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TESTO Se qualcuno vuol seguirmi...

mons. Antonio Riboldi

XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (31/08/2014)

Vangelo: Mt 16,21-27 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, 21Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. 22Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». 23Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».

24Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 25Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. 26Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita? 27Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

A volte i nostri progetti non conoscono la pienezza della gioia, perché forse in essi abbiamo realizzato quello che è puramente un bene transitorio: erano il ‘sogno della vita', in cui si era riposta ogni aspettativa, ma poi si infrangono in un ‘vuoto' che sbriciola ogni possibilità di gioia e allora è davvero grande la nostra sofferenza, che, a volte, finisce nella sensazione di un fallimento della vita stessa.

Se ricordiamo, il Vangelo della scorsa settimana, ci raccontava dell'improvvisa e imprevista domanda di Gesù a quanti lo seguivano, dodici uomini, tanto semplici nella vita e desiderosi di ‘sogni': ‘Voi chi dite che io sia?'. La risposta di Pietro era stata immediata: ‘‘Tu sei il Cristo il Figlio del Dio vivente'.

E Gesù: ‘Beato te, Simone...'. Possiamo immaginare la grande gioia di Pietro. Ma Pietro non era ancora ‘entrato' nel grande mistero della presenza di Gesù tra di noi: la Sua missione, dataGli dal Padre, per la nostra salvezza. Una missione che subito dopo, nel vangelo di oggi, Gesù stesso svela ai Suoi, ‘scandalizzando' proprio il generoso Pietro.

"Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto, da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi e venire ucciso e resuscitare il terzo giorno". Un discorso chiarificatore, che mostrò, in tutta la sua durezza, il perché Gesù era venuto tra noi, per tutti. Pietro non accetta questa durezza. Gesù non poteva, secondo lui, finire così, e forse lo pensiamo anche noi, quando vediamo, oggi, Gesù calpestato, crocifisso, in tanti nostri fratelli.

Pietro, allora, non aveva capito, e non capiamo noi, oggi, la logica dell'amore che, per salvare, si fa dono totale, fino alla morte per la nostra resurrezione. Dio non si diverte a farci soffrire, ma permette la sofferenza - bagaglio del nostro essere creature limitate e finite, peccatrici - per la vita eterna.

"Pietro allora trasse in disparte Gesù - racconta Matteo - e cominciò a protestare dicendo: ‘Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai'. Ma Egli, voltandosi, disse a Pietro: ‘Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini'.

Allora Gesù disse ai suoi discepoli: ‘Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia la troverà. Quale vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnasse il mondo intero e poi perdesse la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli e renderà a ciascuno secondo le sue azioni'". (Mt. 16, 21-27)

Incredibile come Gesù affronti Pietro che, seppur per il grande amore che aveva per il Maestro, cercava di sbarrare la strada al disegno del Padre; un disegno che portava Gesù a dare tutta la vita, per renderci veramente liberi, figli di Dio, eredi del Suo Regno. Un duro prezzo quello che Gesù doveva pagare.

Pietro, in fondo, tentava di ‘fermare' la via del dolore, seguendo il nostro istinto, che vorrebbe cancellare la sofferenza, - e tanti hanno pensato o pensano così, ricorrendo anche al suicidio o ad altro - ma così facendo Pietro, come noi, ostacola la via dell'amore.

Pietro non si era neppure posto la ragione di una ‘necessità' del dolore, nei disegni di Dio, e neppure si era chiesto quale potesse essere la strada per raggiungere la pienezza della felicità, che è l'aspirazione di tutti: felicità che è dono del Padre e va conquistata. Ma lo sbaglio di Pietro, se ci pensiamo, è il nostro.

E pare di sentire rivolta a noi la risposta di Gesù: una risposta destinata a togliere ogni illusione, sempre: la sofferenza è necessaria, se vogliamo ‘pensare come Dio e non come gli uomini'.

Eppure fa impressione come il mondo tenti tutte le vie per sopprimere quella sofferenza, che è l'ombra della croce, proiettata su di noi e che ci precede sempre.
Giusto alleviare le sofferenze di chi è malato, è carità.

Ma difficile curare le sofferenze del cuore, che sono quelle che fanno più male, colpiscono, a volte, il centro della ragione di vivere e portano alla disperazione.

E non è facile, credetelo, anche per noi Pastori, farsi Cirenei di tante situazioni, in cui davvero il peso della croce a volte provoca tante cadute, come fu per Gesù, nella salita al Calvario. Ci vuole tanto, ma tanto amore, fino a farsi carico della sofferenza dell'altro, come Maria sotto la croce del Figlio. Ma è difficile, oggi, incontrare chi, non solo capisca il dolore, ma accetti di condividerlo.

Eppure è nella condivisione che si scopre ed esperimenta l'amicizia vera.

S. Paolo, scrivendo ai Romani, ci conferma tutti sull'inevitabilità della sofferenza, vissuta come amore: "Fratelli, vi esorto, per la misericordia di Dio, ad offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a Lui gradito e perfetto". (Rom. 12, 1-2)

Facendoci condurre per mano dalla parola di Dio, mi viene oggi da pensare a tanti dei miei amici, che hanno la bontà di riflettere con me e farsi illuminare da Dio stesso, e stanno vivendo piccole o grandi sofferenze, forse non trovando conforto e ragione.

Momenti difficili, che chiedono parole che diano ‘sapore' alle loro sofferenze.

Anch'io, esperto di tante sofferenze, conosco il dolore, e ho avuto il sostegno di tanti amici e fratelli, che mi sono stati vicini, ma il conforto ‘totale' l'ho sempre trovato solo nel Signore.

In un incontro con i malati e disabili, Papa Francesco, facendo riferimento al ‘Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati' ha detto:

"Con questa parola profetica Gesù si riferisce a una condizione della vita terrena che non manca a nessuno. C'è chi piange perché non ha salute, chi piange perché è solo o incompreso... I motivi della sofferenza sono tanti. Gesù ha sperimentato in questo mondo l'afflizione e l'umiliazione. Ha raccolto le sofferenze umane, le ha assunte nella sua carne, le ha vissute fino in fondo una per una. Ha conosciuto ogni tipo di afflizione, quelle morali e quelle fisiche: ha provato la fame e la fatica, l'amarezza dell'incomprensione, è stato tradito e abbandonato, flagellato e crocifisso. Ma - ha puntualizzato il Papa - dicendo ‘beati quelli che sono nel pianto', Gesù non intende dichiarare felice una condizione sfavorevole e gravosa della vita. La sofferenza non è un valore in se stessa, ma una realtà che Gesù ci insegna a vivere con l'atteggiamento giusto. Ci sono, infatti modi giusti e modi sbagliati di vivere il dolore e la sofferenza. Un atteggiamento sbagliato è quello di vivere il dolore in maniera passiva, lasciandosi andare con inerzia e rassegnandosi. Anche la reazione della ribellione e del rifiuto non è un atteggiamento giusto. Gesù ci insegna a vivere il dolore accettando la realtà della vita con fiducia e speranza, mettendo l'amore di Dio e del prossimo anche nella sofferenza: e l'amore trasforma ogni cosa".

Gesù, con tutta la sua vita, ha voluto insegnarci che il dolore, per essere sacro, deve sempre essere vissuto come amore. ‘Non c'è amore più grande che dare la vita per gli amici' ha dichiarato.

Amore e dolore sono come due poli che, uniti, danno luce e mostrano il Cuore di Dio. Ciò non toglie, che nel dolore noi ne sentiamo tutta la durezza.

Gesù, nostro Signore, Dio da Dio, l'avvertì e la visse nella preghiera, accettandola come ‘volontà del Padre' e sotto la croce, Maria, la Madre, ha voluto ‘stare', per vivere fino in fondo il dolore del Figlio.

In qualche modo, è morta con Lui, per poter diventare, per volontà del Figlio, nostra Mamma.

A Lei chiediamo di aiutarci, nei momenti di dolore, a farci vicino a Gesù e a Lei, sotto la croce, rendendoci capaci di quell'amore che rende il dolore gloria.

Come ha detto Papa Francesco: "Lei sa, lei conosce le sofferenze e ci aiuta sempre nei momenti più difficili".

 

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