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TESTO Sottomettersi all'amore

don Luciano Cantini  

XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (26/10/2014)

Vangelo: Mt 22,34-40 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 34i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Si riunirono insieme

La società ebraica al tempo di Gesù era frammentata in gruppi sociali con idee e abitudini molto diverse in campo religioso, politico, economico, relazionale, spesso in avversione gli uni gli altri. Matteo ci racconta che, lasciate da parte le rivalità, farisei e sadducei si coalizzano, un dottore della Legge interroga Gesù su una questione spinosa che teneva accesi i dibattiti di allora. Le scuole rabbiniche del tempo discutevano sulla priorità dei comandamenti, ogni scuola poteva anche proporre nuove interpretazioni, ma sempre sostenute dall'autorità di un maestro anteriore e autorevole. I precetti erano stati codificati in 613 (numero corrispondente alla parola «Toràh»), di cui 248 positivi (quante sono le parti del corpo) e 365 negativi (quanti i giorni dell'anno). Per i farisei il popolo aveva difficoltà a districarsi nella complessità delle prescrizioni mettendo a rischio la salvezza (Cfr. Mt 24,3). Molte scuole rabbiniche, però, affermavano che il riposo del sabato equivaleva all'adempimento di tutta la Legge, mentre la disobbedienza del sabato era trasgressione di tutti i comandamenti e punita con la morte (Es 31,14).

Gli rispose

Gesù non si sottrae alla risposta ma va oltre la questione posta per condurci «altrove», all'essenza stessa della Toràh che coglie nello «Shemà Israel» (Ascolta Israele, Dt 6,4-9), il «Credo» che gli ebrei recitavano due volte al giorno. Il grande e primo comandamento ha bisogno però di un secondo che gli è simile per esplicitare e concretizzare il primo e che Gesù fa emergere dal libro del Levitico (19,18).

Il passaggio indicato è a dir poco rivoluzionario, infatti è essenza di ogni religione la soggezione a Dio e alle sue regole (o quelle ritenute tali), la sottomissione alla volontà divina più o meno palesata. Gesù invece mette l'accento sulla relazione d'amore totalizzante, che impegna tutta la persona: cuore, anima, mente.

Gesù manifesta la sua contrarietà ad una religione sottomessa, formale, passiva, deresponsabilizzante, senza convinzione, a favore di una fede relazionale, positiva, impegnativa, convinta, operativa (cfr. anche Mt 7,21; 23,3.23-27, ecc.).

È nell'amore che tutto acquista senso e significato, l'uomo riceve dignità, si immette nella dinamica della relazione con Dio e con gli altri, si libera dall'abitudine, scopre la novità di se stesso e del mondo che lo circonda, si proietta nel futuro (Cfr. 1Cor 13,8).

Dipendono tutta la Legge e i Profeti

Dio è molto più vicino all'uomo di quanto l'uomo non tenti di tenerlo distante, di proiettarlo nella sfera celeste dell'irraggiungibile. Il Dio della Scrittura è un Dio vivo, che parla, minaccia, entra nella storia dell'uomo, ascolta il grido del povero e si mette a gridare anche lui.

Il Dio che la Scrittura ci fa conoscere e che ci chiede di amare con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente è Dio di "Abramo, Isacco e Giacobbe", è Dio dell'uomo e per l'uomo, che diventa uomo in Cristo Gesù.

Il Figlio di Dio fatto uomo semplifica tutta la tradizione scritta e orale in una sola fondamentale parola «amore»: In questi due comandamenti tutta la Legge è appesa e i Profeti (Letteralmente). Senza la relazione d'amore tutto crolla rovinosamente, ogni interpretazione della scrittura perde il suo senso e con essa tutte le norme, prescrizioni, forme di culto, la stessa idea di religione.

Indirettamente Gesù muove una accusa forte ai farisei che all'amore e alla verità preferiscono la fedeltà alle forme.

Tutto il capitolo seguente (Mt 23) manifesta l'avversione di Gesù per coloro che pagano la tassa sulle erbe del campo e non sono capaci di misericordia (Cfr. Mt 23,23). A nulla serve l'osservanza dei precetti se si trasgredisce il comandamento di Dio in nome della tradizione degli uomini (Cfr. 15,3).

Neppure «uno iota» della Legge verrà meno (Cfr. Mt 5,18), la fedeltà alla Scrittura è un assoluto ma è necessario liberarci da tutta la tradizione che si è incuneata nella dinamica religiosa togliendo vigore e verità alla Parola di Dio che nell'amore ha il suo centro e cardine: Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. (1Gv 7-8).

 

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