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TESTO Commento su Ez 18,25-28; Sal 24; Fil 2,1-11; Mt 21,28-32

CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)  

XXVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (28/09/2014)

Vangelo: Ez 18,25-28|Sal 24|Fil 2,1-11|Mt 21,28-32 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 21,28-32

In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: 28«Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. 29Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. 30Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. 31Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. 32Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli.

Le letture di questa domenica hanno come tema l'obbedienza al progetto di Dio ed il Vangelo si sofferma in particolare sulla differenza tra "l'intenzione" e "l'azione", affrontando il tema di un'autentica vita di fede che non è il conformismo religioso dei nostri facili "si", ma lo sforzo di collocarci ogni giorno dove il Signore veramente ci vuole.
Il profeta Ezechiele, nella prima lettura, parte dalla valutazione del suo popolo sul modo di agire di Dio, il quale risponde: "Ascolta dunque, casa d'Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?". Ogni uomo è arbitro della propria salvezza e il Signore è pronto a condannare il giusto che abbandona la sua strada e a perdonare il peccatore che si converte. Dio ci dice, attraverso il profeta Ezechiele. che per Lui il passato non conta, ma ciò che ha valore è convertirsi a Lui in maniera decisa e definitiva.
Nel Salmo 24 il Salmista, a nome di ogni uomo riconosce la propria fragilità morale e si rivolge a Dio per chiedergli di istruirlo per diventare discepolo (insegnami, guidami e istruiscimi), per trovare la via retta che produce gioia e felicità, dimenticando le "ribellioni" e i "peccati della giovinezza".
Nella seconda lettura l'apostolo Paolo esorta i Filippesi a vivere le relazioni quotidiane con carità, disponibilità e amore verso tutti i fratelli per poter realizzare una vera comunione. Esalta l'esempio di Cristo che, pur essendo Dio, ha assunto con umiltà la natura umana facendosi servo di ogni uomo sino alla morte di "croce". Gesù, che dice di sì al progetto del Padre e fa esperienza della fatica che questo comporta nel quotidiano per mettesi al servizio dell'uomo, è il modello del nostro cristianesimo, il modello del sì autentico, senza riserve, che noi dobbiamo dire a Dio nel quotidiano. Il sacrificio di Cristo richiede umiltà, ascolto, obbedienza. La salvezza attuata dal Figlio trasforma le nostre vite, solo se facciamo nostri "gli stessi sentimenti di Cristo Gesù" (Fil 2,5), che per liberarci dal peccato non ha esitato ad abbassarsi (incarnarsi) nella nostra storia. Il Figlio obbediente accetta fino alla morte la volontà del Padre.
Nel Vangelo troviamo un'altra parabola che ha come soggetto la vigna, cioè il popolo d'Israele. Questa parabola è indirizzata a tutti coloro, che ieri ed oggi avrebbero dovuto accogliere Gesù e il suo Vangelo, ma in realtà lo hanno rifiutato.
Gesù ci invita a riflettere sulla differenza che c'è tra un vago conformismo religioso e un serio impegno di coerenza. Abbiamo riempito per secoli le nostre chiese, abbiamo studiato catechismi a memoria, abbiamo segnato con i sacramenti tutte le grandi tappe della nostra vita, ma c'è da domandarsi che segno abbia lasciato tutto questo in noi. Molti, ad esempio, richiedono ancora i sacramenti: ma che "segni" sono per la nostra vita?
Gesù ci dice che ciò che conta sono i criteri che orientano il nostro vivere: non basta il professarsi cristiani, frequentare dei riti o dire delle preghiere per tenere Dio tranquillo, ma comporta dire quel sì con i fatti. A questo proposito ci fa anche capire che ci sono anche quelli che dicono di no alle norme, ai riti, ai simboli della chiesa (perché non li capiscono) ma poi, di fatto, si impegnano per la giustizia, la pace, la fraternità. Costoro, al di là delle loro intenzioni, fanno la volontà di Dio più di molti che si dichiarano credenti, ma non fanno nulla. Non bastano le prese di posizione. Alle parole devono seguire le azioni, la condotta coerente e l'esempio personale.
I due fratelli della parabola vedono il Padre come un padrone. Al v. 30 il figlio, che poi non andò nella vigna, risponde: "sì, Signore" e non come ci aspetteremmo "sì, padre" mettendo in luce un rapporto più tra padrone - servo che tra padre e figlio. Questa relazione lo porta a vivere come schiavo di una volontà superiore che non capisce, ma di cui sente soggezione e timore. Ma nell'annuncio di Gesù questa logica è capovolta: Dio è un padre, non un padrone. Dio ama e invita ad accogliere il suo amore e non comanda.
Siamo tutti figli. A tutti vengono date le stesse possibilità di fare la sua volontà, anche se in situazioni e occasioni diverse.
In quei due figli è rappresentato ognuno di noi, con in sé un cuore diviso, un cuore che dice «sì» e uno che dice «no», che poi diventa un «sì», che dice e poi si contraddice.
Ma in questa parabola esiste una terza figura di figlio, che non siamo noi ma Gesù, il Figlio del Padre, che dice immediatamente «sì» al progetto di salvezza dell'umanità che Dio Padre gli chiede di realizzare, anche a costo di donare la sua vita sulla croce per noi.
Per la riflessione di coppia e di famiglia:
- Abbiamo fatto una buona parte del cammino liturgico-pastorale, a che punto è il nostro prendere coscienza da un cristianesimo di facciata a un cristianesimo di coscienza? (vedi il vangelo).
- Per noi la liturgia è momento di "istruzione" (formazione), oppure è una pratica esteriore, rituale senza collegamenti con la vita? Quali strumenti possiamo utilizzare per dare forma al nostro modo di pensare, di amare e di agire?
Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino

 

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