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TESTO Cristo che può tutto per amore

padre Gian Franco Scarpitta  

XXXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) - Cristo Re (23/11/2014)

Vangelo: Mt 25,31-46 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 31Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. 34Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, 35perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”. 37Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. 40E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 41Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, 42perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, 43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. 44Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. 45Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

«Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re». Pilato lo interrogò: «Sei tu il re dei Giudei? Gesù rispose: Tu lo dici» (Lc 23, 2 - 3) Queste sono le accuse rivolte dai Giudei a Pilato quando a Questi si rivolgono per chiedere la pena capitale su Gesù: si era proclamato re, rendendosi anche Dio. Inoltre aveva a dir loro "minacciato" la distruzione del tempio di Gerusalemme. Gesù si definisce effettivamente il Re universale, eppure, secondo quanto afferma Giovanni, aveva rifuggito la possibilità che qualcuno lo facesse "re" appositamente (Gv 6, 5) e ricusava anzi di adottare le tipologie di governo e di dominio proprie dell'esperienza umana e terrena: non che ripudiasse gli statuti vigenti e i sistemi di legiferazione e di politica alle quali anzi si mostrava sottomesso, ma nella sua concezione il "regnare" doveva assumere caratteristiche ben differenti da quelle da noi immaginate.

Sempre a Pilato che lo interroga, Gesù risponde: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei." (Gv 18, 37 - 38) Il suo Regno infatti comportava la triste condizione di doversi trovare condannato e deprezzato dagli uomini, e non certo esaltato. Il "Regno non di questo mondo" comporta infatti immolazione, sacrificio, persecuzione e perfino la condanna da parte dei suoi sudditi, perché comporta la proclamazione di una Novella universale di salvezza fondata sull'amore. Dare la vita per tutti non disdegnando le amarezze della tortura, del flagello, degli insulti e anche della morte sul patibolo, queste sono le caratteristiche del Regno che Dio in Cristo è venuto ad instaurare, che si configura come una dimensione di servizio e di abnegazione a vantaggio soprattutto dei poveri, degli ammalati e degli oppressi. Nel chinarsi sugli ammalati, nel guarire i lebbrosi con la semplicità del gesto di una carezza, nel recuperare la vista ai ciechi e nell'esaltare i poveri come primi fra tutti i "beati", Gesù si rende servitore dell'uomo ed esercita un governo fondato sulla giustizia universale, la pace, l'amore, la concordia, che possa instaurarsi non già per mezzo della lettera morta dei codici e delle leggi ma nella costruzione interiore dell'individuo raggiunto dalla redenzione di Dio.

Cristo è re in quanto Dio e Signore sotto il quale ogni cosa si ricapitola e verso il quale convergono tutti gli elementi cosmici, essendo egli l'Alfa e l'Omega, il Principio e la Fine di ogni cosa e trovandosi al centro della creazione; a Lui spetta effettivamente l'assoluto dominio sulle cose che il Padre gli ha sottomesso. "Troni, Dominazioni, Principi e Potestà, tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui"(Col 1, 18) che è a capo e all'origine di ogni cosa e tutto si assoggetta a lui inesorabilmente. L'icona possente del Cristo Pantocrator nel Duomo di Monreale suggerisce la dinamicità di Cristo come un Dio onnipotente, avente il dominio indiscusso su tutto il creato e facoltà di intervento su ogni cosa: Cristo che può tutto sul cosmo.

Tuttavia la potestà regale di Cristo è ben lontana dall'imposizione e dalla coscrizione come pure dai profitti e dai vantaggi che un esercizio umano di autorità può comportare. E' una regalità di amore, di comunione in senso verticale (con il Padre) e in senso orizzontale (con i fratelli), di riconciliazione e di condivisione, di cui rendono testimonianza la concretezza delle opere di misericordia e la profondità degli insegnamenti parabolici e che costituisce la motivazione fondamentale di ogni potere terreno. L'onnipotenza di Cristo si lega insomma all'amore da lui spasimato per l'umanità, che si esprima sopratutto nell'estrema autoconsegna della croce.

Anche noi siamo chiamati a partecipare di questa regalità di Cristo e come afferma San Paolo siamo anche introdotti nello stesso regno come regnanti insieme a lui nella costruzione di un società più lineare e coerente in fatto di giustizia e di dignità.

La tirannia e la sopraffazione in un sistema di governo comportano necessariamente la disfatta di coloro da cui vengono esercitate; la sproporzionata vessazione soprattutto del popolo umile e oppresso non può che condurre a sanguinose rivolte e disanimi esacerbanti da parte di quanti vi sono costretti. La democrazia, cioè la partecipazione del popolo alla vita politica e alla gestione della cosa pubblica è esaltante quando non si trasformi in demagogia o non degeneri nel caos e nel disordine generale per la volontà di pochi; ma è soprattutto il conseguimento degli interessi di tutti i cittadini il vero obiettivo di qualsiasi governo che si rispetti. La dedizione costante ai sudditi, la promozione dei diritti dei poveri e degli abbandonati, la tutela dei deboli e dei bisognosi sono il costitutivo di un vero sistema di governo fondato sul servizio, quale dovrebbe effettivamente caratterizzarsi.

Regnare insomma è servire e la morte di Cristo sulla croce definisce l'indubbia concretezza del servizio perché è massima espressione dell'Amore con cui Dio si prodiga per l'uomo.

 

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