TESTO Commento su 2Sam 12,1-13;2Cor 4,5b-14;Mc 2,1-12
don Raffaello Ciccone Acli Provinciali Milano, Monza e Brianza
IX domenica dopo Pentecoste (Anno A) (10/08/2014)
Vangelo: 2Sam 12,1-13|2Cor 4,5b-14;Mc 2,1-12
1Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa 2e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
3Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. 4Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. 5Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
6Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: 7«Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». 8E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? 9Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? 10Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, 11dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua». 12Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».
2 Samuele. 12, 1-13
Questa pagina della Scrittura ci sorprende per il coraggio e l'onestà dell'autore biblico, che racconta e non nasconde drammi e peccati terribili del popolo di Dio ed anche di Davide ("un uomo secondo il cuore di Dio": 1 Sam 13,14 è stato detto), mentre, a sua volta, Natan, come profeta, continua nella sua totale disponibilità alla legge ed alla fedeltà di Dio. Il profeta viene accolto con amicizia e accetta di ricondurre Davide alla correttezza ed alla moralità, senza risparmiare nulla della denuncia del male fatto, scandalizzato e coraggioso lui stesso, eppure insieme rispettoso dei disegni del Signore e della misericordia su Davide che continua ad essere il capostipite della dinastia del Messia. In fondo il re ha una sua grandezza portentosa, frutto anche della benevolenza e delle scelte che Dio ha sviluppato con lui. Ma i doni e la grazia che vengono da Dio stesso qualificano ancora di più la negatività del comportamento di Davide.
Davide si sente interpellato per risolvere una enorme ingiustizia nel suo popolo: nel suo ruolo di re, e quindi di giudice, deve dare un giudizio e risolvere il male. Natan deve rimproverare il re. Saggiamente non lo fa in modo diretto, ma raccontando una parabola, come faceva Gesù. Davide non immagina di dover giudicare se stesso e quindi, insieme, di dover assumere il ruolo del giudice e di imputato. Il peccato di Davide è gravissimo: adulterio ed omicidio di un suo valoroso e fedele soldato. In tutto questo Davide ha accompagnato il suo male con il tradimento, l'ipocrisia, il cinismo e la simulazione.
Alla denuncia di Natan segue il giudizio del re e la pena inflitta. A questo punto si risolve l'enigma. In più, Natan ricorda la benevolenza che il Signore ha concesso a Davide per aiutarlo: solo così può prendere coscienza della gravità del suo male. E finalmente Davide si rende conto. Scopre, di colpo, tutta la tragedia che ha provocato. Si comporta come credente, senza giustificarsi o trovare scuse o attenuanti. Riconosce semplicemente la verità (v 13). Questa sola è la via giusta. Il pentimento sincero risparmierà a lui la morte, ma l'onda lunga del male cadrà sulla famiglia del re.
Si apre il grande interrogativo sul male e sul castigo. Ma non è Dio che provoca il male nella famiglia: già nel Primo Testamento si dice che è lo stesso peccato che castiga l'uomo. E nella famiglia di Davide, oltre a drammi innumerevoli, moriranno di morte violenta tre figli. E non va dimenticato che Davide è stato anche incapace di educare i propri figli, i quali si sono alimentati, in particolare, dell'orgoglio e dello spirito violento di Davide stesso.
Per capire meglio il linguaggio del "castigo di Dio" si può ricordare ciò che avviene in famiglia in conseguenza di dissapori o di tradimenti coniugali. E difficile ricostruire la pace e la fiducia reciproca e quindi, in famiglia, iniziano dispetti, il rinfacciarsi il male, continuamente. La situazione pesante, le depressioni o le tensioni, in un linguaggio antico, sono presentati come castighi di Dio. Ma in realtà si tratta di drammi che sorgono dalle nostre responsabilità, dal nostro peccato e dalla nostra incapacità di perdono.
2 Cor 4,5b-14
La predicazione che Paolo compie non viene accettata da tutti, anzi spesso è guardata con sospetto.
Nella comunità di Corinto alcuni inducono a rifiutare Paolo come apostolo, perché dicono che non ne ha diritto. Altri lo equiparano a certi predicatori imbroglioni o perdigiorno che si presentano alle comunità con lettere di presentazione. Egli però si presenta seriamente impegnato e onesto, rispettoso e fedele alla Parola del Signore: "Abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza umana, al cospetto di Dio" (4,2). In più gli rimproverano di poche conversioni perché, come oratore, vale poco (2 Cor10,10). Paolo si difende premettendo, però che quelli che hanno successo, tra loro, sono sleali e falsificatori del messaggio di Gesù poiché nascondono le esigenze morali più significative (vv 1-5).
Paolo si difende e garantisce di non aver mai falsificato il messaggio di Gesù con espedienti meschini. Sa di essere, come apostolo "vostro servitore a causa di Cristo"(v 5b) e questa è una splendida presentazione per chi ha compiti pastorali nella Comunità cristiana, a cominciare dai sacerdoti. Il loro compito è quello di far splendere, a loro volta, la luce di Gesù nel mondo, portata dalla testimonianza della fede di chi ha vissuto con Gesù e ha condiviso con lui il cammino.
