TESTO La vigna del Signore degli eserciti è la casa d'Israele
XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/10/2014)
Vangelo: Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».
42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
La pietra che i costruttori hanno scartato
è diventata la pietra d’angolo;
questo è stato fatto dal Signore
ed è una meraviglia ai nostri occhi?
43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti».
Chiunque abbia avuto occasione di parlare con un vignaiolo sa quanto si tratti di una delle attività agricole che richiedono più cura, più dedizione, più passione. Nella vigna si lavora tutto l'anno. Ci sono mille accorgimenti dai quali dipende la qualità del raccolto. E soprattutto, malgrado tutte le cure che si prodigano alla vigna il risultato non è mai garantito. La vigna è una tra le coltivazioni più capricciose: un gelo tardivo, una grandinata possono anche all'ultimo minuto compromettere il raccolto. Per questo l'immagine della vigna per esprimere la relazione del Signore con il suo popolo ricorre così frequentemente nell'Antico Testamento. Ogni volta che si parla della vigna nell'Antico Testamento è per sottolineare il contrasto fra tutto l'amore che il Signore ha riversato sul popolo e l'infedeltà continua di quest'ultimo che non corrisponde a questo amore - e ciò è accompagnato da una nota di dolore: Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto? Perché mentre attendevo che producesse uva, essa ha prodotto acini acerbi?
Quale è il frutto che il Signore attende da questa vigna, il frutto che attende da noi per tutto l'amore che egli prodiga nei nostri riguardi? Certo sono le opere buone, certo è il fatto di fare il bene. Ma il vero frutto, il frutto più importante ai suoi occhi è l'azione di grazie, il ringraziamento. All'amore si risponde solo con amore, un amore che si esprime anche attraverso il bene che facciamo, ma che prima di tutto si manifesta sotto la forma dell'adorazione, del ringraziamento nei confronti del Signore: Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze.
Nel Nuovo Testamento, oltre al passaggio riportato dal Vangelo di oggi, l'immagine della vigna ritorna nel Vangelo di Giovanni quando Gesù proclama: Io sono la vera vigna. Perché è lui la vigna? E soprattutto perché è lui la vera vigna? Mentre l'umanità tutta intera, questa vigna che il Signore aveva piantato, non ha risposto a questo amore, a questa cura, e quindi non era vera perché infedele, il Signore Gesù è la vera vigna, perché lui solo è fedele, lui solo risponde con amore all'amore del Padre, di lui solo il Padre può dire: Ecco il mio figlio prediletto, ecco colui nel quale posso riporre tutto il mio amore. Ecco perché Gesù ci dice che nessuno può portare frutto se non è in lui, se non è innestato in questa vite vera che è lui.
Il Signore dunque non è soltanto colui che pianta la vigna, ma diventa lui stesso questa vigna per portare il frutto che da soli non saremmo mai stati capaci di produrre, il vino nuovo della fedeltà e della carità. Poiché la vigna che il Signore aveva piantato non ha portato frutto il Signore ne pianta un'altra. Questa vigna è Gesù stesso. In Gesù noi tutti dobbiamo essere innestati per poter produrre questo frutto che piace al Padre.
Ritroviamo quindi in questa immagine una delle costanti dell'agire del Signore nei nostri confronti. Non solo il Padre ci prodiga amore, dedizione, cura, ma di fronte alla nostra incapacità di rispondere, diventa lui stesso la vigna, la sola vigna fedele, la sola vigna che risponde ad amore con amore, la sola vigna che risponde alla grazia con l'azione di grazie, con il ringraziamento, con l'eucaristia.
Noi possiamo dunque diventare vigna fedele, portare dei frutti, diventare capaci di rispondere ad amore con amore solo uniti a Cristo.
Questa dinamica è quella che viviamo ogni volta che partecipiamo alla celebrazione eucaristica. Ogni volta che celebriamo la messa siamo convocati dal Signore che attraverso la Parola ci ricorda tutte le cure che prodiga per noi, tutto il suo amore, tutta la sua dedizione. Di fronte a questo ricordo del Signore, di tutto quello che fa per noi, rispondiamo rendendo grazie a Dio, rispondiamo con l'azione di grazie. Questo lo diciamo in modo particolare quando, dopo le letture, dopo il Credo, si entra nel cuore della celebrazione eucaristica con questo invito del celebrante: "In alto i nostri cuori" e noi rispondiamo: "Sono rivolti al Signore". Il celebrante dice ancora: "Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio" e noi rispondiamo: "E' cosa buona e giusta". Per questo il nome proprio della messa è "celebrazione eucaristica", perché "eucarestia" vuol dire "azione di grazie". E' la celebrazione di ringraziamento nei confronti del Signore.
Questo nostro ringraziamento, quello che viviamo ogni volta nella celebrazione eucaristica, diventa gradito a Dio solo perché nel cuore di questa celebrazione Cristo diventa presente per unirci al suo ringraziamento al Padre. Noi, vigna infedele, non sappiamo rendere al Padre amore per amore; non sappiamo rispondere alle grazie che il Signore ci fa con un ringraziamento, con una azione di grazie adeguata, per cui il Signore si fa vera vigna e solo uniti a lui, uniti al suo ringraziamento al Padre possiamo dire anche noi un grazie che sia autentico. Per questo il culmine della celebrazione eucaristica si raggiunge quando proclamiamo: "Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria (ogni ringraziamento) per tutti i secoli dei secoli". Possiamo rendere gloria e onore al Padre, possiamo ringraziare il Padre, solo per Cristo, con Cristo e in Cristo.
La storia della relazione del Signore con la sua vigna non finisce, come nella prima lettura di oggi, con la nostra infedeltà. Grazie a Dio c'è sempre la novità rappresentata da Cristo. Ci eravamo smarriti, ma lui è venuto nel deserto dove vagavamo senza meta per vincere lui la tentazione, per vincere il male e per condurci in una terra dove scorre latte e miele, dove possiamo infine vivere in amicizia con il Padre.
Pensiamoci spesso. Non lasciamoci mai abbattere dalla costatazione della nostra infedeltà e della nostra incapacità costante di rispondere all'amore del Signore con l'amore, di rispondere a tutti i doni che il Signore ci fa con una vita buona. Il fatto che ne siamo incapaci è una realtà che dobbiamo accettare e che deve spingerci a fare appello, a ricorrere alla misericordia del Signore, chiedendogli perdono. Ma più ancora sappiamo che uniti a Cristo possiamo e abbiamo effettivamente la possibilità di rispondere all'amore del Signore con amore e di rispondere con un ringraziamento che davvero gradito al Padre.
Uniamoci a Cristo, lasciamoci innestare in questa vigna vera, questa sola vigna vera che è Cristo e non separiamoci mai da lui, non allontaniamoci mai da lui. Da te, Signore, mai più ci allontaneremo. Facci rivivere e noi invocheremo il tuo nome. Signore, Dio degli eserciti, fa' che ritorniamo. Fa splendere il tuo volto e noi saremo salvi.