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TESTO Commento su Mt 5,13-19

Monastero Domenicano Matris Domini  

S. Domenico (08/08/2014)

Vangelo: Mt 5,13-19 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 5,13-16

13Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.

14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.

Collocazione del brano
Questo è uno dei tre brani di Vangelo che si possono scegliere per la celebrazione della solennità di san Domenico di Guzman, il nostro fondatore. E' tratto dal capitolo 5 di Matteo, dal cosiddetto "discorso della montagna", la nuova legge proclamata da Gesù sul monte, che non sostituisce ma porta a compimento la Legge di Mosè. I 10 comandamenti sono compiuti dalle 8 beatitudini. Il brano che leggiamo in questa solennità segue immediatamente le beatitudini e indica il compito dei discepoli di Cristo e la posizione della Legge nuova rispetto a quella antica. Il brano è stato scelto per la solennità di san Domenico poiché esorta i cristiani ad essere sale e luce della terra, con la loro testimonianza e l'annuncio della Parola. Un altro motivo di questa scelta è il riferimento all'osservanza e all'insegnamento della legge antica accanto a quella nuova.
Lectio
13 Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Le ultime battute del brano precedente parlavano della beatitudine riguardante la persecuzione e della ricompensa che avrebbero ottenuto quanti sarebbero stati investiti da tale persecuzione. Ora si passa a tre immagini che fanno comprendere in modo vivo quali siano le caratteristiche del discepolo.
La prima è quella del sale, al quale si associano diverse funzioni: dà sapore ai cibi, li conserva e nei sacrifici antichi si utilizzava allo scopo di purificare la vittima offerta (cf. Lv 2,13). Inoltre nell'AT il sale per le sue proprietà di conservazione veniva considerato simbolo di valori duraturi (Nm 18,19; 2Cr 13,5). Infine è ritenuto simbolo di sapienza.
La comunità cristiana dunque è sale della terra poiché il vangelo dà senso non solo all'esistenza personale, ma anche a quella di ogni persona e di tutta la comunità umana. Infatti la fede in Cristo ci rende consapevoli della nostra identità di figli del Padre e conseguentemente di fratelli e sorelle.
Il sale non può essere adulterato e perde le sue proprietà solo se viene sciolto, solo se scompare. Così il credente può perdere credibilità e significato se si discioglie, se si nasconde della massa e perde la sua vera identità, quando il suo vivere non ha più il sapore del vangelo: il discepolo che non ha il sapore di Cristo non serve a nessuno e a buon ragione può essere messo in ridicolo.
14 Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte,
In questo versetto abbiamo la seconda e la terza immagine: la luce, che sarà ripresa ai vv. 15-16, e la città costruita sul monte. Quest'ultima fa forse riferimento alla città di Gerusalemme (cf. Is 2,2-3) costruita sul monte Sion, dove si trova il tempio del Signore. La comunità cristiana è come la città santa, dove si vivono relazioni sante.
Il tema della luce è molto presente nei testi del NT, in particolare riferito a Gesù; in Mt 4,12-17 (vedi 3a domenica del tempo ordinario - anno A) egli era stato indicato come la grande luce che rischiara le terre di Zabulon e Neftali. Restando in lui i credenti possono a loro volta essere luce del mondo per tutti quelli che stanno nella casa. Anche per questo tema abbiamo un riferimento ad Israele (che per primo nell'AT viene detto luce delle nazioni, Is 42,6 e 49,6) che ribadisce l'idea della comunità cristiana come nuovo Israele. San Paolo nelle sue lettere dirà che i cristiani devo splendere come astri nel mondo (Fil 2,15) e che sono luce nel Signore, dopo essere stati tratti dalle tenebre (Ef 5,8).
15 né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. 16Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli.
L'immagine della luce viene qui ripresa in una prospettiva un po' diversa: il credente non è più detto luce, ma lampada (come nel vangelo di Giovanni dove il Precursore è detto lampada che arde e risplende, cf Gv 5,35) poiché riceve da Cristo la sua luce. Il moggio aveva la forma di un mastello poggiato su tre o quattro piedi. Quale lampada il discepolo di Gesù splende e illumina quanti sono nella casa (cioè nella Chiesa) non per averne gloria ma allo scopo di dare gloria al Padre vostro che è nei cieli. Il cristiano non è invitato a cercare successo, ma a vivere la sua identità.
