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TESTO Dio è fatto così

don Mario Campisi  

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C) (12/09/2004)

Vangelo: Lc 15,1-32 (forma breve: Lc 15,1-10) Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Lc 15,1-32

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. 13Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. 17Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; 19non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. 20Si alzò e tornò da suo padre.

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. 22Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. 23Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. 27Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. 28Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. 29Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. 30Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. 31Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Forma breve (Lc 15, 1-10):

In quel tempo, 1si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:

4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

Quante volte, in questi ultimi anni, a partire da quell'11 settembre, abbiamo avuto davanti agli occhi immagini terribili di distruzione e di morte e nei nostri orecchi abbiamo sentito ronzare due parole continuamente associate tra di loro: terrorismo e fondamentalismo. Non possiamo fare a meno di considerare un'accusa che emerge di continuo quando ci si confronta con scenari drammatici di guerra e di intolleranza: non sono proprio le religioni ad alimentare questi conflitti e questi odi insanabili?

Tutti quelli che amano Dio, tutti quelli che hanno a cuore la verità e il buon nome di Dio, non possono che soffrire nel vederlo associato a ciò che è del tutto contrario a Lui. Sì, perché "il nome di Dio è pace e misericordia" e nessuno può essere così sfrontato e volgare da contraffare i suoi lineamenti al punto da addebitare a lui l'ispirazione di gesti che procurano sofferenza, lacrime e sangue e sono animati solo da uno spirito di intimidazione e di vendetta.

Il Vangelo di oggi mette noi cristiani davanti ad una realtà consolante: Dio non è rancoroso e vendicativo, ma è capace di una misericordia che noi, uomini e donne, facciamo fatica non solo a realizzare, ma ad immaginare. Dio si rallegra del nostro ritorno, anche se partendo abbiamo sbattuto la porta e se poi abbiamo dilapidato i beni che erano stati messi insieme con tanti sudori. Dio ci fa festa anche se torniamo in uno stato pietoso, del tutto impresentabili. Perché? Perché questo modo di fare che spiazza tutti quelli che attribuiscono a Dio il volto impietoso di un giudice duro o i connotati teglienti di una legge implacabile?

Credo che non ci sia altra risposta che questa: perché ci vuole bene, perché siamo suoi figli. Non c'è nulla che riesca a trattenere o impedire questo amore. Né la distanza che frapponiamo tra noi e lui, che a prima vista sembra incolmabile. Né le stupidaggini che riusciamo a compiere, che ci appaiono ben meritevoli di sanzioni. E neppure la cattiveria che talora attecchisce, in modo insano, nella terra del nostro cuore. Dio è così, e tutti quelli che gli vogliono bene, sono contenti di questa realtà e tentano, per quello che possono di riuscire, ad introdurre nella loro esistenza almeno un pizzico di quella misericordia che ricevono abbondantemente da lui. Solo chi vuole sfruttare il nome di Dio per scopi bassi e ignobili, può arrivare a mettergli una maschera orribile. Purtroppo come ogni tradizione religiosa sana reca con sé il marchio di autenticità di questo amore di Dio che ci ammanta col suo perdono (non si dimentichi che anche Allah è chiamato "il Misericordioso"), così ogni tradizione religiosa può essere infettata da una malattia mortale che trasferisce su Dio i bisogni istintivi degli uomini, bisogno di vendetta, di annientamento dell'avversario, di distruzione di vite innocenti. Accogliere e offrire misericordia: ecco l'unica medicina che ci può salvare dal pericolo di infangare a questo punto il volto di Dio.

 

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