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TESTO Amore e dolore nel segno della croce

mons. Antonio Riboldi

Esaltazione della Santa Croce (14/09/2014)

Vangelo: Gv 3,13-17 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Gv 3,13-17

13Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. 14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, 15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.

È davvero un grande mistero dell'amore di Dio per noi quello che contempliamo nella Croce su cui il Figlio unigenito donò tutto se stesso, per farci partecipi del Suo Amore e della Sua Gloria.

La Chiesa, oggi, celebra cantando "il vessillo della croce, mistero di morte e di gloria... o croce unica speranza, sorgente di vita immortale, accresci ai fedeli la grazia, ottieni alle genti la pace".

Così Paolo VI, presto beato, ci interpella: ‘La croce non è del tutto scomparsa nei profili dei nostri paesaggi rurali. Riposa anche sulle tombe dei nostri morti.... Non è scomparsa dalle pareti di casa nostra (o almeno spero che le mode moderne non l'abbiano sfrattata di casa, per fare posto ad altro che è la vanità dell'uomo). Cristo è la pendente, morente, con il suo tacito linguaggio di sofferenza redentrice, di speranza che non muore, di amore che vince e che vive. Questo è davvero bello. Ancora, almeno con questo segno siamo cristiani. Ma poi, nelle nostre coscienze personali grandeggia ancora questo tragico e insieme luminoso albero della croce?... Noi tutti ricordiamo certamente che, se davvero siamo cristiani, dobbiamo partecipare alla passione del Signore e dobbiamo portare dietro i passi di Gesù, ogni giorno, la nostra croce. Cristo crocifisso è esempio e guida'. (14 settembre 1971)

Tutti noi, che viviamo, senza eccezioni, abbiamo una croce personale.

Ciascuno ha la sua. Inutile confrontarsi. Ogni croce è fatta su misura per le spalle di ciascuno. Rappresenta la nostra storia di dolore. E ogni croce ha il suo significato, solo se, come quella di Gesù, è portata con amore. Diversamente diventa disperazione. E tutti sappiamo quali pericoli genera la disperazione. Tutti abbiamo potuto conoscere amici, persone che, non trovando la via dell'amore, soffrono fino all'inverosimile.

Ma ogni croce che portiamo, anche se non lo comprendiamo, è una storia e può diventare una meravigliosa storia di amore: quell'amore che non si racconta come una favola, che non evade i problemi, ma si celebra con la ferialità della vita, che sempre contiene gioie e sofferenze.

Porto sempre con me l'immagine di un quadro dell'Addolorata, presente nella cappella del mio noviziato al Calvario di Domodossola. Attorno a quella Madonna, che è l'icona della sofferenza, è scritto: ‘All'amore e al dolore'. Amore e dolore come le due braccia della croce. Ma bisogna avere tanta fede e saper vivere partecipando alla passione del Signore, che porta alla resurrezione.

È nei momenti della sofferenza che si misura la nostra fede in Gesù e il nostro amore per Lui.

Dice l'apostolo Giovanni nel Vangelo di oggi: "Gesù disse a Nicodemo: ‘Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo, che è disceso dal cielo.... Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui". (Gv. 3, 13-17) Sembra quasi incredibile che Dio ci ami così tanto!

I cristiani che riescono nella vita pratica a penetrare in questo mistero ineffabile di amore, scoprono nella sofferenza un modo di ricambiare tanto amore.

Dobbiamo riacquistare il vero senso dell'amore che vive anche di sofferenza, di dolore.

Scriveva sempre Paolo VI, parlando della Croce che attira a sé:

"Siamo tutti in modo e in grado diverso, sofferenti: forse non sentiamo l'invito, che a sé ci chiama, dell'Uomo che conosce il soffrire. Il dolore che nel mondo naturale è come un isolante, per Gesù è un punto di incontro, è una comunione. Ci pensate fratelli? Voi ammalati, voi disgraziati, voi moribondi? Ci pensate voi uomini aggravati dalla fatica e dal lavoro? Voi, oppressi e solitari dalle prove e dalle responsabilità della vita? Tutti vi possono mancare, Gesù in croce, no. Egli è con voi. Egli è in noi. Di più, Egli è per noi. È il grande mistero della croce: Gesù soffre per noi!

Espia per noi. Condivide il male fisico dell'uomo, per guarirlo dal male morale.... ci parla di misericordia, ci parla di amore, di resurrezione". (giugno 1956)

Gesù ha detto ai discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" e in un'omelia Papa Francesco ha sottolineato che questo è lo stile cristiano: ‘Noi non possiamo pensare la vita cristiana fuori da questa strada. Sempre c'è questo cammino che Lui ha fatto per primo: il cammino dell'umiltà, il cammino anche dell'umiliazione, di annientare se stesso, e poi risorgere. Ma, questa è la strada. Lo stile cristiano, senza croce non è cristiano, e se la croce è una croce senza Gesù, non è cristiana. Lo stile cristiano prende la croce con Gesù e va avanti. Non senza croce, non senza Gesù.... E questo stile ci salverà, ci darà gioia e ci farà fecondi, perché questo cammino di rinnegare se stessi è per dare vita, è contro il cammino dell'egoismo, di essere attaccato a tutti i beni soltanto per me... Questo cammino è aperto agli altri, perché quel cammino che ha fatto Gesù, di annientamento, quel cammino è stato per dare vita. Lo stile cristiano è proprio questo stile di umiltà, di mitezza, di mansuetudine".

Le prove, le croci, le sofferenze di tutti i giorni, se offerte, ci santificheranno e tramite esse il Signore salverà molte anime. La Vergine apparsa ai pastorelli di Fatima ce lo ha confermato, chiedendo loro: «Volete offrire a Dio tutte le sofferenze che Egli desidera mandarvi in riparazione dei peccati dai quali Egli è offeso e per domandare la conversione dei peccatori?».

La loro risposta fu immediata: «Sì, lo vogliamo!» E Maria continuò: «Andate dunque perché avrete molto da soffrire, ma la Grazia di Dio vi conforterà». (Fatima, 13 maggio 1917)

Chiediamo allo Spirito Santo occhi per vedere e cuore per amare.

Invochiamo lo Spirito Santo insieme, perché davvero l'Amore di Dio, rivelatosi a noi in Gesù Crocifisso, tocchi nel profondo il nostro cuore e cambi la nostra vita.

 

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