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TESTO Commento su Matteo 4,18-22

don Michele Cerutti

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VIII domenica dopo Pentecoste (Anno A) (03/08/2014)

Vangelo: Mt 4,18-22 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

Visualizza Mt 4,18-22

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. 19E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». 20Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. 21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. 22Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.

Diverse figure di chiamati per indicarci che il Signore in ogni tempo chiama alla sua sequela.

La prima lettura ci indica la figura di Samuele. La lettura ci dice che questo giovane viene chiamato nel momento in cui la parola del Signore era rara a causa dell'abbassamento dei costumi nel popolo di Israele. Samuele apparteneva alla tribù di Efraim. Nel primo dei libri di Samuele si racconta che sua madre, Anna, era sterile e per questo veniva derisa e disprezzata dalla prima moglie di Elkanah, Peninnah, che aveva già dato ad Elkanah due figli. Anna si recò allora presso il santuario di Silo per pregare il Signore e ottenne la grazia di rimanere incinta di un figlio, che chiamò Samuele e che consacrò al Signore, con voto di nazireato, lasciandolo vivere presso l'anziano sacerdote Eli nel Tabernacolo di Silo. Fu lui a scegliere il primo re per il popolo ebraico in Saul e anche il suo successore in Davide, avendo così un ruolo di primo piano nella nascita della monarchia in Israele.

Il Signore continua a chiamare anche in un contesto povero di religiosità come quello che stiamo vivendo oggi. Probabilmente sono sorde le nostre orecchie alla sua voce. Il chiamato alla sequela necessita di figure che accompagnino a un discernimento della chiamata per evitare che quella che presumiamo essere voce è solo una nostra autoconvinzione. La guida deve trovare una persona chiamata disposta ad aprirsi con cuore sincero sull'esempio di Eli che esorta Samuele ad aprirsi a raccontare tutto ciò che ha vissuto.

Mentre in questa domenica preghiamo - come abbiamo già fatto nella III domenica del Tempo Pasquale, giornata del buon Pastore e giornata mondiale per le vocazioni - perché il Signore non si stanchi mai di chiamare giovani alla Sua sequela e trovi in loro una risposta convinta, la nostra preghiera deve indirizzarsi anche nei confronti di coloro che sono chiamati a essere guide e formatori di questi giovani.

Paolo, come presentato nella seconda lettura, è una figura chiamata a essere evangelizzatrice anche nei confronti di coloro che sono considerati pagani, ovvero i lontani dalla fede. Come sta andando la nostra missione di cristiani invitati a testimoniare con coraggio la nostra fede - in mezzo alle nostre difficoltà - nei confronti di chi è lontano dalla fede? Paolo scrive questa lettera durante il periodo della prigionia spronando i cristiani di Efeso ad essere annunciatori del Vangelo in mezzo ai pagani. Noi riusciamo ad esprimere la gioia del Vangelo e ad essere contagio della verità in chi è in ricerca di questa?

I brani di oggi fanno riferimento a sequele strette al Vangelo, ma dobbiamo comprendere che tutti siamo chiamati in forza del battesimo ad annunciare.

Il Vangelo ci presenta i primi apostoli. Queste figure non sono laureati, studiosi di diritto, ma uomini semplici dediti alla pesca. Uomini anche con i loro limiti che cercano di smussare camminando con il Maestro. Pietro è l'esempio più lampante: lo conosciamo con i suoi slanci e le sue cadute. Dopo l'ascensione egli prende la direzione della comunità cristiana, enuncia le linee programmatiche del grande annuncio cristiano e, per diretto intervento dello Spirito Santo, è il primo a prendere coscienza della necessità di aprire la Chiesa ai pagani. Questa missione spirituale non lo libera dalla condizione umana, né dalle deficienze del suo temperamento.

Giacomo e Giovanni, non vi nascondo che per me sono i più simpatici, hanno sempre un impeto deciso sia nel chiedere per loro posti di prestigio sia per volere la punizione degli infedeli. Questo ci dice l'umanità di tutti coloro che sono chiamati alla sequela di Gesù: non supereroi, ma uomini che con i loro limiti cercano di camminare. Questo vale ieri come oggi. Se guardiamo ai primi apostoli vediamo che hanno portato la loro chiamata all'estremo, fino al martirio, ad eccezione di Giovanni.

A causa dell'incendio di Roma dell'anno 64, di cui furono incolpati i cristiani, avvenne la prima persecuzione voluta da Nerone; fra le migliaia e migliaia di vittime vi fu anche Pietro il quale finì nel carcere Mamertino e nel 67 (alcuni studiosi dicono nel 64), fu crocifisso sul colle Vaticano nel circo Neroniano; la tradizione antichissima fa risalire allo storico cristiano Origene la prima notizia che Pietro fu crocifisso, per sua volontà, con la testa in giù. Andrea fu martirizzato a Patrasso. Giacomo fu il primo apostolo martire sotto la mano di Erode Agrippa, informazione desunta dagli Atti.

A chi tanto è stato dato, tanto è richiesto - dice il Vangelo.

I nostri limiti non ci devono tuttavia sottrarre a responsabilità estreme, perché quando il Signore chiama lo fa per un grande progetto a cui sottrarsi è colpa grave.

 

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