TESTO Commento su Rm 9,1-5
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XIX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) (10/08/2014)
Brano biblico: Rm 9,1-5

[Dopo che la folla ebbe mangiato], 22subito Gesù costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo.
24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». 31E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». 32Appena saliti sulla barca, il vento cessò. 33Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
Collocazione del brano
Nel capitolo 8° Paolo ha parlato della vita nuova a cui si accede grazie alla fede e all'azione dello Spirito. Dedica poi i capitoli 9-11, gli ultimi tre della parte teologica della lettera, alla questione del popolo di Israele, che non ha accettato la testimonianza di Gesù e per questo motivo si trova escluso dalla salvezza. Da bravo israelita egli si rende conto della gravità di questo fatto e soffre per il popolo nel quale è nato e cresciuto, il popolo della promessa, che non ha saputo riconoscere la visita del suo Dio. Egli dedica dunque i capitoli 9-11 al ruolo di Israele nella storia della salvezza. Di questa argomentazione leggeremo solo l'inizio (questa domenica 9,1-5) e la fine (domenica prossima, 11,13-32).
Lectio
Fratelli,1 Dico la verità in Cristo, non mento, e la mia coscienza me ne dà testimonianza nello Spirito Santo:
Paolo affronta il tema della situazione di Israele con una lamentazione, simile a quelle dell'AT. Sinceramente Paolo è dispiaciuto per il suo popolo e lo giura prendendo a testimone non solo la sua coscienza, ma anche Cristo e lo Spirito Santo.
2 ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua.
Gli aggettivi grande e continua indicano il grado di intensità e l'arco di incidenza della sua sofferenza. Esse sono talmente grandi da fargli desiderare cose estreme, di fatto assurde.
3 Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.
La cosa estrema che desidera è quella di essere anàtema, cioè di attirare su di sé la maledizione divina (questo significa il termine nel NT, vedi 2Cor 1,23; Gal 1,20) pur di ottenere la conversione di Israele. Si tratta di suoi fratelli, quindi il suo amore per loro è molto forte. Questo desiderio caratterizzerà tanti altri santi lungo la storia della Chiesa. Essi avrebbero voluto essere mandati all'inferno pur di evitare la dannazione di coloro che non riconoscevano Dio.
4Essi sono Israeliti e hanno l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse;
Paolo enumera ora i motivi per cui ha tanta dedizione per i suoi fratelli. Israeliti è il nome che qualifica i discendenti di Giacobbe come interlocutori di Jahvé nella storia della rivelazione (Gen 32,29). L'adozione a figli esprime l'appartenenza di coloro che sono stati liberati dalla schiavitù di Egitto (Es 4,22; Os 11,1). La gloria è la presenza maestosa del Signore che ha accompagnato il popolo nel cammino attraverso il deserto (Es 16,10) e ha preso dimora nel tempio di Gerusalemme (1Re 8,10-11). Le alleanze al plurale significano la continuità della storia all'insegna del patto stretto da Jahvé con Abramo, con Isacco e Giacobbe e con il popolo del Sinai. La legislazione è la Legge che il Signore gli ha affidato sul Sinai, rivelatrice della volontà del Dio alleato. Il culto è la liturgia con cui Israele può lodare il suo Signore. Le promesse sono quelle a cui Dio si è obbligato in modo gratuito e incondizionato e che di fatto sono state mantenute.
5 a loro appartengono i patriarchi e da loro proviene Cristo secondo la carne, egli che è sopra ogni cosa, Dio benedetto nei secoli. Amen.
Ancora Israele è il popolo dei patriarchi, i primi a cui il Signore si è rivolto e a cui ha affidato le proprie promesse. Infine nel popolo eletto è nato Cristo secondo la carne, cioè nella sua esistenza terrena e storica. Egli è dunque il punto di arrivo della storia della grazia dell'AT. Tutto converge a Cristo, la realizzazione di tutte le promesse di Dio (2Cor 1,20). Allora, come mai gli israeliti, che hanno ricevuto tutti questi privilegi, rifiutando Cristo e il Vangelo si sono esclusi dall'adempimento delle promesse di Dio? La risposta si avrà nel seguito dell'argomentazione di Paolo. Qui vi è un brusco cambio di genere letterario. Alla lamentazione subentra un'espressione di lode nei confronti di Cristo. L'andamento logico del discorso avrebbe richiesto l'affermazione che Cristo non è stato riconosciuto dal suo popolo. Prima di affermare questo Paolo sente l'esigenza quindi di affermare la sua divinità e di rivolgere a lui un'espressione di lode, suggellata dall'amen, la risposta della fede.
Meditiamo
- Qual è il mio atteggiamento verso i miei cari che non condividono la mia fede?