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TESTO Commento su Gv 6,51-58

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Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (Anno A) (22/06/2014)

Vangelo: Gv 6,51-58 Clicca per vedere le Letture (Vangelo: )

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51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Lectio
Questo brano è tratto dal capitolo 6 di Giovanni. Gesù che si trovava con una grande folla sull'altra riva del mare di Galilea, aveva moltiplicato il pane per circa cinquemila uomini (Gv 6,1-13). Poiché la gente voleva farlo re, si era ritirato da solo sulla montagna in preghiera (14-15). Venuta la sera raggiunse camminando sulle acque i suoi discepoli che si trovavano sulla barca in mezzo al lago (16-21). Il mattino dopo la gente che lo cercava sull'altra riva, attraversò anch'essa il lago e raggiunse Gesù a Cafarnao (22-25). Qui Gesù pronunciò uno dei discorsi più importanti riportati da Giovanni, quello sul pane della vita. (26-59). La tradizione cristiana lo ha subito interpretato come una catechesi eucaristica, ma a una lettura più attenta si nota soprattutto che parla del mistero dell'unione tra Gesù e il credente. Gesù comunica la vita a colui che lo «mangia».
51 "Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo".
Questo versetto acquista maggior senso se lo si legge insieme ai due che lo precedono. Gesù infatti aveva appena detto: «Sono io il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto... e sono morti. Questo è il pane che discende dal cielo: chi ne mangia non muore». Pur avendo mangiato la manna i padri sono morti: questo nutrimento (la Legge) si è dimostrato inefficace per comunicare la vita. Ora il pane del cielo che è Gesù abolisce per sempre la morte per colui che ne mangia. Gesù aveva già detto in 5,24: «Chi ascolta la mia parola è passato dalla morte alla vita».
Ma ecco qui qualcosa di nuovo che dà fondamento all'affermazione precedente: Gesù afferma di essere non solo il pane di vita, ma il pane vivente. Immediatamente il lettore è condotto a una nuova rivelazione: «Il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Questa parola di Gesù deve essere esaminata da vicino. Essa è introdotta da un costrutto tipicamente greco kaì dé che può essere reso così: «Quanto al pane...» oppure «Più ancora! Il pane...». Queste affermazioni le aveva fatte già ai vv. 6,35.48.51a. Ma al v. 51c egli si dichiara anche il donatore di questo pane.
La metafora del pane ora è decodificata: in questo nuovo annuncio Gesù la interpreta chiaramente. E' importante anche sottolineare il senso dei termini «carne» e «per».
Col termine «carne» (sarx) Gesù intende se stesso nella sua condizione mortale. La parola «carne» si richiama poi direttamente a quanto detto nel Prologo sul modo in cui il Logos si fa presente tra noi (1,14). L'uso di questo termine ci riporta quindi tiene viva qui al mistero dell'Incarnazione, che il discorso del cap. 6 ha messo in rilievo col tema della discesa dal cielo.
La preposizione «per» (hyper) con il suo senso «a favore di» in Gv indica di solito la finalità del dono che Gesù fa per la sua vita per (a favore) delle sue pecore, per il popolo, per le nazioni, per i suoi discepoli.
Questo linguaggio esprime anzitutto, attraverso il termine sarx, l'effetto vivificante dell'incarnazione e con il futuro «io darò», anche la morte di Gesù come sorgente di vita per il mondo.
Come si può intuire, Gesù non sta ancora parlando dell'Eucarestia, piuttosto il suo discorso è un invito ad aderire a Lui, salvatore del mondo.
52 Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?".
I giudei hanno capito bene: la morte volontaria di Gesù produrrà «la vita del mondo». Essi rifiutano che la salvezza universale (e anzitutto la loro salvezza), possa provenire dal dono di sé di un uomo.
Essi si rifiutano di dipendere radicalmente, per la vita eterna, da questo Gesù che sta parlando con loro, dipendenza intollerabile e anche sacrilega per chi non riconosce altro salvatore che JHWH. E' lo scandalo della croce che qui affiora.
Ma perché questa obiezione è espressa in modo così crudo? E' possibile che il narratore volesse rimproverare l'incomprensione degli ambienti giudaici verso l'eucaristia praticata dai cristiani. La formulazione, tuttavia, si giustifica anche con la tecnica dei dialoghi giovannei: all'insaputa di chi le solleva, le obiezioni annunciano ulteriori chiarificazioni, mettendo così in evidenza il punto nevralgico della parola di Gesù.
53 Gesù disse loro: "In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita.
