i primi annunciatori della Parola di Dio. La comunità ecclesiale deve sostenerli ed aiutarli a sviluppare la preghiera in famiglia, l'ascolto della Parola, la conoscenza della Bibbia. Per questo il Sinodo auspica che ogni casa abbia la sua Bibbia e la custodisca in modo dignitoso, così da poterla leggere e utilizzare per la preghiera. L'aiuto necessario può essere fornito da sacerdoti, diaconi o da laici ben preparati. Il Sinodo ha raccomandato anche la formazione di piccole comunità tra famiglie in cui coltivare la preghiera e la meditazione in comune di brani adatti delle Scritture. Gli sposi, poi, ricordino che «la Parola di Dio è un prezioso sostegno anche nelle difficoltà della vita coniugale e familiare».

Quanto più sapremo metterci a disposizione della divina Parola, tanto più potremo constatare che il mistero della Pentecoste è in atto anche oggi nella Chiesa di Dio. Lo Spirito del Signore continua ad effondere i suoi doni sulla Chiesa perché siamo condotti alla verità tutta intera, dischiudendo a noi il senso delle Scritture e rendendoci nel mondo annunciatori credibili della Parola di salvezza. Ritorniamo così alla Prima Lettera di san Giovanni. Nella Parola di Dio, anche noi abbiamo udito, veduto e toccato il Verbo della vita. Abbiamo accolto per grazia l'annuncio che la vita eterna si è manifestata, cosicché noi riconosciamo ora di essere in comunione gli uni con gli altri, con chi ci ha preceduto nel segno della fede e con tutti coloro che, sparsi nel mondo, ascoltano la Parola, celebrano l'Eucaristia, vivono la testimonianza della carità. La comunicazione di questo annuncio - ci ricorda l'apostolo Giovanni - è data perché «la nostra gioia sia piena» (1 Gv 1,4).

 

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