PERFEZIONA LA RICERCA

FestiviFeriali

Parole Nuove - Commenti al Vangelo e alla LiturgiaCommenti al Vangelo
AUTORI E ISCRIZIONE - RICERCA

Torna alla pagina precedente

Icona .doc

TESTO Commento su Fil 2,1-11

Monastero Domenicano Matris Domini  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/09/2014)

Brano biblico: Fil 2,1-11 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Collocazione del brano
Settimana scorsa abbiamo ascoltato Paolo dibattuto tra il desiderio di essere unito a Cristo mediante la morte e quello di rimanere in vita per sostenere la fede delle giovani comunità cristiane. Nel brano che non leggiamo nella liturgia egli incoraggia i fedeli a lottare concordemente per la causa del vangelo contro gli avversari provenienti dall'esterno (1,27-30). Nel brano di oggi li invita a rimanere concordi, ad avere un atteggiamento di umiltà e di disponibilità al bene comune. A tal fine ripropone loro l'esempio dato da Gesù, attraverso l'inno Cristologico che abbiamo già letto la domenica dell'Esaltazione della Croce.
Lectio
Fratelli, 1se c'è qualche consolazione in Cristo, se c'è qualche conforto, frutto della carità, se c'è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione,
Paolo inizia questa nuova esortazione con uno stile accorato, quasi in forma di scongiuro. Con una costruzione retorica egli si appella a valori che si trovano nelle comunità cristiane: la consolazione che viene da Cristo, il conforto che nasce dall'amore, la comunione di spirito, l'amore e la compassione. I Filippesi nel momento della difficoltà devono controllare se nel loro arsenale hanno queste armi, che li possono aiutare a sostenere la prova.
2rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi.
Paolo fa leva sull'affetto che i Filippesi nutrono nei suoi confronti. Come un padre chiede loro di renderlo felice con un regalo: la loro unanimità e la loro concordia. E' questo il vero antidoto alla persecuzione, il vero fondamento che rende salda la comunità cristiana. La parola chiave di questi versetti è il verbo froneo, che viene tradotto con pensare, sentire. Ricorre per due volte in questo versetto (in italiano la seconda volta è tradotto con siate concordi). Paolo usa questo verbo per indicare l'atteggiamento interiore e dinamico del credente, basato sul suo nuovo essere in Cristo. Si compone di ragione, volontà e sentimenti del cuore. Riguarda la totalità della persona e marca le sue azioni e i suoi rapporti con gli altri.
3Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso.
Il sentire le stesse cose, si oppone alla rivalità e alla vanagloria e ben si sposa con l'umiltà, termine che in greco è composto di nuovo da froneo e letteralmente significa sentirsi piccolo, insignificante. Il messaggio viene ulteriormente ribadito nell'invito a considerare gli altri superiori a se stessi. Questo non per un gusto di annientamento, ma per avere gli uni verso gli altri la giusta stima e crescere nella concordia.
4Ciascuno non cerchi l'interesse proprio, ma anche quello degli altri.
Questa considerazione di sé e degli altri si deve poi tradurre in atti pratici. Ognuno nel procurare ciò che è necessario e vantaggioso per la propria vita non deve trascurare di guardare alle necessità degli altri.
5Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
Questo versetto fa da raccordo con l'inno Cristologico che si apre nel versetto seguente. Paolo ha esortato i suoi fedeli ad avere un unico sentire, a essere concordi. Ma in base a cosa essi possono assumere questo atteggiamento? Facendo proprio lo stesso sentire di Cristo Gesù. E' lui il modello.
6 egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l'essere come Dio,
L'unico che a buon ragione avrebbe potuto gloriarsi è proprio Gesù. Egli infatti era nella condizione di Dio: ciò comporta dominio, autorità e dignità. Eppure non si è avvalso di questa sua condizione per gloriarsi davanti agli uomini, anzi ha rinunciato a questa sua prerogativa. Il termine condizione fa coppia con quello usato nel versetto seguente: condizione di servo. Sottolinea così il paradosso del gesto libero e volontario con cui Gesù vi ha rinunciato.
7ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo,
In quale modo ha rinunciato alle prerogative della condizione di Dio? Svuotando se stesso, mettendo da parte gli attributi divini che non erano compatibili con la realtà dell'incarnazione. Questo svuotamento è servito dunque per assumere la condizione di servo, l'esatto opposto della condizione di Dio. Durante la sua vita terrena egli non volle comportarsi come Dio e signore degli uomini, ma come servo, privo di ogni dignità, autorità e potere, completamente dedito all'umile servizio degli altri. Il riferimento al servo ci porta al Servo di JHWH di cui si parla in Isaia 52,13-53,12 che sopporta la sofferenza per riconciliare gli uomini tra di loro e con Dio.
7cdiventando simile agli uomini. Dall'aspetto riconosciuto come uomo, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
In questa seconda parte del versetto 7 l'autore cerca di esprimere l'evento dell'incarnazione. Gesù è divenuto simile agli uomini, ma non solo: è stato riconosciuto in tutto e per tutto come un uomo. Non solo: in mezzo agli uomini egli si è ulteriormente umiliato, ha portato il suo svuotamento fino in fondo. In cosa è consistito questo svuotamento totale? Nella rinuncia a sentimenti di vanità, ambizione, autoesaltazione propri dell'essere umano. Egli piuttosto ha assunto una ferma e risoluta mitezza, aliena da ogni violenza, propria del servo di JHWH.
Il farsi obbediente fino alla morte quindi non è solo la descrizione di un itinerario che lo ha portato alla morte, ma un atteggiamento costante, che ha caratterizzato l'obbedienza e la mitezza di Gesù per tutta la sua vita. Gesù è arrivato alla morte, ma non solo. E' arrivato alla morte di croce. Molti tra i Filippesi avevano la cittadinanza romana e sapevano bene che la morte di croce era l'umiliazione più degradante, il colmo dell'abiezione.
9Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome,
L'inno trova qui uno spiraglio. Gesù è sceso al punto più basso, ma ora è il momento di parlare della sua esaltazione. Il linguaggio conciso e serrato dei versetti precedenti diventa ampio e ridondante. Il soggetto cambia. Non è più Gesù bensì Dio, il Padre. Proprio perché Cristo ha accettato di umiliarsi fino in fondo, il Padre lo ha esaltato. Inoltre Dio Padre gli ha donato, letteralmente lo ha gratificato, con un nome che è al di sopra di tutti gli altri, cioè il suo stesso nome JHWH, che in greco si traduce Kyrios. Lo statuto di Kyrios comporta la suprema dignità e la sovranità assoluta su tutto quello che esiste in cielo e in terra. Proprio Gesù che non ha voluto avvalersi del vantaggio della sua condizione divina, riceve in dono da Dio la dignità suprema di Dio stesso.
10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra,
Gesù viene esaltato perché davanti al suo nome ogni creatura si prostri in adorazione. Il nome è quello che gli è stato dato da Dio. Questo versetto attua la profezia di Is 45,23 (traduzione dei Settanta).
L'autore precisa la collocazione di tutte le creature: nei cieli, sulla terra e sotto terra, per evidenziare l'universalità di questa adorazione.
11e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.
L'inno raggiunge il massimo in questo versetto. Ogni lingua proclamerà che Gesù è Dio, è il Signore, il Kyrios per eccellenza. Gesù che durante la sua esistenza terrena ha voluto toccare il fondo dello svuotamento e dell'umiliazione, è stato innalzato alla suprema dignità.
Al termine abbiamo poi l'espressione: a gloria di Dio Padre. Con queste parole si vuole affermare che Gesù Cristo Signore non è il sostituto né un concorrente di Dio, in quanto la confessione della signoria di Cristo ritorna alla fine a gloria di Dio Padre. Questa dossologia serve anche a chiusura di tutto l'inno.

Meditiamo
- Quando hai visto forme di rivalità e di vanagloria all'interno della tua comunità cristiana?
- Cosa significa avere lo stesso sentire?
- Cosa significa per la tua vita avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù?

 

Ricerca avanzata  (53944 commenti presenti)
Omelie Rituali per: Battesimi - Matrimoni - Esequie
brano evangelico
(es.: Mt 25,31 - 46):
festa liturgica:
autore:
ordina per:
parole: