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TESTO Commento su Giovanni 1,6-8.19-28

fr. Massimo Rossi  

III Domenica di Avvento (Anno B) - Gaudete (14/12/2014)

Vangelo: Gv 1,6-8.19-28 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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6Venne un uomo mandato da Dio:

il suo nome era Giovanni.

7Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

8Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

19Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». 20Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». 21Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23Rispose:

«Io sono voce di uno che grida nel deserto:

Rendete diritta la via del Signore,

come disse il profeta Isaia».

24Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. 25Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». 28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

"Egli confessò e non negò. Confessò: Io non sono il Cristo.": Giovanni confessa la fede, per poter ascoltare con autorevolezza la confessione dei peccati della gente. Questa pagina di Vangelo è - dovrebbe essere! - il decalogo del bravo confessore... Magari potessi dire di me, magari tutti i preti potessero dire di sé: sono qui per dare testimonianza alla Luce, perché tutti credano per mezzo di me! Beh, torniamo al tempo di Giovanni e di Gesù, che è meglio...

Dunque, Betania. Conosciamo Betania perché in quella città vivevano i tre migliori amici di Gesù, Maria, Marta e Lazzaro; la notazione ‘al di là del Giordano' non è solo un particolare geografico, ma teologico e spirituale. Si tratta di una zona desertica: verosimilmente, le tribù che erano uscite dall'Egitto e avevano vagato per quarant'anni nel deserto, era passate dalle parti di Betania, giungendo poi al Giordano e, attraverso il Giordano, nella Terra Promessa. Il valore teologico e spirituale consiste nel fatto che il Battesimo esige che si ritorni all'inizio del (nostro) cammino di conversione, uscendo dalla quiete di una fede ormai consolidata, ma forse anche statica e scontata, a favore di un rinnovamento radicale. La fede è dynamis, dinamismo, energia...

Il fatto che questa pagina di Vangelo sia collocata a metà dell'Avvento, può rivelarsi una buona occasione per ritornare, anche noi, sui nostri passi, appunto, nel deserto, e tracciare un (parziale) bilancio del nostro cammino di preparazione al Natale.

L'episodio del battesimo di Gesù è uno tra i più famosi del Vangelo, ispiratore di pittori e scultori d'ogni epoca. Ormai ci abbiamo fatto l'abitudine, a vedere Gesù immerso fino alla cintola e Giovanni che versa acqua sul suo capo, mentre una colomba volteggia sopra le loro teste.

Tuttavia il battesimo di Gesù ha in sé qualcosa di umanamente insostenibile. Non a caso, Giovanni vi si oppose energicamente: "Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te e tu vieni da me? (Mt 3,14); all'incirca le stesse parole che Pietro dirà più tardi, quando Gesù si inginocchierà davanti a lui per lavargli i piedi: "Signore, tu lavi i piedi a me? (...) Non mi laverai mai i piedi!" (Gv 13,6.8). Per Giovanni Battista, così come per Pietro, la scala di valori ufficiale si rovescia. L'abbassarsi di Dio è una sfida terribile per l'uomo creato a immagine e somiglianza di un tale Dio. Perché l'uomo non ha nessuna voglia di lasciarsi conformare a un modello del genere! Non abbiamo nessuna voglia di inginocchiarci ai piedi degli altri uomini, per imitazione il Signore.

Questo amore che va fino in fondo, sconvolgendo le aspettative dei Farisei e di tutti i benpensanti, ha un effetto prodigioso. La sua prima vittoria? L'umiltà di Giovanni Battista, che non si oppone più all'umiltà di Gesù. Battezzando Gesù, Giovanni accetta che colui che è senza peccato sia identificato con il peccato. Per puro amore. Da quel momento Giovanni si trova ancor più coinvolto nel mistero della salvezza: egli sceglierà di condivide l'umiltà e l'obbedienza del Figlio: dovrà rinunciare ai propri giudizi e addirittura alle sue personali convinzioni sul Messia.

Nonostante l'angoscia del dubbio, la notte del carcere, il supplizio dell'esecuzione capitale, Giovanni continuerà a credere nella verità e all'amore di cui, presso il Giordano, ha misurato la dimensione trinitaria.

Che l'esperienza di Giovanni e di Gesù al Giordano sia legata all'esperienza del deserto, lo confermano i fatti che seguirono il battesimo del Signore: lo Spirito santo letteralmente lo spinse nel deserto per mettere nuovamente alla prova l'umiltà e l'obbedienza del Servo di Yahvè.

Gesù percorre la strada pericolosa e incerta di tutte le tentazioni umane, che ogni peccatore conosce fin troppo bene, anche dopo la conversione.

E ora veniamo a noi: nella tentazione e nel peccato è sempre possibile incontrare Gesù.

E in lui siamo sicuri di vincere, perché lui, per primo, è uscito vincitore dalla prova.

Dobbiamo tuttavia lasciare che (Gesù) ci raggiunga là dove ci siamo smarriti: nel deserto delle nostre vite. Lo Spirito lo sospinge ancora nelle nostre miserevoli esistenze e ancora il Figlio di Dio può vincere. L'evangelista Marco ce ne offre una definizione sorprendente: Gesù, è descritto come re della pace messianica: "Per quaranta giorni, nel deserto, fu tentato da Satana. Stava con le fiere e gli angeli lo servivano" (Mc 1,13). L'allusione alla profezia di Isaia (11,6-8) è indubbia. Il profeta parla di un bambino che conduce a pascolare le bestie selvatiche e domestiche, di un lattante che gioca sulla buca della vipera, mette la mano nel covo del serpente... Gesù, nel deserto, è quel bambino nato per noi, il Figlio che ci è stato dato. Egli è riuscito ad ammansirci: "La sovranità è sulle sue spalle. Si proclama il suo nome: Consigliere ammirabile, Dio forte, Padre per sempre, Principe della pace" (Is 9,5).

Ma sarà poi vero che il Maestro di Nazareth è riuscito ad ammansirci, senza usare la forza, come invece aveva annunciato Giovanni Battista? Quanti cristiani invocano il ritorno di una Chiesa forte, che sappia di nuovo mostrare i denti, e i pugni, per rispondere alle provocazioni dei nuovi fondamentalismi religiosi e politici!

Anche noi, come Giovanni, come Pietro, dovremo decidere se accettare la verità su Gesù, non solo a livello teorico, ma soprattutto a livello di vita, e dunque cambiare le nostre convinzioni, abbassando i toni della polemica e rispondendo pacificamente alla violenza altrui; oppure restare di qua del Giordano, al sicuro delle nostre posizioni consolidate e indiscusse, ma, nostro malgrado, lontane anni-luce da quei fatti e da quella Verità. Lo so, di strada ne abbiamo fatta tanta, la Chiesa ne ha fatta tanta; e, forse, tornare alla semplicità del Vangelo, dopo venti secoli non è così facile...altro che quaranta anni! qui sono più di duemila!!

Ma, lo sappiamo e anche il Concilio lo ha ribadito, ritornare alle origini è il vero senso del progresso, di ogni autentico rinnovamento. Sto parlando della fede, naturalmente...

 

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