Paolo, tuttavia, insieme, riconosce i suoi limiti. Il Vangelo è custodito in vasi di creta, nella sua debolezza e infermità. Ma più che riferimento al corpo (lettura greca) c'è la consapevolezza della fragilità di tutta la persona (lettura ebraica). Eppure il Signore preferisce gli strumenti poveri e deboli per realizzare le sue meraviglie. Il Vangelo è un tesoro prezioso portato in vasi di terracotta, fragile, senza valore e sporca. Sa di essere con difetti e carenze, ma rivendica il tesoro che porta poiché è prezioso per sé e per gli altri, amati dal Signore, che hanno bisogno della forza di Gesù. La consapevolezza del dono che porta fa sopportare a Paolo le difficoltà, a volte, durissime. Ma a lui interessa che in coloro che lo accolgono ci sia la vita piena. Sono santificati dallo Spirito e credono nella risurrezione che pone ciascuno accanto a Gesù nella gloria. Paolo ha garantito, poco prima, che quella stessa loro speranza lo sostiene e non li fa abbandonare: "Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza" (3,12).
Mc 2,1-11
Questo racconto di Marco collega una prima parte, costituita da interventi di liberazione e di guarigione e le polemiche successive sulla presenza e l'opera di Gesù. Perciò bisogna stare attenti al messaggio teologico che trasforma situazioni di vita in avvenimenti paradossali.
Siamo all'inizio del Vangelo di Marco. C'è, in apertura, il "lieto annuncio" della presenza della liberazione da parte del Signore e quindi la preparazione di un tempo nuovo. E Marco si preoccupa subito di dare concretezza e ricorda che Gesù interviene sulle emarginazioni del suo tempo: guarisce l'indemoniato (lotta contro l'alienazione), guarisce una donna, la suocera di Pietro (lotta contro la discriminazione femminile) e guarisce il lebbroso (lotta contro l'esclusione sociale). Tutti e tre sono rimessi al centro dell'attenzione e riaccolti nella convivenza umana della comunità (1,21-45). Il secondo capitolo, al suo inizio (che leggiamo oggi) va alla radice: il mondo ha bisogno di essere liberato dal male, altrimenti è incapace di lottare e di sradicarlo: ci vuole la forza del Signore. Ci troviamo a Cafarnao, in una casa affollata, con gli scribi, attenti cultori della legge ma incapaci di liberare dal male, cultori inermi di giudizi morali. Gesù insegna in questa casa: rappresenta la "Casa d'Israele" entro cui si trova e si discute.
Nessuno può entrare e sembra che nessuno abbia bisogno di liberarsi. Ma fuori c'è tensione e movimento. Quattro persone vogliono entrare ma non senza aver introdotto un paralitico. I quattro portatori rappresentano l'umanità (numero 4) e il paralitico rappresenta l'impotenza a portare soluzione e a migliorare il mondo. Solo Gesù è una speranza, ma come raggiungerlo? Bisogna sfondare le reti, le mura, "aprire le porte" ma nessuno è disposto e nessuno è capace. L'idea geniale di calare il paralitico dal tetto permette di fare spazio e di portare il malato davanti a Gesù. Non sembra essere agevole, ma è più possibile di oggi per le case palestinesi ad un solo piano, poiché hanno una scala esterna che sale sul tetto, costruito con materiale leggero e facilmente asportabile.
Ci riescono. Quando sono davanti a Gesù, dopo un ovvio scompiglio generale di spostamenti e di commenti, a Gesù nessuno chiede niente, neppure il paralitico, basta che ci si trovi, faccia a faccia, con Lui perché Egli accetti di entrare nel merito di questa povertà e va alle radici. E la radice del male è il peccato. Ci è sforzati di combatterlo in vari modi: se è una macchia da lavare o da espiare, ci si è impegnati da secoli con i bagni rituali e con cerimonie dove si utilizza fuoco, sangue e animali in sacrificio; se è una danno al prossimo bisogna almeno riconoscere il danno ed offrire un risarcimento, per quanto possibile; se non c'è speranza da parte nostra, Dio giudice verrà finalmente, e distruggerà i malvagi.
Il paralitico è accolto da Gesù con tenerezza: "Figliolo" poiché è il povero, incapace di operare, reagire, lottare, liberarsi. E' l'immagine della umanità a cui Gesù si rivolge e per cui è venuto. Ogni uomo, anche peccatore, è figlio di Dio e fratello di Gesù. E questo messaggio sta alla base di ciò che sta a cuore a Gesù: liberare dal male, dal peccato, dalla lontananza e dalla disperazione, dalla sfiducia e dalla rassegnazione. Possono finalmente essere offerte liberazioni impossibili. Far camminare un paralitico e rendere amico uno che ha rifiutato Dio. Gesù ci tiene a questa trasformazione, a questa libertà di cuore, a questa speranza e vicinanza impensabili. Il nostro compito non è giudicare, ma aiutare a capire e a liberarsi dal male, insieme, nel dono e nella fiducia dello Spirito.