Come in Mt 5,3-12 il fine dell'atteggiamento buono delle beatitudini è vivere sotto la Signoria di Dio ( il regno dei cieli), così nei vv. 13-16 per il cristiano essere luce e sale, vivere le opere buone indicate dalle beatitudini, spinge le persone che lo vedono a glorificare Dio Padre. L'evangelista ci vuole suggerire che il sapore e la luce di Cristo e del vangelo può giungere al mondo anche oggi, attraverso i suoi discepoli. L'appellativo il Padre vostro che è nei cieli è caratteristico del primo evangelista nel NT e rappresenta un tipico modo ebraico di rivolgersi a Dio nella preghiera.
17 Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
Dopo aver esortato i discepoli a vivere pienamente e in modo visibile la loro fede, Gesù chiarisce la sua posizione nei confronti della Legge e dei Profeti. Legge e Profeti erano le prime due grandi parti della Bibbia ebraica: i precetti del Signore e le parole dei suoi servi (i profeti appunto) che ricordavano al popolo di Israele tali precetti nei momenti in cui vi erano delle difficoltà (invasioni, deportazione...). Si tratta dunque di tutto l'Antico Testamento. Queste parole iniziali attiravano l'attenzione di tutti coloro che erano cresciuti studiando e osservando tutto ciò che era scritto nella Bibbia e che poi avevano aderito al Vangelo.
E' importante ricordare che la Legge (la Torah consegnata sul Sinai a Mosé) è prima di tutto un dono che Dio ha fatto al suo popolo, con lo scopo di far conoscere la sua volontà salvifica. Un esempio di questo pensiero lo si può trovare nel lungo salmo 118 (119) in cui si cantano le lodi della Legge. In ebraico Torah deriva dal verbo istruire con un particolare riferimento all'istruzione trasmessa dal Pentateuco. La Torah è un insieme di leggi, ma anche una maestra di vita.
Gesù dà pieno compimento alla legge poiché la osserva. Inoltre egli è il Messia predetto dalla Scritture, quindi le porta a compimento. Infine la porta a compimento in quanto nel comandamento dell'amore indica il perno attorno a cui ruota tutta la Rivelazione.
18 In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.
Ricorrendo a un iperbole di stile orientale Gesù ribadisce il concetto. Fino alla fine del mondo, quindi in modo del tutto assoluto, la Legge manterrà la sua validità. Questo poteva mettere in pace quanti erano rimasti fedeli alla Legge e che con il cristianesimo si sentivano certo defraudati di un valore importante. L'iperbole è ancora più forte perché della Legge vuole mantenere i segni più piccoli. Uno è lo iota, traduzione della parola iod la lettera dell'alfabeto ebraico più piccola, in quanto somiglia al nostro apostrofo. Il trattino ( keraia, in greco) indica un segno grafico piccolissimo.
Senza che tutto sia avvenuto: la Torah, l'Antico Testamento mantengono la loro forza riguardo a quanto hanno insegnato e predetto. La presenza di Gesù li porta a compimento, sia per quanto riguarda il giudizio alla fine dei tempi, sia rispetto alla morte e risurrezione di Gesù.
19 Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Gesù indugia ancora nel rassicurare il suo pubblico israelita affermando la validità della legge. Anzi si mette in atteggiamento polemico nei confronti dei rabbini del suo tempo che osavano fare delle gerarchie all'interno della Legge distinguendo tra precetti più o meno importanti. Già qui troviamo affermato il senso generale della Legge: essa va osservata per il suo valore di unione a quel Dio che l'ha donata, non in forza del singolo precetto. Così l'osservanza o meno della legge si traduce in termini di importanza all'interno del regno dei cieli, cioè nella maggiore o minore intensità di relazione con Dio.
Meditatio
- Cosa significa per me essere sale?
- Ti sembra di aver visto mai dei discepoli di Gesù che hanno perso il sapore?
- Chi è che illumina tutta la casa?

Preghiamo
(Colletta della Solennità di san Domenico di Guzman, sacerdote)
O Dio, che hai fatto risplendere la tua Chiesa con le opere e la predicazione di san Domenico, nostro padre; dona agli uomini il necessario per vivere ma soprattutto l'abbondanza di beni spirituali. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

 

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