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mons. Antonio Riboldi

XXV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (19/09/2004)

Vangelo: Lc 16,1-13 (forma breve: Lc 16,10-13) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 16,1-13

In quel tempo, 1Gesù diceva ai suoi discepoli: «Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. 3L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. 5Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. 6Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. 7Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. 9Ebbene, io vi dico: fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.

10Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Forma breve (Lc 16, 10-13):

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli: 10«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. 11Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?

13Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».

Credo che tanti di noi, nel vedere come troppe volte ed in mille maniere, la gente, certamente senza riflettere bene, si fa schiava delle schiavitù di questo tempo, che un giovane, un giorno, scrivendomi, definiva "la schiavitù delle 3 S, ossia successo, soldi, sesso": una vera palude dove affondano tutte le bellezze che Dio ci ha donato, restino sconcertati.

Tutto questo avverrà forse, anzi certamente, per "stare con i tempi". Ma Gesù, guardandoci dalla croce, in cui inchiodiamo la sorgente della vita e della gioia, sicuramente dirà: "Padre, perdonali, non sanno quello che fanno".

E molte volte, davanti a. questo squallore dell'anima, chi di noi ha un'età da memoria, ripensa alla serenità di altri tempi quando regnava nella povertà la libertà dell'uomo, che si. rendeva felicemente serva di valori come la famiglia, la gioia, l'amore, la fedeltà, l'accoglienza. Mancava il benessere del nostro tempo, ma regnava il sorriso di Dio, che pare oggi sia spento.

Non che sia da condannare quello stato migliore della vita, che come ogni bene considero un dono ed una benedizione di Dio. Il male è che si dimentica che è un prezioso dono, che chiede rendiamo gloria e grazie a Chi ce ne ha dato la possibilità e non per usarlo contro chi ce ne ha fatto dono.

Avveniva così nel Vecchio Testamento. Quando il popolo eletto, che considerava appunto benedizione di Dio il benessere, si ripiegava su se stesso, avveniva quello che oggi dice il profeta Amos:

"Ascoltate questo, voi che calpestate il povero e sterminate gli umili del paese, coi che dite: "Quando sarà passato il novilunio e si potrà vendere il grano? E il sabato, perché si possa smerciare il frumento, diminuendo le misure e aumentando il siclo e usando bilance false, per comprare con denaro gli indigenti e il povero per un paio di sandali? Venderemo anche lo scarto del grano". Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe: certo non dimenticherò mai le loro opere" (Amos: 8,4-7).

E Gesù, dopo avere descritto nel Vangelo di oggi il disonesto comportamento di un amministratore, alla fine afferma: "Chi è fedele nel poco, è anche fedele nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera?...Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e mammona" (Lc16,1-13).

Con l'arte propria di chi ci vuole educare ad essere cittadini del Regno di Dio o, se vogliamo, di chi vuole plasmare i discepoli ad essere e vivere da figli del Regno, Gesù detta le sue regole, che hanno la chiarezza del sole e non ammettono ombre, anche se queste regole possono sembrare "dure".

Essere di fatto discepoli di Gesù è accettare di vivere la sua pienezza di amore. Non è possibile vivere questa pienezza portandosi dietro piccole cose contrarie, che alla fine negano la pienezza.

Tanti di noi, a volte, scelgono piccoli compromessi che agli occhi di Dio sono ipocrisie ripugnanti e lo sono anche ai nostri occhi, se sono "chiari". Siamo a volte ricchi, viviamo da ricchi, pensiamo da ricchi (e per ricchezza intendo non solo il possedere tanto, ma quel chiuderci in se stessi, anche se il nostro che abbiamo è poco, chiudendo ermeticamente la porta alla carità, che è la via che ci salva dal pericolo di finire al servizio di "mammona").

Gesù aveva messo al primo posto la beatitudine della povertà di spirito. La "sua povertà", che da ricco che era, come figlio di Dio, visse da povero per essere libero di amare totalmente il Padre e noi uomini, è il modello.

