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TESTO Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto

mons. Vincenzo Paglia  

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/09/2004)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Il Vangelo parla di un amministratore e dei suoi traffici più o meno leciti. E' un brano che a prima vista appare molto strano. Sembra, infatti, che Gesù porti ad esempio dei discepoli un uomo che si mostra leggero e truffaldino nell'amministrazione dei beni altrui. Ma per comprendere correttamente il testo evangelico è necessario inserirlo nel contesto. L'evangelista Luca nel capitolo 16 del suo Vangelo pone l'insegnamento di Gesù sull'uso della ricchezza (vi è una certa consequenzialità con il capitolo precedente ove, con la vicenda del "figliol prodigo", si mostrano i guasti che provoca il voler usare le ricchezze solo per sé). Il testo evangelico vuol dire, in sintesi, che il problema non sta nei beni in se stessi, ma nel cuore di chi li usa, come si scrive nel Vangelo di Matteo: "La dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore" (Mt. 6, 21). La questione centrale sta nel vedere dove abbiamo il nostro cuore, dove sono dirette le nostre vere preoccupazioni.

In questo contesto Gesù parla dell'amministratore di una grande proprietà. Costui viene accusato presso il suo padrone di svolgere in modo illecito il suo ufficio. E le accuse debbono essere talmente evidenti che il padrone decide di licenziarlo immediatamente; gli concede solo il tempo di preparare e consegnare i registri. Ma la vicenda ha una svolta inattesa. L'amministratore vede davanti a sé un'alternativa impossibile: mettersi a fare il mendicante, oppure zappare la terra; due sbocchi per lui insopportabili. Per sfuggirvi escogita un'altra truffa ai danni del padrone. Fa un giro presso i debitori del padrone, riesce a corromperli e defalca le somme dei loro debiti. In compenso essi si impegnano ad accoglierlo e mantenerlo appena licenziato. Ne emerge un uomo con pochi scrupoli; e sembra davvero impossibile leggere la conclusione dell'evangelista: "E il padrone (Dio) lodò l'amministratore iniquo perché aveva agito saggiamente".

E' ovvio che il padrone non approva il furto perpetrato ai suoi danni per ben due volte. Resta, invece, sorpreso dall'abilità dell'amministratore nel cavarsi dal guaio in cui si era cacciato con la sua condotta disonesta. Insomma, Gesù non loda l'inganno. E ancor meno raccomanda ai suoi discepoli di rubare con abilità per farsi così degli amici. Tant'è vero che quest'uomo viene messo non tra i "figli della luce", ma tra i "figli di questo mondo". Quel che viene portato ad esempio è l'abilità di quest'uomo nel cercare la sua salvezza. Tale abilità che in tanti pongono nelle cose della vita ordinaria, Gesù vuole trasferirla sul piano della salvezza. In altri termini, Gesù sembra dire agli ascoltatori: "quell'amministratore come conquista la salvezza? Come evita di zappare la terra o di mendicare? Come assicura il suo futuro?" La risposta: "Essendo generoso verso i debitori". In effetti, il suo futuro e la sua stessa vita, dipesero dalla sua generosità. Con essa legò a sé i debitori. E Gesù aggiunge: "Procuratevi amici con la iniqua ricchezza, perché quand'essa verrà a mancarvi, vi accolgano nelle dimore eterne". Procurarsi amici. Ma si badi bene, l'amicizia non si compra, si costruisce con la generosità, con un cuore pronto e disponibile. Qui sta il centro della parabola odierna: la generosità verso i debitori (ossia verso i poveri e i deboli), salva la nostra vita e il nostro futuro. Siate amici dei poveri e sarete salvi. Questa è la scaltrezza che chiede oggi il Vangelo. Lo chiede a noi suoi discepoli. E lo chiede ai paesi ricchi perché comprendano che la loro salvezza, anche terrena, dipende da una rinnovata attenzione ai paesi poveri; a non lasciarli soli in balia dei loro problemi. E, perché no!, a condonare ad essi quel debito che mai riusciranno a pagare e che li spinge sempre di più verso l'abisso.

Il commento più efficace a questa parabola è forse la frase di Gesù riportata da Paolo mentre sta dando il suo addio ai responsabili della comunità di Efeso: "C'è più gioia nel dare che nel ricevere" (At. 20, 35). Paolo lasciava loro questa frase quasi a compendio della vita. E' una indicazione semplice circa la via della felicità e della gioia. Perché siamo tristi? Perché le nostre giornate scorrono spesso senza gioia? Perché non abbiamo capito che la gioia non sta nel ricevere, ma nel dare. Noi, abituati come siamo a cercare per noi stessi, ad accumulare per noi, talora anche in modo forsennato, non riusciamo a gustare la bellezza della generosità e della gratuità, la gioia del dono della propria vita per gli altri. Non si parla qui di eroismo. A volte basta dare un'ora di tempo, ma con generosità e volentieri, a chi ha bisogno ed è solo. E' sufficiente dare un filo di amicizia, un aiuto materiale, una visita in ospedale, una semplice parola di conforto. Ritornano le altre parole di Gesù: "avevo fame e mi avete dato da mangiare". E' questa la via della gioia. L'altra, quella della difesa e del cercare anzitutto per sé, porta alla tristezza.

 

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