Gesù risponde a coloro che disputavano sulle sue parole rincarando ancora di più la dose. Egli infatti introduce nel discorso anche la necessità di «bere il suo sangue». Però sfuma un po' l'affermazione. Non dice più «la mia carne», ma «la carne del Figlio dell'uomo». Era proprio la sfiducia in Gesù come uomo qualunque che aveva fatto avanzare obiezioni tra i giudei. Gli uditori sono chiamati così ad andare oltre alla sua presenza corporea e a riconoscerlo come l'Inviato da Dio. Nella sua risposta all'obiezione dei giudei, Gesù coinvolge pienamente i suoi uditori: bisogna che mangino la sua carne e bevano il suo sangue. Cosa significa? Non dobbiamo avere fretta di giungere al significato eucaristico con cui queste pagine sono state lette lungo i secoli. Mangiare e bere il Figlio significa accogliere la rivelazione del sacrificio del Figlio dell'uomo. Significa credere.
Attraverso questa fede il discepolo vivrà della vita stessa del Figlio di Dio.
Cosa indicano le espressioni «la carne e il sangue»? Solitamente indicano la fragilità della condizione umana, nella sua dimensione terrestre (Mt 16,17; Eb 2,14), è la condizione mortale che il Logos ha fatto propria nell'Incarnazione.
Ma la carne e il sangue indicano anche i due elementi del sacrificio ebraico. La carne veniva mangiata e il sangue versato sull'altare (Lv 7,14s; Dt 12,27). C'è un riferimento alla morte di Gesù come superamento dei sacrifici che si facevano nel Tempio.
Ancora il sangue per i giudei è la vita stessa, di cui solo Dio dispone; il sangue della vittima sacrificale è versato sull'altare e ha valore espiatorio (Lv 17,10-14).
54 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno.
Questo versetto ripropone il contenuto del precedente, volto alla forma positiva. Promette ancora la vita e avvalora la propria affermazione con la promessa della risurrezione nell'ultimo giorno.
55 Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Il perno della risposta di Gesù ai giudei è questo versetto. Qui si parla di un vero cibo. Questo termine si trova già nel v. 31 in cui si parla di «pane del cielo» o «pane della vita». L'aggettivo «vero» equivale all'avverbio «veramente». Davvero questa carne e questo sangue si rivelano come gli elementi in grado di compiere perfettamente la funzione di soddisfare la fame e la sete di cui parlava Gesù in Gv 6,35b: «Chi viene a me non avrà mai più fame, chi crede in me non avrà mai più sete». Mangiare e bere hanno il senso di credere, di aderire fermamente al mistero di Cristo.
56 Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui.
Questo versetto introduce il tema del «dimorare». Il mangiare la carne e bere il sangue annulla le distanze tra Dio e la persona umana. Come nei libri sapienziali (Pr 9,5) chi si appropria del nutrimento che è l'insegnamento celeste, entra nell'amicizia divina: la Parola apre nuovi orizzonti alla persona che la ascolta. Così il Figlio nei confronti di chi lo accoglie, di chi crede in Lui.
57 Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Ma come si realizza questo «dimorare»? Sul modello della relazione che vi è tra il Padre e il Figlio.
Vi è una comunione di due persone che non produce fusione, annullamento delle due identità. C'è un equazione: come il Padre fa vivere il Figlio, così il Figlio fa vivere il credente che lo mangia. Il rapporto Padre/Figlio è il modello fondante. Ogni vita, avendo la sua origine nel Padre che è vivente, può esistere unicamente nella comunione con Lui, sia nel Figlio, sia nel credente: è questa «dimora» che esprime la relazione Padre/Figlio e la relazione Figlio/credente.
58 Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno".
Questo versetto incornicia tutto il discorso del pane di vita. Infatti già al v. 49 Gesù aveva ricordato i padri che avevano mangiato la manna nel deserto e che erano morti. C'è un evento passato che deve essere superato. La norma per il presente è il v. 57: la relazione tra il discepolo e Gesù che dà nuova vita. La manna e la Legge date da Dio erano delle prefigurazioni del vero pane che è Gesù, dato da Dio e donatosi fino alla morte per compiere il nostro passaggio dalla morte alla vita.
Meditatio
- Di quale «pane» sto nutrendo la mia vita? Mi sta dando la vita o è un cibo di morte?
- Quale importanza ha per me la morte e la risurrezione di Gesù?
- Ho mai sentito che il Padre e il Figlio "dimorano" in me?

Preghiamo
(Colletta della domenica del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo)
Dio fedele, che nutri il tuo popolo con amore di Padre, ravviva in noi il desiderio di te, fonte inesauribile di ogni bene: fa' che, sostenuti dal sacramento del Corpo e Sangue di Cristo, compiamo il viaggio della nostra vita, fino ad entrare nella gioia dei santi, tuoi convitati alla mensa del regno. Per il nostro Signore Gesù Cristo...

 

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