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TESTO Una Chiesa a servizio della società

don Alberto Brignoli  

XXIII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (07/09/2014)

Vangelo: Mt 18,15-20 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. 18In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.

19In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Sono passati solamente quindici giorni da quando, nella Liturgia della Parola, il Maestro affidava a Pietro il Primato sulla comunità dei credenti: gli affidava un incarico di grande responsabilità, quello di guidare la Chiesa nascente. E lo faceva concedendo a Pietro poteri particolari, vincolanti qui in cielo come in terra: "Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli". Il Primato di Pietro (e dei suoi successori) ha un potere veramente grande, e le sue implicazioni storiche lo hanno dimostrato in più occasioni.

Passano - dicevo - solo quindici giorni (o se vogliamo, due capitoli del Vangelo di Matteo), e il potere legato al Primato di Pietro scivola quasi d'improvviso nelle mani della comunità dei discepoli. Al gruppo dei suoi che lo seguivano nel suo viaggio dalla Galilea verso Gerusalemme, Gesù ripete questa stessa frase: "Tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in cielo". Come mai quel "potere" che il Maestro aveva affidato a Pietro, ora passa nelle mani della comunità dei discepoli? Che cosa è avvenuto, nel frattempo, perché Gesù attuasse questo cambiamento?

Mi pare di notare due elementi. Stando alla Liturgia della Parola che abbiamo letto domenica scorsa, ricordiamo bene la forte presa di posizione da parte di Gesù nei confronti proprio di Pietro, che dopo essere stato insignito del Primato, viene "bollato" da Gesù stesso come "satana", come colui che si oppone al piano di salvezza di Dio. Pietro, quindi, se vuole continuare a sentirsi degno del Primato che gli è stato conferito, non deve atteggiarsi a giudice e inquisitore rispetto al volere di Dio, ma deve tornare al posto che gli spetta, deve stare "dietro di lui", come si conviene a un discepolo fedele al proprio Maestro, un discepolo che non si permette di insegnare nulla al Maestro, perché comunque il Maestro è più grande di lui. Pietro, pur con il Primato in tasca, non deve dimenticarsi di essere un umile servo: deve accettare di farsi piccolo e di mettersi al servizio degli altri.

Questo trova conferma - ed è il secondo elemento - nei discorsi successivi a quell'episodio, e soprattutto nelle parole che, all'inizio del capitolo 18 di Matteo, precedono il brano di vangelo di oggi: Gesù, infatti, stava rispondendo ai suoi discepoli che erano preoccupati di sapere chi fosse il più grande nel Regno dei cieli. La risposta di Gesù la conosciamo bene: "Chiunque diventerà piccolo come un bambino, sarà il più grande nel Regno dei cieli". Gesù, quindi, "corregge il tiro" e sposta il Primato di Pietro (e il potere che ne consegue) sulla Comunità dei credenti, che detiene il Primato nel Regno nella misura in cui accetta di stare al suo posto, ovvero di sentirsi sempre "discepola", alla scuola di Gesù, e soprattutto di farsi "piccola" come un bambino, di farsi "ultima", a servizio dell'uomo. Né Pietro né la Comunità dei discepoli - oggi diremmo "né il Papa, né i Vescovi, né l'insieme dei credenti che costituisce la Chiesa" - detengono un Primato o un potere per le loro particolari doti o per carismi soprannaturali: se possono permettersi di avere un Primato, è quello di essere continuamente alla scuola del Maestro e al servizio dell'umanità.

La narrazione di un fatto di vita quotidiana, che ha quasi il sapore di una parabola (quello di un membro della comunità che sbaglia e viene richiamato all'ordine dagli altri) diviene per Gesù l'occasione per mostrarci concretamente cosa voglia dire mettersi al servizio: vuol dire, ad esempio, servire la causa della concordia, della riconciliazione, del perdono, della ritrovata comunione tra un membro della comunità e la comunità stessa. E ogni sforzo fatto dalla comunità per riportare pace e riconciliazione ha una valenza enorme, perché non vale solo qui, nel nostro cammino terreno, ma ha forza anche nel cielo, dove porteremo a compimento il nostro affannarci sotto il sole.

Il Vangelo di oggi, allora, è un grande insegnamento sulla funzione che la Chiesa svolge nella comunità, non solo nella comunità dei credenti che è al suo stesso interno, ma anche in quella comunità che è la società civile: non si tratta di un potere o di un Primato sulle coscienze, per cui ciò che stabilisce la Chiesa vale in modo universale per ogni uomo e per ogni donna sulla faccia della terra in virtù di questo Primato, bensì di una funzione di servizio, in modo particolare alla riconciliazione, alla concordia, all'unità, alla pace.

È un tema, quello della funzione di servizio alla pace e alla riconciliazione svolto dalla Chiesa all'interno della società civile, che è tornato di recente molto attuale, dopo che sono state captate conversazioni tra uomini della malavita organizzata che rinfacciavano a esponenti del clero di "impicciarsi" delle problematiche sociali. "I sacerdoti vanno bene fino a quando si fanno i fatti propri - questo era il senso delle loro affermazioni - quando impartiscono battesimi e comunioni, quando non si impicciano degli affari degli altri. Altrimenti diventano "sbirri", "disgraziati", individui da eliminare con qualsiasi mezzo". E non sono solo i sacerdoti a dare "fastidio" quando si occupano di riconciliazione, di pace e di una società basata sulla concordia: è tutta la comunità dei credenti, è la Chiesa nel suo insieme con essere presenza viva, e a volte scomoda, del Vangelo nella società. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro": questo è il Primato e il potere che la Chiesa ha, la presenza del Maestro, vivo e Risorto, in mezzo a noi.

E questo primato non si esercita con la pretesa di conservare privilegi, o attraverso la manipolazione delle coscienze o ancora peggio nella presunzione di poter dire al proprio Maestro "Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai!", a volte addirittura ostacolando il suo piano di salvezza. Il Primato della comunità è quello della carità e del servizio, e si esercita nel perdono, nella riconciliazione e nell'ostinata ricerca della concordia e della pace. Questo può dare fastidio, certo, ma rende la Chiesa vera e credibile: "Su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa".

Il senso di questa frase detta a Pietro ora si comprende meglio: non c'è nulla di più forte di una Chiesa a servizio dell'uomo, e nulla di più debole di una Chiesa che pretende di farla da padrona.

 

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