E che c'è di più bello di questa povertà di Cristo? Una povertà che è l'inno alla libertà: una libertà che spalanca le porte alla carità. Sono davvero luminosi esempi i testimoni di questa povertà, che si fa libertà e quindi carità. Basterebbe pensare ai santi del nostro tempo. Non solo a Madre Teresa, ma a tanti, tanti, che considerano ciò che il Signore ha dato, come un bene, sorgente meravigliosa di carità, che disseta i tanti che soffrono.

Basti pensare a fratel Ettore di Milano, morto un mese fa. Tutti a Milano conoscevano la stupenda libertà e carità di questo semplice frate. Lo incontrai parecchie volte e sempre mi stupiva quel suo libero muoversi tra la folla, senza vergogna di mostrare gli uomini da marciapiede, che subito diventavano i suoi amici e sempre con quella Madonnina tra le braccia, come volesse presentarsi a nome della Mamma di tutti. Lo incontrai una volta in un convegno di Assisi. Si presentò circondato dai suoi barboni, che non sapevano nulla della nostra civiltà. Ma erano la sua corona di gloria. Quando morì Fratel Ettore fu come se a Milano, piegata troppe volte sul culto del benessere, si fosse spenta una luce necessaria che dava anima alla città. Ed aveva ragione di sentirsi "orfana" di un prezioso testimone.

Ricordo la felicità di mia mamma che conosceva bene la beatitudine della povertà. Un giorno da piccolo le chiesi un soldo per comprare un cioccolato. Si intenerì: si tolse di tasca il borsellino che era la sua "banca", dove erano riposte le sue ricchezze, lo rovesciò e uscì quello che aveva, 10 centesimi. Me li diede dicendo: "Prendi, adesso sono felice perché ho nulla, sono veramente povera nelle mani di Dio". Sul suo volto c'era la felicità dei beati.

Così come quella stupenda vedova che una sera, nella sacrestia della cattedrale di Acerra, venne dopo un quaresimale e mi disse: "Padre voglio piacere a Dio completamente, senza che nulla possa essere mio "padrone"". Trasse dal seno, dove conservava i suoi risparmi necessari per il suo domani, me li consegnò. Nel consegnarmeli, esplose in una indescrivibile gioia, difficile a descrivere, la gioia dei figli di Dio. E disse: "Adesso veramente sono libera da tutto: Ho come ricchezza l'amore del Padre che sono certa mi assisterà".

Sul suo volto ho davvero visto la gioia dei beati: "beati i poveri in spirito, di essi è il Regno dei cieli".

Quante è stupenda la libertà di Gesù, povero, umile, al di sopra di tutto, fino a non avere neanche quello che gli uccelli hanno, un nido dove posare il capo! E' la gioia di essere liberi da tutto e da tutti per essere uno solo con il Padre, Dio! La gioia di poter affermare: non mi inchino a nessun "padrone", di mia scelta, per amore, come Gesù, mi metto il grembiule per essere servo del Padre e dei fratelli. Questa è la vera libertà, la regola per seguire Gesù, che scarta la possibilità di poter servire a due padroni!

Con Madre Teresa, tanto cara a tutti, per la sua santità nella carità, per questo mondo avido di danaro prego:

"O Signore, tu ci hai rivelato che il Padre nostro che è nei Cieli si prenderà cura di noi, nello stesso modo in cui si prende cura dei gigli dei campi e degli uccelli che volano nell'aria, tu che non hai avuto un luogo dove riposare il capo affaticato, ti prego insegnaci ad avere fede nella Provvidenza di Dio e a non confidare nella nostra umana avidità. L'avidità non ha mai reso felice nessuno.

Fa' che ci arrendiamo a te, rendendoci strumento della tua volontà. Benedici il denaro che è usato nel mondo perché l'affamato possa essere nutrito, l'ignudo vestito, il povero preso a cuore, l'ammalato curato.

Signore, donaci il tuo Santo Spirito, così che con la fede che tu ci concedi, possiamo chiaramente sentire di essere più preziosi anche del giglio più bello, anche dell'allodola che canta nel cielo" (da "Il mio segreto: Prego").

 

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