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TESTO Non uccidere la speranza, che è Cristo in noi

padre Antonio Rungi

XXVII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (05/10/2014)

Vangelo: Mt 21,33-43 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 33Ascoltate un’altra parabola: c’era un uomo che possedeva un terreno e vi piantò una vigna. La circondò con una siepe, vi scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano. 34Quando arrivò il tempo di raccogliere i frutti, mandò i suoi servi dai contadini a ritirare il raccolto. 35Ma i contadini presero i servi e uno lo bastonarono, un altro lo uccisero, un altro lo lapidarono. 36Mandò di nuovo altri servi, più numerosi dei primi, ma li trattarono allo stesso modo. 37Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: “Avranno rispetto per mio figlio!”. 38Ma i contadini, visto il figlio, dissero tra loro: “Costui è l’erede. Su, uccidiamolo e avremo noi la sua eredità!”. 39Lo presero, lo cacciarono fuori dalla vigna e lo uccisero. 40Quando verrà dunque il padrone della vigna, che cosa farà a quei contadini?». 41Gli risposero: «Quei malvagi, li farà morire miseramente e darà in affitto la vigna ad altri contadini, che gli consegneranno i frutti a suo tempo».

42E Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:

La pietra che i costruttori hanno scartato

è diventata la pietra d’angolo;

questo è stato fatto dal Signore

ed è una meraviglia ai nostri occhi?

43Perciò io vi dico: a voi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che ne produca i frutti.

La parola di Dio di questa XXVII domenica del tempo ordinario è appropriata al momento che stiamo vivendo: ottobre, il mese missionario; il sinodo straordinario sulla famiglia in Vaticano e altre varie celebrazioni ci attendono in questo mese. In questa domenica, infatti, si ritorna sul tema della vigna, che è l'antico Israele ed è il nuovo Israele, ovvero la Chiesa. Nell'antico popolo di Israele come nella Chiesa ci sono vignaiuoli assassini che uccidono la speranza della grazia, della vita, della comunione, della carità e dell'amore. Perché il Regno di Dio è tutto questo: è verità, giustizia, pace, amore, unità. La parabola appunto dei vignaiuoli assassini ci fa riflettere su come siamo oggi nella Chiesa. Se dalla parte di coloro che vogliono far crescere il popolo di Dio in santità e in missionarietà oppure vogliamo uccidere ogni prospettiva di vita spirituale e apostolicità, pensando che il regno sia esclusivo possesso nostro e che non serve far conoscere il Vangelo della gioia ad un mondo distratto da tante cose che non sono Dio.

Invece è esattamente il contrario quello che siamo chiamati a fare, essendo membri effettivi di questo regno, mediante il battesimo. Noi siamo chiamati a diffondere questo regno, parlando di Cristo con la testimonianza della nostra vita. Anche se gli altri profeti possono essere messi in discussione, Cristo non può essere eliminato nell'orizzonte della vita di fede. Far fruttificare questo Regno è dovere di tutto, come era dovere del vecchio israelita che aveva a cuore la fede comunicata da Javhè a Mosè sul Monte Sinai. Ma quel popolo non si preoccupava tanto di questo, al punto che Isaia denuncia questa scarsa operosità ed attaccamento al Regno. Egli infatti scrive senza mezzi termini, convinto più che mai che era necessario un cambiamento di mentalità per far fruttificare e far conoscere il Regno di Dio, tra gli uomini del tempo.

Quanto sia attuale questo testo lo comprendiamo alla luce dei tanti fatti di cronaca nel mondo, nella società e nella stessa chiesa che certamente non depongono bene. Anche i tanti crimini efferati che si stanno commettendo contro i cristiani ci fanno guardare al mondo di oggi con gli occhi della paura e del terrore, quando in realtà noi dovremmo pensare al bene e a fare bene il bene. Perciò l'apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di oggi ci dice di essere sereni, calmi e propositivi al massimo, mantenendo saldi i rapporti umani e la fiducia nel futuro. Non bisogna farsi rubare la speranza, come dice Papa Francesco, né tantomeno uccidere i diversi segnali di speranza e di rinascita che emergono dal mondo.

Quanto sia difficile percorrere questa strada della vera felicità lo comprendiamo alla luce dei tanti comportamenti assurdi che abbiamo. Cerchiamo il vero e in realtà diciamo il falso e viviamo nella menzogna e nella bugia, nell'ipocrisia al massimo grado; amiamo il bello e scegliamo il brutto e via dicendo. Siamo contraddittori in tante cose. Ecco perciò la necessità di dare una svolta alla nostra vita di cristiani, spesso basata sulla superficialità, l'apparenza e l'esteriorità. Qui bisogna entrare nel cuore del grande mistero della salvezza, come ci viene descritto nel vangelo di oggi e che è opportuno meditare nella sua interezza.

Gesù è la pietra scartata dai costruttori che è poi è diventata la pietra angolare per la costruzione di tutto l'edificio spirituale. Chi accetta Cristo entra nella fede e cammina nella fede; anzi fa crescere il suo Regno e lo promuove non con la pubblicità dei network di oggi, ma con la santità della vita, con la promozione del bene e la difesa della giustizia, della pace, lottando contro ogni forma di violenza e assassinio.

Il cristiano, che non uccide la speranza, la vita, la gioia è sulla linea di Cristo e pertanto ha la certezza di camminare nella luce e nella verità. Perciò possiamo legittimamente rivolgerci a Dio con questa preghiera: "Padre giusto e misericordioso, che vegli incessantemente sulla tua Chiesa, non abbandonare la vigna che la tua destra ha piantato: continua a coltivarla

e ad arricchirla di scelti germogli, perché innestata in Cristo, vera vite, porti frutti abbondanti di vita eterna". Amen.

 

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